aritmètica

Indice

Lessico

Sf. [dal greco arithmētike (téchnē), (arte) dei numeri].

1) Ramo della matematica che studia il concetto di numero intero e le operazioni a esso relative.

2) In informatica, aritmetica in virgola fissa e aritmetica in virgola mobile sono due metodi differenti di effettuare operazioni aritmetiche su operandi che trovano largo uso nei calcolatori. Il primo permette di effettuare operazioni prescindendo dalla reale posizione della virgola degli operandi; il programmatore assegna la virgola al risultato. Il secondo, impiegato nei calcolatori mediograndi, tiene automaticamente conto della virgola nell'effettuare le varie operazioni. Ciascun operando viene considerato come il prodotto del suo valore normalizzato, cioè preso con un numero prestabilito di cifre, per un'opportuna potenza della base di numerazione.

Storia

Il problema di contare e di attribuire un nome a ogni numero si presentò molto presto all'uomo, in relazione alle necessità stesse della vita quotidiana. L'aritmetica pratica fu quindi una delle prime scienze che si sviluppò dapprima con la numerazione strumentale, fatta con le dita, con nodi sopra una fune, con segni su pietre, poi con la numerazione scritta, ottenuta per mezzo di simboli diversi da popolo a popolo. I documenti più antichi che ci sono pervenuti, relativi a una fase già avanzata dello sviluppo dell'aritmetica, risalgono a 3000-4000 anni a. C. e appartengono ai Sumeri. Questi inizialmente usarono nella numerazione sia il metodo decimale sia quello sessagesimale e adottarono poi esclusivamente il secondo (permane ancora la misura sessagesimale degli angoli, degli archi, del tempo). Per le moltiplicazioni compilarono tabelle dei prodotti da 1 a 59, per le divisioni usavano tabelle dei reciproci facendo il prodotto del dividendo per il reciproco del divisore. L'aritmetica degli Egizi, di cui si ha conoscenza attraverso il papiro Rhind, copia di un documento scritto non prima del sec. XIX a. C., si fondava sul metodo di numerazione decimale, adottato in prevalenza da tutti i popoli del Mediterraneo. Le operazioni di moltiplicazione e di divisione venivano eseguite mediante successive duplicazioni di uno dei fattori o del divisore (procedimento usato ancora da alcuni popoli dell'Africa settentrionale) e le operazioni tra frazioni si effettuavano scomponendo le frazioni in somme di unità frazionarie (per esempio, ). Questo procedimento lungo e complicato comportava la conoscenza di tutte le proprietà delle operazioni aritmetiche. I Greci introdussero per primi la numerazione alfabetica (il termine aritmetica fu usato per la prima volta dai pitagorici per indicare gli studi teorici sui numeri), seguiti poi dagli Ebrei e dai Romani. Con essi ha inizio l'aritmetica teorica corrispondente a quella che ora è detta aritmetica razionale, la cui esposizione organica si trova nei libri VII, VIII e IX degli Elementi di Euclide (300 a. C.). Tuttavia, si è soliti far risalire i primi studi teorici di aritmetica a Pitagora e alla sua scuola, che nel numero intero ponevano l'essenza di tutte le cose. Tale principio fu contraddetto dai pitagorici stessi con la scoperta dei numeri irrazionali, non riducibili cioè al rapporto di due interi. I Greci trattarono numeri siffatti sempre a parte, con considerazioni geometriche. Anche Euclide procedette per tale via; nei suoi libri dedicati all'aritmetica si trovano l'esposizione dell'algoritmo delle divisioni successive, ancor oggi detto euclideo, per la determinazione del massimo comun divisore di due numeri e, nel V libro, la sistemazione della teoria delle proporzioni applicate alle grandezze (valida anche per rapporti irrazionali), già studiata da Eudosso di Cnido (408-355 a. C.). Archimede (287-212 a. C.) per primo, nell'Arenario, studiò il calcolo di numeri molto grandi con considerazioni puramente aritmetiche; nello stesso periodo Eratostene (275-194 a. C.) stabilisce un metodo, noto come crivello, per individuare i numeri primi. Successivamente Nicomaco (sec. I d. C.) si occupò delle proporzioni, ma solo nel loro aspetto numerico, e Diofanto di Alessandria (sec. III), nei suoi Libri di aritmetica, coordinò e riassunse le conoscenze dell'epoca precedente arrivando a trattare argomenti appartenenti più all'aritmetica superiore, o teoria dei numeri, che all'aritmetica ordinaria. Non ci è pervenuta nessuna opera classica relativa all'arte del calcolo dei Greci, ma dai matematici bizantini del Medioevo si sa che usavano tabelle di prodotti forse simili a quelle dei Babilonesi, mentre per eseguire calcoli con frazioni usavano scomporle in unità frazionarie, come gli Egizi. Strumento di calcolo utilizzato dai Greci era l'abaco, costituito essenzialmente da una tavoletta di legno con scanalature parallele nelle quali erano posti dei sassolini (in latino calculi, da cui la parola calcolo) che, mossi in maniera opportuna, permettevano di eseguire le più importanti operazioni aritmetiche. I Romani trasformarono l'abaco a sassolini, usato dai Greci e dagli Etruschi, nell'abaco a polvere, sul quale i numeri da 1 a 9 si scrivevano con simboli speciali detti notae, e nell'abaco a palline mobili, da cui discende in maniera diretta il pallottoliere. L'abaco continuò a essere usato durante tutto il Medioevo e, in Germania, se ne servirono fino al Cinquecento e oltre. La numerazione di cui si faceva uso con l'abaco era una numerazione posizionale strumentale e questo fu il primo grande passo verso l'aritmetica posizionale, che poté compiersi grazie all'introduzione del simbolo zero, operata dagli Indiani, intorno al 600; questi furono così in grado di scrivere quello che i Romani erano riusciti a fare solo in modo meccanico. La numerazione posizionale passò poi dagli Indiani agli Arabi e verso l'820 al-Khuwārizmī scrisse un breve trattato di aritmetica che, attraverso due traduzioni latine del sec. XII, permise l'introduzione in Occidente dei nuovi metodi di calcolo. Le cifre usate erano quelle degli Arabi di Spagna, dette huruf-al-ghobar, cioè cifre di polvere, perché essi adattarono le notae dell'abaco a polvere dei Romani alla numerazione posizionale. Tali cifre, assai simili a quelle che tutti i popoli attualmente usano, fatta eccezione per i musulmani che si servono ancora delle vecchie notazioni orientali, dovrebbero quindi chiamarsi “latino-arabe”. Ma l'opera che contribuì maggiormente alla diffusione in Europa di questo nuovo metodo di calcolo fu il Liber abbaci di Leonardo Fibonacci, detto anche Leonardo Pisano, la cui prima edizione risale al 1202, mentre quella definitiva è del 1228. Per mezzo di quest'opera, largamente studiata nelle università italiane, la nuova numerazione entrò rapidamente nell'uso comune, mentre fu molto più lenta la diffusione nelle altre nazioni. Agli aritmetici medievali italiani spetta il merito di aver introdotto la tavola pitagorica e i metodi per moltiplicare e dividere, detti rispettivamente “moltiplicare per schachiero” e “dividere a danda”, o anche moltiplicare e dividere all'italiana, e che corrispondono ai metodi oggi in uso. Sempre nel Liber abbaci si trovano la descrizione del procedimento per operare con numeri frazionari, le prove delle operazioni per 9 (di origine araba), per 7, per 11 e per 13, in seguito estese a qualsiasi numero primo. Relativamente ai numeri decimali, già nel Medioevo se ne trovano tracce per la determinazione della radice quadrata di un numero a meno di ; nel 1585 il belga S. Stevin scrisse un breve trattato sulle operazioni con numeri decimali, ma, benché altri autori inglesi e tedeschi si fossero subito occupati dell'argomento, la diffusione di questi numeri fu lenta ed entrarono nell'uso comune solo agli inizi del sec. XIX con l'introduzione del sistema metrico decimale. Ulteriore impulso alla semplificazione del calcolo si ebbe nel sec. XVII a opera di J. Napier, che introdusse i logaritmi; sempre nello stesso secolo ha inizio la moderna teoria dei numeri grazie agli studi di P. de Fermat sulle proprietà dei numeri interi. Nel sec. XVIII e nei primi anni del sec. XIX, grazie ai lavori di L. Eulero, G. Lagrange, A. M. Legendre e K. F. Gauss, si incominciò a prendere coscienza dei caratteri generali dei processi aritmetici e si progredì verso l'astrazione delle strutture algebriche insite negli esempi numerici concreti. Nella seconda metà del sec. XIX, le ricerche sulle proprietà dei numeri interessarono anche l'aritmetica; da una parte si studiò la natura delle nozioni fondamentali a essi relative, dall'altra si cercò di dare una trattazione assiomatica dell'aritmetica. A quest'opera contribuirono H. G. Grassmann, G. F. Frege, J. W. R. Dedekind e G. Peano. Quest'ultimo, valendosi dei lavori di Grassmann e di Dedekind, diede nel 1889 una nuova presentazione dell'aritmetica fondata su un sistema di postulati; l'aritmetica veniva così presentata come una teoria assiomatizzata. A sua volta D. Hilbert sviluppava l'aritmetica come calcolo dei predicati del primo ordine (con eguaglianza), in cui venivano inseriti i postulati di Peano e le definizioni ricorsive di addizione e moltiplicazione. B. Russell e A. N. Whitehead trattavano l'aritmetica come un momento della logica. La necessità di dimostrare la non contraddittorietà dell'aritmetica era stata evidenziata da Hilbert sin dal 1900. Ora, poiché le esposizioni assiomatiche, sino ad allora date, impiegavano concetti insiemistici, egli mostrava l'impossibilità di accogliere i metodi proposti da Frege e da Dedekind per dimostrare questa proprietà. Poiché essi ricorrevano a modelli, non si faceva altro che spostare la questione dall'aritmetica alla teoria degli insiemi. Hilbert proponeva invece di proseguire la ricerca con metodi puramente sintattici. Nel 1923 T. A. Skolem si accostava in modo nuovo all'aritmetica utilizzando metodi ricorsivi e dando così l'avvio alla moderna aritmetica ricorsiva. Ulteriori ricerche in questa direzione venivano sviluppate da P. Lorenzen e K. Schütte. Il programma di Hilbert trovava un'inaspettata soluzione a opera di K. Gödel che, nel 1931, dimostrava la non decidibilità di tale proprietà per l'aritmetica. Tuttavia vi furono ancora tentativi per dimostrare la non contraddittorietà dell'aritmetica, i più interessanti dei quali furono quelli di G. Gentzen (1936) e di I. Novak-Gal (1950). Particolari sviluppi dell'aritmetica (come, per esempio, la teoria delle funzioni aritmetiche) diedero origine alla aritmetica superiore, più nota come teoria dei numeri. Così come lo studio della distribuzione di certe classi di numeri sull'insieme dei numeri naturali ha dato origine a un altro ramo dell'aritmetica noto come aritmeticaasintotica. Da ultimo va ricordata, per il suo interesse pedagogico, l'aritmetica razionale, che consiste nello sviluppare analisi su concetti o procedimenti dell'aritmetica, per indurre, mediante ragionamento, a individuare o determinare altre proprietà.

Aritmetica commerciale

Parte dell'aritmetica che approfondisce gli argomenti propri all'attività commerciale come lo sconto, le regole di ripartizione, l'ammortamento, le annualità.

R. Courant, H. Robbins, What is Mathematics?, New York, 1941 (trad. it., Torino, 1971); H. Hasse, Vorlesungen über Zahlentheorie, Berlino, 1950; A. Doneddu, Arithmétique générale, Parigi, 1962 (trad. it., Milano, 1967); A. Weil, Basic Number Theory, Berlino, 1967; U. D'Aquino, E. Darsi, Aritmetica, Napoli, 1982.

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