apnèa

sf. [sec. XIX; dal greco ápnoia, mancanza di respiro]. Temporanea cessazione dei movimenti respiratori volontaria o involontaria. Un soggetto normale può, al termine di un atto respiratorio tranquillo, rimanere in apnea volontaria per 45-55 secondi (per esempio nel nuoto e nella pesca subacquea), prima di raggiungere il punto in cui il bisogno di respirare si fa imperioso, in quanto, mentre si trattiene il respiro, la pressione parziale di ossigeno alveolare si abbassa e la pressione parziale di anidride carbonica alveolare aumenta. Si può definire tempo di apnea massima (inspiratoria o espiratoria) il periodo più lungo in cui il soggetto è capace di trattenere il proprio respiro in inspirazione o in espirazione. Un tempo di apnea inferiore a 30 secondi si osserva nei soggetti con funzione respiratoria nettamente compromessa. L'apnea involontaria è quella che si riscontra in alcuni stati patologici gravi, in cui è alterato il controllo nervoso della respirazione. Fasi di apnea possono far parte del respiro dei pazienti con lesioni del sistema nervoso centrale (emorragia cerebrale, apoplessia), o dell'apparato respiratorio (insufficienza respiratoria), o con gravi malattie generali in fase terminale. Altri tipi di apnea sono: apnea della deglutizione, arresto dell'attività del centro nervoso respiratorio durante un atto di deglutizione; apnea dei neonati che si riscontra talvolta nei neonati subito dopo la nascita (l'accesso dura 1-5 minuti e solo eccezionalmente è mortale); apnea traumatica, cessazione transitoria del respiro che si presenta in seguito a un trauma fisico.

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