Lessico

(anticamente autòmato), sm. (pl. -i; ant. autòmati) [sec. XVIII; dal greco autómaton, meccanismo semovente, tramite il francese automate]. Macchina che, con mezzi meccanici, compie attività complesse in cui sono riconoscibili elementi del comportamento umano. Sovente si aggiunge all'automa una componente spettacolare dandogli aspetto antropoide. Fig., chi si comporta macchinalmente, senza aver coscienza dei propri atti: agire come un automa; ridursi come un automa, perdere la propria personalità.

Cenni storici

L'aspetto fantastico e misterioso, sconfinante nella sfera della magia, dell'oggetto dotato di movimento proprio, spiega l'interesse per gli automi già nell'antichità, sia nel mondo occidentale (trattato Sulla fabbricazione degli automi di Erone da Alessandria, sec. I d. C. ca.), sia in quello orientale (notizie di automi in Cina, dal sec. III a. C.), e particolarmente in ambito bizantino e islamico durante il Medioevo (il Trattato sugli automi di al-Ghazzali, 1206, tradotto in persiano e turco, ebbe una grande diffusione anche in Occidente, tanto da servire di modello ad artigiani tedeschi del sec. XVI). Tuttavia il primo momento significativo della costruzione di automi è connesso con gli sviluppi dell'orologeria e infatti i primi automi documentati sono figure collegate ai meccanismi di grandi orologi a torre (fantoccio della Torre del Maurizio di Orvieto, 1351; i famosi “mori” della Torre dell'Orologio a Venezia, 1477) o a parete (orologi con intere processioni di figure della cattedrale di Strasburgo, 1358). Il rapporto con l'orologeria e con l'oreficeria spiega come nel Rinascimento i maggiori centri di produzione fossero in Germania (Norimberga e Augusta): l'estrema complessità del congegno meccanico e la ricchezza decorativa dell'oggetto giustificano la rarità degli automi di questo periodo e la loro destinazione ai grandi regnanti e alle corti (famosa la Nave di Carlo V, ora al Museo di Cluny a Parigi, di fabbricazione germanica, come anche il trofeo da tavola con Diana cacciatrice sul cervo, al Landesmuseum di Darmstadt). Ma il periodo di maggior diffusione ed entusiasmo per gli automi fu il sec. XVIII , quando i progressi della scienza meccanica resero possibili risultati spettacolari per la complessità e la varietà dei movimenti eseguiti dalle figure, singole o in gruppo, che venivano anche esibite in tournée. Celebri furono in quel periodo gli automi del francese Jacques de Vaucanson, che però non ci sono pervenuti, mentre restano quelli, veramente straordinari, degli svizzeri Pierre e Henri Louis Jacquet-Droz (l'enfant-écrivain, l'enfant-dessinateur e la pianiste, che eseguono con incredibile naturalezza di movimenti le loro complesse operazioni; Neuchâtel, Musée d'Art et d'Histoire). Ancora nel sec. XIX automi di altissima qualità furono oggetto della curiosità popolare, mentre d'altra parte congegni meccanici assai più poveri e semplici continuavano a essere diffusi in una modesta produzione sotto forma di orologi e oggetti di raffinatissima oreficeria venivano ancora prodotti per una particolare clientela aristocratica (minuscoli automi di alta oreficeria creati da Carl Fabergé per la corte di Russia).

Tecnica: i progressi dell'elettronica

I progressi della tecnica, in particolare dell'elettronica, hanno portato alla costruzione di macchine complesse che, in taluni casi, possono svolgere alcune funzioni proprie dei livelli superiori dell'attività umana. Per queste macchine, in grado di essere programmate per svolgere le più svariate mansioni e, talvolta, per modificare le proprie azioni in relazione ai mutamenti ambientali, si usa ancora parlare di automi, per quanto sia invalso nell'uso il termine robot. Il termine automa si conserva invece, sempre in cibernetica, per indicare un modello astratto di sistema, descrivibile come dotato di un insieme discreto di stati, capace di ricevere ingressi e reagire a questi in dipendenza dello stato corrente e dell'ingresso stesso, assumendone uno nuovo. La teoria degli automi studia in linea di principio, e indipendentemente dalla loro realizzabilità attuale, i possibili comportamenti di un automa. In particolare, si studiano gli automi a stati finiti, in cui l'insieme dei possibili stati che il sistema può assumere ha cardinalità finita, mentre l'insieme dei possibili ingressi viene modellato mediante un insieme anche finito di simboli, detto alfabeto. Gli ingressi si presentano all'automa in sequenza, e ogni nuovo simbolo viene elaborato solo dopo che l'automa ha effettuato la transizione relativa all'ingresso precedente. Si distinguono automi trasduttori e automi riconoscitori. I primi producono un simbolo in uscita ogni volta che elaborano un ingresso. Negli automi di Moore il simbolo prodotto dipende solo dallo stato raggiunto dopo avere effettuato la transizione, mentre in quelli di Mealy, esso dipende dallo stato di partenza e dal simbolo di ingresso, e viene quindi prodotto prima che l'automa si sia stabilizzato nel nuovo stato. In linea di principio, un automa trasduttore può agire su sequenze illimitate di simboli. Uno riconoscitore, al contrario, agisce su sequenze finite di simboli dell'alfabeto (dette stringhe) e produce una sola uscita al completamento dell'analisi della stringa di ingresso. La teoria ha identificato precisamente l'insieme di linguaggi che possono venire riconosciuti dagli automi a stati finiti. Questo insieme coincide con quello dei cosiddetti linguaggi regolari, che possono essere costruiti usando solo le operazioni di unione, concatenazione e iterazioni finite di concatenazioni. L'importanza di questa classe di linguaggi è data quindi dalla possibilità di un suo riconoscimento in tempi che dipendono linearmente dalla lunghezza della stringa in ingresso. Gli automi a stati finiti sono rappresentati secondo due principali formati testuale e grafico e possono essere descritti mediante tabelle o liste. Un'importante generalizzazione del concetto di automa a stati finiti è rappresentata dagli Statecharts proposti da Harel e successivamente incorporati in UML. In essi è possibile introdurre una struttura gerarchica negli stati, così che alcuni macrostati formano un'astrazione per un intero automa, permettendo di indicare che alcuni processi si attivano solo in determinate circostanze. Sistemi complessi possono essere descritti da reti di automi, cioè insiemi di automi in cui le uscite prodotte possono diventare gli ingressi per un certo numero di altri automi. Negli automi cellulari viene imposta una struttura rigida alla rete, in modo da riflettere vincoli geometrici sulla possibilità di comunicare fra automi, e che per tutti gli automi i vincoli agiscano allo stesso modo.

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