Zoologia

sf. [sec. XIII; dal latino apis]. Genere (Apis) di Insetti Imenotteri della famiglia Apidi. Questo genere, diffuso in tutto il mondo, comprende quattro specie: Apis dorsata o ape gigante, Apis florea o ape nana, Apis indica o ape indiana e Apis mellifica o ape domestica. Quest'ultima è nota come l'ape da miele per eccellenza; talune sottospecie (in particolare Apis mellifica ligustica) si sono imposte ovunque a motivo delle loro pregevoli caratteristiche.

Etologia: generalità

Gli Imenotteri (che includono api, vespe e formiche) sono insetti sociali caratterizzati da una assoluta esclusività di gruppo: nessun individuo può vivere al di fuori della colonia o entrare a far parte di una colonia diversa da quella di origine. Tutti gli insetti sociali presentano un certo grado di polimorfismo, e i differenti tipi di individui di una colonia sono dette caste. L'Apis mellifica è l'insetto sociale più conosciuto. Si ritiene che questa specie sia originaria dell'Africa, da dove avrebbe di recente invaso le regioni temperate; a differenza delle altre api e delle vespe che abitano in queste regioni, le colonie delle api domestiche sopravvivono durante l'inverno. Nelle api, più che in qualsiasi altro apide, la vita sociale raggiunge il massimo della perfezione. Le colonie di questi insetti, che giungono a comprendere sino ad alcune decine di migliaia di individui, annoverano le seguenti tre caste: i maschi o fuchi, che si distinguono per il corpo massiccio e peloso, gli occhi grandemente sviluppati, l'assenza di aculeo e di adattamenti anatomici connessi con la raccolta dell'alimento; la femmina feconda o regina, unica nella colonia, contraddistinta dallo sviluppo completo dell'apparato riproduttivo e dall'allungamento dell'addome, che viene ricoperto soltanto in parte dalle ali richiuse; le femmine sterili od operaie, con organi riproduttivi rudimentali, ma provviste di adattamenti anatomici idonei alla raccolta dell'alimento, cui sono affidate tutte le funzioni sociali, compresa la difesa della comunità. All'interno del nido, che allo stato selvatico viene per lo più realizzato nell'incavo di un tronco o di una roccia, le api operaie costruiscono con la cera i favi, agglomerati di cellette perfettamente esagonali disposte su due strati contrapposti secondo un piano verticale. Le cellette più grandi, spesso di forma irregolare, sono destinate allo sviluppo larvale delle future regine; più piccole, invece, sono quelle destinate alle operaie; altre ancora, infine, sono destinate all'immagazzinamento di miele e polline. Oltre alla cera le operaie – che costituiscono la stragrande maggioranza dei componenti la colonia – usano, soprattutto per riparare i danni prodottisi nei favi, la propoli, una sostanza resinosa che viene raccolta sui germogli dei pioppi e di altre piante. La regina, poco dopo la schiusa, nel corso del volo nuziale si accoppia con un maschio, rimanendo così fecondata per tutto il resto della sua esistenza. Infatti gli elementi germinali maschili derivanti da questo unico accoppiamento vengono immagazzinati in un organo particolare detto spermoteca. Le uova – sino a parecchie centinaia al giorno, per un totale di un milione e più nel corso dell'intera esistenza, che è pluriennale – vengono deposte dalla regina ognuna in una celletta. Talune di esse, però, non vengono previamente fecondate dagli spermatozoi contenuti nella spermoteca e da queste avranno origine i fuchi; dalle uova fecondate originano tanto le regine che le operaie. Durante i primi 3-4 giorni di vita tutte le larve, indistintamente, vengono alimentate dalle operaie con la pappa reale, secrezione iperproteica derivante dalle ghiandole sopracerebrali. Una tale dieta viene poi mantenuta soltanto per quelle larve, derivate da uova fecondate, destinate a divenire regine; le future operaie e i fuchi sono invece nutriti con polline e miele. Nell'imminenza della metamorfosi le cellette contenenti le larve, così come quelle contenenti polline e miele, vengono sigillate con un opercolo di cera; lo sviluppo larvale dura in genere 16 giorni per le regine, 21 per le operaie e 24 per i fuchi. La prima regina che schiude l'opercolo elimina, uccidendole, le potenziali concorrenti contenute ancora nelle loro cellette. In quanto alla vecchia regina, essa per lo più sciama dall'alveare con un certo numero di operaie, andandosene altrove a costituire una nuova colonia. La giovane regina, divenuta padrona della situazione, intraprende il volo nuziale con tutti i fuchi presenti nella colonia, rimanendo fecondata da uno di essi. Subito dopo dà inizio alla deposizione delle uova. I fuchi, mancanti di una vera autonomia in quanto incapaci di raccogliere l'alimento, vengono scacciati dall'alveare o addirittura uccisi non appena la loro funzione di fecondatori non si rende più necessaria. Le operaie hanno una vita di un mese o poco più, durante la quale compiono attività diverse a seconda dell'età: nei primi 10 giorni tengono pulito l'alveare da sostanze estranee, eliminano le pupe morte e ventilano o riscaldano le celle di incubazione; negli ultimi giorni di questo primo periodo nutrono le larve con la pappa reale secreta da ghiandole faringee maturate nel frattempo o miele; dopo il decimo giorno smettono di nutrire le larve e fra il decimo e il ventesimo giorno compiono i primi brevi voli, si occupano della costruzione di nuove celle per mezzo della cera secreta da ghiandole addominali e della propoli, raccolta da compagne più anziane, e immagazzinano il nettare ricevuto dalle altre api; alla fine di questo periodo possono stazionare di guardia all'imboccatura dell'alveare; fra il ventesimo e il trentesimo/trentacinquesimo giorno, infine, operano come raccoglitrici di nettare (api esploratrici o bottinatrici). Tuttavia solo in quest'ultimo periodo l'attività rispettiva è compiuta in modo esclusivo, mentre nei primi due la sequenza delle attività non è sempre così rigida. L'individuazione da parte delle api operaie delle esigenze dell'alveare, unita alla loro capacità di cambiare attività, mette la colonia in grado di far fronte alle modificazioni delle condizioni ambientali. Si ritiene che tale fatto abbia contribuito all'affermazione di questa specie.

Etologia: la visione dei colori

Esperimenti scientifici hanno dimostrato che il colore dei fiori attrae le api e che esso si sarebbe evoluto parallelamente agli adattamenti delle api quali insetti impollinatori. Le api si mostrano attratte dalla luce intensa di qualsiasi colore. Esperimenti di scelta fra substrati diversamente colorati, di cui uno solo associato a cibo, hanno dimostrato la loro capacità di discriminare 4 colori nell'ambito di una gamma di lunghezza d'onda di estensione paragonabile a quella percepita dall'occhio umano ma spostata verso l'ultravioletto. Le api sono insensibili alle frequenze corrispondenti al rosso, percepiscono come un singolo colore quelle comprese fra l'arancio e il verde e il verde e l'azzurro, e vedono un colore ultravioletto invisibile all'uomo.

Etologia: la comunicazione chimica

Le api di uno stesso alveare non si riconoscono individualmente, ma riconoscono come facenti parte del gruppo le altre api sia in base all'odore comune dell'alveare sia in base al fatto che hanno scambiato cibo. Diversamente un'ape viene considerata estranea, scacciata e perfino uccisa. Per evitare ciò, le api estranee possono acquietare l'aggressività delle padrone di casa offrendo loro cibo con la bocca. La trofallassi viene comunque praticata molto frequentemente fra le api dello stesso alveare, determina la coesione del gruppo e diffonde informazioni fra operaie, fra queste e la regina e viceversa, inibendo così l'aggressività all'interno dell'alveare. La comunicazione attraverso feromoni è sviluppatissima. Un feromone di allarme viene diffuso rapidamente all'interno dell'alveare dalle api guardiane, con la ventilazione accelerata delle ali. Le stesse guardiane emettono verso l'esterno un feromone che aiuta le compagne in arrivo a identificare l'alveare. Per mezzo di un feromone le bottinatrici marcano i fiori su cui raccolgono nettare. Un feromone particolare della regina trasmesso per trofallassi alle altre api inibisce lo sviluppo degli ovari nelle operaie, lo stesso feromone attrae i fuchi e facilita loro la localizzazione della regina. Attraverso questa circolazione di feromoni, la regina ottiene informazioni sullo stato e la composizione dell'alveare.

Etologia: la danza delle api

Oltre ai segnali chimici, le api comunicano tra di loro per mezzo di danze del tutto peculiari, oggi conosciute nei dettagli grazie agli studi di Karl von Frisch, che ha anche il merito di averne compreso il significato. In seguito un gruppo di ricerca britannico del Rothamsted Research ha confermato, attraverso esperimenti, le teorie avanzate dallo zoologo Von Frisch. . Le api compiono diversi tipi di danze, delle quali le più note sono la danza circolare e la danza scodinzolante ambedue usate per stimolare le compagne alla ricerca di cibo. Durante le pause delle danze, le api rigurgitano per le compagne un po' del cibo raccolto. Le informazioni trasmesse durante queste danze sono almeno tre: il cibo è abbondante e molto zuccherino (se è scarso e/o poco dolce la danza non ha luogo); la sua distanza dall'alveare; la direzione da prendere per raggiungerlo. Le api si affollano con le antenne a contatto della danzatrice e percepiscono l'odore del polline che questa trasporta con sé. Se il cibo si trova entro un raggio di alcune decine di metri, l'ape che lo ha trovato esegue la danza circolare, percorrendo sul favo verticale una circonferenza lungo la quale cambia direzione ogni volta che raggiunge il punto di partenza. L'informazione contenuta in questa danza può essere decodificata come “qui intorno c'è molto di questo cibo da raccogliere”. Le api rispondono volando fuori in tutte le direzioni, finché non trovano fiori che corrispondono alle caratteristiche trasmesse dalla danzatrice. Se il cibo si trova a distanze maggiori, fino ad alcuni chilometri, l'ape esegue la danza dell'addome , lungo un percorso che consiste di due semicirconferenze unite per un tratto rettilineo; questo può essere orientato in qualsiasi direzione ed è percorso dall'ape oscillando l'addome lateralmente ed emettendo un ronzio con le ali. Formalmente questa danza non è che la variante della precedente. In questa danza sono contenute informazioni aggiuntive: la direzione da seguire e la distanza da percorrere. Se il cibo si trova a 0 gradi dal Sole (cioè verso il Sole) il tratto rettilineo della danza sarà perfettamente verticale e percorso verso l'alto, se a 180 gradi dal Sole sarà pure verticale ma percorso verso il basso, se a x gradi a destra o a sinistra del Sole, di altrettanti gradi a destra o a sinistra della verticale. La distanza è indicata dalla frequenza delle evoluzioni e delle oscillazioni addominali della danzatrice, che aumentano o diminuiscono in rapporto a essa. Le api seguono le indicazioni della compagna e, se il cibo è molto abbondante, tornate all'alveare eseguono a loro volta la danza, trasmettendo le medesime informazioni ad altre api e così via, fino a che un congruo numero di bottinatrici sarà al lavoro per raccogliere cibo. Il ronzio delle ali emesso durante il tratto rettilineo della danza dell'addome sembra essenziale per il reclutamento delle bottinatrici e in sua assenza, le api, pur interessate alla compagna danzante, non abbandonano l'alveare. Nella danza l'ape non comunica propriamente la distanza ma piuttosto l'energia necessaria per percorrerla; è stato dimostrato infatti che le indicazioni di distanza sono correlate con il suo consumo metabolico di zucchero. Altre forme di danza sono: la danza sussultoria, con la quale l'ape bottinatrice permette alle compagne di nutrirsi del polline che porta nelle cestelle; la danza di pulizia, che comporta lo scuotimento laterale dell'addome e con la quale essa stimola le compagne a pulire i punti del corpo non facilmente raggiungibili; la danza in crescendo, che assomiglia alla danza circolare, ma in cui l'ape inverte la direzione prima di completare il tracciato circolare, che assume quindi una forma a ferro di cavallo; essa si manifesta quindi come forma di passaggio fra la danza circolare e la danza dell'addome; infine la danza tremolante, effettuata con le zampe anteriori sollevate, lentamente e seguendo un percorso incerto; è espressiva, ma non comunicativa, di uno stato di agitazione dovuto alla presenza di elementi estranei presso l'alveare. Prima della sciamatura, le operaie esploratrici compiono voli di perlustrazione per localizzare un posto adatto alla costruzione del nuovo alveare e ne comunicano la localizzazione alle compagne con danze simili a quelle usate nell'indicazione delle fonti di cibo. La capacità di comunicare attraverso la danza è innata e compare spontaneamente intorno ai 7 giorni di vita. Per l'uso di elementi di comunicazione simbolici che permettono di trasmettere informazioni variabili su cose non presenti, la danza delle api è stata paragonata al linguaggio umano. L'ape tuttavia, al contrario dell'uomo, per poter trasmettere l'informazione acquisita ha necessità di sperimentare direttamente l'oggetto della comunicazione.

Etologia: orientamento

La capacità dell'ape di spostarsi per alcuni chilometri lontano dall'alveare e di farvi ritorno è basata su uno straordinario senso dell'orientamento. Le deviazioni di percorso sono probabilmente memorizzate e compensate sulla via del ritorno con deviazioni simmetriche. I lunghi percorsi vengono effettuati tenendo come riferimento iniziale la posizione del Sole rispetto alla quale l'ape è in grado di muoversi mantenendo un angolo che viene continuamente variato per compensare lo spostamento del Sole col trascorrere del tempo. Perché il temporizzatore interno funzioni è tuttavia necessario che l'ape abbia avuto un'esperienza sia pure breve del movimento del Sole. La capacità di orientamento solare non diminuisce con condizioni di cielo coperto, purché non troppo densamente. L'occhio dell'ape, infatti, è sensibile ai raggi ultravioletti che, trapassando le nuvole, le consentono di localizzare esattamente anche un Sole non visibile. D'altro canto, anche in condizioni di cielo sereno, non è necessario che le api vedano direttamente il Sole. L'occhio composto degli Artropodi possiede infatti analizzatori della luce polarizzata, attraverso i quali essi possono localizzare il Sole pur vedendo appena una piccola porzione di cielo. Nelle adiacenze dell'alveare probabilmente l'orientamento topografico (su base visiva) ha la sua importanza nel determinare la scelta del preciso punto in cui atterrare. Tuttavia se le arnie sono tutte simili e affiancate, l'ape può sbagliare la sua. Ma l'errore si annulla se le arnie sono di colore diverso. È fuori di dubbio, comunque, una notevole capacità di apprendimento e di memoria: l'ape ricorda l'odore del cibo portato da una danzatrice fino a che non ne trova essa stessa la fonte e ricorda per parecchi giorni la posizione dell'ultimo luogo visitato ricco di cibo. In questo caso, se le viene impedito di lasciare l'alveare, può continuare a indicarla correttamente e ininterrottamente danzando, sempre correggendo l'orientamento della danza in base allo spostamento del Sole.

Etologia: apprendimento

Alcuni comportamenti delle api, pur sorprendenti nelle loro perfette funzionalità ed efficienza, sono tuttavia governati da meccanismi relativamente semplici, come illustra l'esempio seguente. Le bottinatrici soddisfano anche il fabbisogno d'acqua dell'alveare. Il meccanismo che regola l'approvvigionamento idrico è basato sull'interazione fra motivazione, stimoli, risposte ed effetti di retroazione. Se nell'alveare c'è scarsità di acqua, le bottinatrici partono in esplorazione. L'ape che trova l'acqua ne beve una quantità e al ritorno la cede a una o più compagne. Questo la stimola a tornare a rifornirsi di acqua e a portarla ancora alle compagne, finché ve ne sarà un certo numero che ne berrà. Ma quando le api dell'alveare incominceranno a essere soddisfatte, un numero progressivamente minore di esse preleverà l'acqua dalle bottinatrici e a questa verrà a mancare lo stimolo per continuare l'approvvigionamento. Le api manifestano tuttavia notevoli capacità di apprendimento. Possono essere addestrate a nutrirsi, a riconoscere gli odori e la loro percezione olfattiva sembra simile a quella umana, dato che discriminano e confondono gli odori diversi, o gli stessi odori a diversi gradi di diluizione, con la stessa abilità dell'uomo. Le api dimostrano anche una certa “fedeltà” agli odori e se addestrate a nutrirsi da una certa vaschetta imbevuta di profumo di un certo fiore, cercheranno poi in natura quel fiore. Questo comportamento garantisce che i fiori vengano impollinati con polline della stessa specie e funziona quindi come barriera naturale contro l'ibridazione

Araldica

Emblema dell'industria e del lavoro, l'ape fu considerata dai Greci anche simbolo d'impero e come tale usata al posto del fiordaliso nell'araldica imperiale, dove è rappresentata generalmente con le ali mezze aperte, montante, in smalto d'oro. Ne era adorno il manto imperiale.

Bibliografia

M. Caullery e coll., Biologie des Abeilles, Parigi, 1942; K. von Frisch, Il linguaggio delle api, Torino, 1976; J. B. Free, L'organizzazione sociale delle api, Bologna, 1982; K. von Frisch, Nel mondo delle api, Bologna, 1984.

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