archeoastronomìa

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Lessico

sf. [sec. XX; archeo-+astronomia]. Settore dell'astronomia che rivolge l'attenzione alle vestigia lasciate dai popoli protostorici per quanto attiene ogni loro possibile o verosimile connessione con rituali, cerimonie e attività che abbiano comunque coinvolto l'osservazione del cielo e degli astri.

Cenni storici

I presupposti scientifici dell'archeoastronomia si fanno risalire al 1890, quando l'astronomo inglese J. N. Lockyer, durante un viaggio in Grecia, fu incuriosito dall'orientamento di alcuni monumenti della classicità ritenendolo dettato da precise cognizioni astronomiche volutamente poste in evidenza dai costruttori. Convinto che analoghe testimonianze fossero deducibili dallo studio delle antichità di altri popoli, si trasferì in Egitto dove condusse indagini sulle proprietà geometriche e topologiche delle grandi piramidi e dei templi di Karnak. Quest'analisi lo persuase dell'importanza che alcuni fondamentali elementi dell'astronomia osservativa – obliquità dell'ellittica, punti solstiziali ed equinoziali di levata del Sole, escursioni stagionali della Luna, polo celeste, posizioni di stelle cospicue e visibilità di costellazioni rituali – dovettero certamente rivestire per la società egizia. Per esempio, Lockyer trovò che l'asse maggiore del tempio di Amon-Râ è disposto nella direzione in cui si scorgeva tramontare il Sole al solstizio estivo di 50 secoli or sono. Una volta ammesso che il criterio seguito dagli antichi costruttori nell'orientare alcuni edifici particolari, o nell'allineare determinati elementi architettonici, non costituisse un elemento casuale, bensì fosse suggerito dalla necessità rituale di tener conto della posizione assunta dagli astri, ecco che l'estensione delle interpretazioni derivate dalle indagini di Lockyer, insieme alle conoscenze acquisite sulle variazioni del firmamento manifestatesi nei secoli e strettamente connesse al fenomeno della precessione, consentiva l'elaborazione di un attendibile metodo di datazione dei reperti. Le scoperte e le deduzioni di Lockyer furono pubblicate nel libro The Dawn of Astronomy, un'opera che può essere considerata la prima nel campo dell'archeoastronomia. In seguito, fu ancora lui, coadiuvato da F. C. Penrose, a interessarsi dei celebri allineamenti di Stonehenge suggerendone la possibile relazione con le digressioni stagionali del Sole e della Luna. Di conseguenza, i due poterono datare il complesso al 1800 a. C. con un margine di errore che ben si è poi accordato con i metodi del radiocarbonio. In seguito G. Hawkins assimilò gli allineamenti di Stonehenge a una specie di primitivo calcolatore analogico di eclissi. Egli si interessò anche delle enigmatiche raffigurazioni impresse sul terreno a Nazca, in Perú,

Principali siti archeoastronomici

Sono i misteriosi allineamenti di pietre che sorgono nelle più diverse regioni d'Europa a costituire il maggior campo di prova dell'archeoastronomia. Vanno annoverati tra questi il monumento megalitico di Callanish, nelle Ebridi; il cerchio di pietre di Drumber, di Temple Wood, dai quali A. Thom dedusse la misura della “yarda megalitica” in 83 cm. A Carnac, in Bretagna, si ergono file di grandi pietre allineate fra le quali il grand menhir sembra costituire il centro di un gigantesco quadrante astronomico. Documenti di valore analogo non mancano in Italia dove s'incontrano i castellieri, recinti più o meno disordinati di pietre poste a difesa di insediamenti protostorici nei quali risaltano corridoi, valli e piazzole orientate ritenute da molti archeologi postazioni astronomiche di osservazione. Negli anni Settanta del sec. XX, studi a orientamento archeoastronomico sono stati condotti anche su altre civiltà scomparse come quella nuragica e quelle mesoamericane dei Maya, degli Aztechi, dei Toltechi le cui straordinarie cognizioni astronomiche, cosmogoniche e numerologiche consentirono loro di erigere edifici pubblici e di culto di rilevante interesse archeoastronomico. Il Castillo e il Caracol a Chichén Itzá in Messico, i templi-osservatorio della città di Uaxactún in Guatemala, le piramidi del Sole e della Luna a Teotihuacán e la celeberrima Pietra del Calendario, gigantesco monolite scolpito a sintetizzare l'intera cosmologia azteca, costituiscono gli esempi più espressivi di un'arte concepita in stretta aderenza alla teogonia celeste. Non possono essere taciute, inoltre, le caratteristiche recinzioni di pietra – fino a 30 m di diametro – dette Ruote della Medicina che s'incontrano sulle alture dell'America Settentrionale ove vennero disposte dalle antiche tribù indiane con finalità, forse, oracolari e nelle quali John A. Eddy è riuscito a individuare alcune chiare testimonianze di carattere astronomico "Per approfondire vedi Gedea Astronomia vol. 3 pp 46-51; vol. 4 pp 301-305" "Per approfondire vedi Gedea Astronomia vol. 3 pp 46-51; vol. 4 pp 301-305" .

Autori Vari, Archeoastronomy: a New Branch, in “Science Today”, Boston, 1983.

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