Lessico

sm. [sec. XX; da automobile]. Tutto ciò che riguarda la costruzione, l'impiego e la storia dell'automobile; in particolare, lo sport che impiega tale mezzo (per la storia e l'evoluzione tecnica del mezzo, v. automobile).

Automobilismo sportivo: introduzione

L'automobilismo sportivo è nato in pratica insieme alla stessa automobile e ancor oggi costituisce, nonostante il prevalere degli aspetti prettamente agonistico-spettacolari, un significativo banco di prova di soluzioni d'avanguardia. Le gare automobilistiche si disputano su piste (strade predisposte e utilizzate in via temporanea o permanente), in circuiti (percorsi temporanei semipermanenti o permanenti chiusi ad anello) o in autodromi (circuiti permanenti, dotati di installazioni complete e di piste, appositamente costruiti per le competizioni). Il compito di disciplinare l'attività sportiva mondiale è delegato dalla Federazione Internazionale dell'Automobile (FIA) alla Federazione Internazionale dello Sport Automobilistico (FISA). Questa, oltre a organizzare e autorizzare il Calendario Internazionale delle gare, revisiona periodicamente il Codice Sportivo Internazionale, ossia l'insieme di articoli e norme che regolamentano tutto ciò che riguarda l'automobilismo sportivo sia in campo internazionale sia in quello nazionale. In Italia l'esercizio del potere sportivo è conferito dall'ACI alla Commissione Sportiva Automobilistica Italiana (CSAI) che redige ed emana un apposito Regolamento Nazionale Sportivo, la cui osservanza è obbligatoria per tutte le competizioni, comprese quelle internazionali organizzate sul territorio nazionale.

Automobilismo sportivo: classificazione delle vetture

Nell'Allegato J al Codice Sportivo Internazionale sono riportate le categorie (due), i rispettivi gruppi e le classi di cilindrata (quindici, da 500 cm3 fino a oltre 6000 cm3) alle quali debbono appartenere le vetture utilizzabili in competizioni sportive. La categoria I, destinata alle vetture di produzione di serie, comprende il gruppo N (vetture da turismo di grande produzione fabbricate in 12 mesi consecutivi in almeno 5000 esemplari interamente identici, e omologate dalla FISA in gruppo A), il gruppo A (vetture da turismo di grande produzione fabbricate in 12 mesi consecutivi in almeno 5000 esemplari identici; tali vetture sono soggette a una determinata scala di pesi minimi in funzione della cilindrata) e il gruppo B (vetture sport biposto prodotte in 12 mesi consecutivi in almeno 200 esemplari identici). La categoria II è riservata alle vetture costruite in singoli esemplari e destinate unicamente alla competizione. Tale categoria comprende le vetture sport prototipi (gruppo C1), le vetture da corsa di formula internazionale (gruppo D) e le vetture da corsa di formula libera (gruppo E). Il gruppo C1 sport prototipi è riferito alle vetture costruite specialmente per corse su circuito chiuso; la quantità massima di carburante che le vetture possono portare a bordo è di 100 litri, mentre la quantità totale assegnabile è di 190 litri per prove di 360 km e di 2550 litri per prove di 24 ore. Al gruppo D appartengono le vetture di formula 2 e formula 3, concepite per competizioni di velocità in circuito o percorso chiuso e dotate di motore con cilindrata non superiore a 2000 cm3. Il gruppo E è riservato ad altre vetture differenti da quelle definite in uno dei precedenti gruppi dell'Allegato J. Alla formula internazionale 3000 possono partecipare vetture con peso non inferiore a 540 kg ideate per competizioni di velocità in circuito e dotate di motori atmosferici di non più di 12 cilindri, con cilindrata inferiore o uguale a 3000 cm3. Alla formula 1, il cui regolamento non è incluso nell'Allegato J, sono ammesse vetture con peso minimo di 500 kg provviste di motori atmosferici di non più di 10 cilindri, con cilindrata massima di 3000 cm3.

Automobilismo sportivo: campionati internazionali

"Per i campionati mondiali conduttori formula 1, marche e rally vedi tabelle al lemma del 3° volume e degli Aggiornamenti 1990 e 1995." Formula 1. Il campionato mondiale più prestigioso "Per i campionati mondiali conduttori Formula 1 e marche, aggiornati al 1992, vedi le tabelle a pag. 207 del 3° volume." , quello riservato ai conduttori di Formula 1, istituito nel 1950. A partire dal 1958 si è dato corso anche al campionato mondiale per i costruttori. § Sport prototipi. La denominazione di questo campionato istituito nel 1953 ha subito nel corso degli anni varie modificazioni. Conosciuto come campionato del mondo per vetture sport fino al 1961 e come campionato internazionale conduttori dal 1962 al 1967, dal 1968 al 1972 ha assunto il nome di campionato internazionale marche. Dal 1973 sino al 1981, suddiviso in vari gruppi, è stato chiamato campionato del mondo marche. Nel 1982, con l'introduzione del gruppo C, è stato rinominato campionato mondiale endurance marche, finché nel 1986 ha assunto l'attuale denominazione di campionato mondiale team sport prototipi. A partire dal 1981 è stato istituito anche il campionato mondiale per i piloti. Al termine della stagione 1992, data la povertà di partecipanti e l'esiguo numero di gare, il campionato mondiale Sport ha chiuso il suo ciclo. Negli anni successivi, tuttavia, la serie Endurance Gt Bpr si è andata affermando schierando nella gare della serie (di cui la più famosa è la 24 Ore di Le Mans) numerose vetture prestigiose: Porsche 911, Ferrari F40, McLaren F1. § Formula internazionale 3000. Nata nel 1985 come Campionato europeo di Formula 3000 in sostituzione della Formula 2, ha assunto la corrente denominazione nel 1986. Nella stagione 1996 è stata trasformata dalla FIA in campionato monomarca con telaio Lola e motore Zytek. I deludenti risultati ottenuti, soprattutto in termini di contenimento dei costi, non sono molto incoraggianti per il futuro di questo campionato, buon serbatoio di piloti di Formula 1 negli anni passati. § Rally (competizioni di regolarità nelle quali il rispetto dei tempi prestabiliti per percorrere determinati tratti costituisce il fattore determinante per la classifica). Nel 1979 è stato istituito il Campionato mondiale piloti (in precedenza coppa FIA piloti), assegnato annualmente insieme a quello marche. Dal 1953, destinato esclusivamente ai piloti, viene disputato anche il Campionato europeo. Altri campionati europei in vigore sono quelli della montagna, di autocross (competizioni da svolgersi su piste permanenti o circuiti provvisori aventi qualsiasi tipo di superficie non compatta come terra, sabbia, erba, ghiaia, ecc.) e di rallycross (competizioni che si svolgono su tracciati chiusi in parte asfaltati e in parte uguali a quelli per l'autocross). § Interserie. L'Interserie Coupe è un challenge europeo che vede al via, raggruppate in due divisioni, vetture di svariate categorie. La divisione 1 comprende vetture del Gruppo C, F. 1, F. 3000 e F. Indy (tutte carenate), Imsa, Gtp '92. Nella divisione 2 sono inserite le CanAm derivate da F. 3000, vetture del Gruppo Sport Cn e le World Sport Car "Per approfondire vedi Libro dell'Anno '99 p 393-394" "Per approfondire vedi Libro dell'Anno '99 p 393-394" .

Automobilismo sportivo: campionati nazionali

Velocità in circuito, velocità in salita, rally, cross e competizioni speciali, fuoristrada e auto storiche costituiscono i settori in cui sono strutturati i Campionati italiani, i trofei nazionali e le coppe indette dalla CSAI. Nell'ambito della velocità in circuito i titoli di campione italiano riguardano l'assoluto di velocità (aggiudicato al pilota che al termine della stagione consegue il punteggio più alto tra gare FISA e CSAI), la Formula 3000, la Formula 3, i prototipi, la velocità turismo e la formula Alfa Boxer. Nei rally, oltre al Campionato italiano assoluto piloti, vi sono quelli per i costruttori e per le vetture turismo e di produzione. Nel settore cross e competizioni speciali, vengono assegnati i titoli di campione italiano di autocross e di campione italiano di slalom (prova di abilità che si svolge su un percorso comportante tratti di raccordo e tratti dove file trasversali di coni, o birilli, obbligano a deviazioni di traiettoria). Molteplici sono i trofei e le coppe previste per queste competizioni. Le gare valide per il Campionato italiano fuoristrada sono competizioni nelle quali il superamento di difficoltà naturali presenti su terreni particolari, valutato con parametri vari (tempo impiegato, grado delle difficoltà superate), costituisce fattore preponderante per la determinazione della classifica. Oltre a svariate coppe viene attribuito il trofeo nazionale fuoristrada per marche endurance 4 x 4. Nel settore auto storiche (classificate in 9 periodi, dal 1904 al 1974) oltre al Campionato italiano sono previsti diversi trofei CSAI e un challenge turismo. Un cenno merita la situazione dell'automobilismo sportivo negli Stati Uniti, dove spettacolarità delle gare e semplicità di regolamenti sono sempre stati anteposti alla funzione tecnica dell'automobilismo sportivo. Il campionato più seguito è quello riservato alle stock cars, ossia a vetture da competizione derivate dalla produzione di serie. Viene poi la formula Indy, in pratica la formula 1 americana, imperniata sulla leggendaria 500 miglia di Indianapolis. Infine due famose classifiche, la 24 ore di Daytona e la 12 ore di Sebring (entrambe per vetture sport prototipi), e le popolarissime gare di accelerazione sul quarto di miglio, riservate ai dragsters.

Automobilismo sportivo: record

Le prove ufficialmente riconosciute dalla FIA sono quattro: precisamente, il record di velocità con partenza lanciata (sul chilometro o sul miglio), il record di velocità con partenza da fermo, il record di accelerazione con partenza da fermo, e il record di durata con partenza da fermo. Il più prestigioso di tutti i record è quello di velocità assoluta sul chilometro lanciato. Il regolamento vigente prevede che, per essere omologato, il record deve essere effettuato su un tratto che non presenti un dislivello superiore all'1%, nei due sensi e nel termine di un'ora. Il tempo viene determinato sulla base della media dei due passaggi. Per quanto riguarda il veicolo impiegato, dal 1965 è previsto che questo, munito di almeno quattro ruote, due delle quali sterzanti, possa essere dotato di propulsione a razzo o a reazione. Il primo a tentare e a riuscire nell'impresa di stabilire un record fu il francese Gaston Chasseloup-Laubat, che nel dicembre 1898 raggiunse con una vettura elettrica Jentaud la velocità di 63,157 km/h. Pochi mesi dopo, il belga Camille Jenatzy a bordo di una vettura elettrica di sua concezione, la Jamais Contente, infranse abbondantemente la barriera dei 100 km/h. La Mors dello statunitense William Vanderbilt, che nel 1902 superò i 122 km/h, dette il via alla definitiva supremazia dei motori a scoppio. Il primo a superare i 200 km/h fu, nel 1909, il francese Victor Héméry con una Benz, mentre per il superamento dei 300 km/h, si dovette attendere sino al 1927, quando l'inglese Henry Segrave raggiunse con una Sunbeam la media di 327,970 km/h. Dal 1931 al 1935, l'inglese Malcolm Campbell con il leggendario Bluebird migliorò per ben cinque volte il primato, portandolo da 396,042 km/h sino a 484,618 km/h. Questo record fu ottenuto nella zona di Bonneville Salt Flats (Utah, Stati Uniti) che da allora divenne quasi stabilmente la sede ideale per i tentativi di record. Nel 1937, un altro inglese, George Eyston, superò la barriera dei 500 km/h, mentre solo nel 1947 John Cobb, anche lui inglese e già primatista dal 1938, infranse quella dei 600 km/h (634,401). Fu questo l'ultimo primato stabilito da un veicolo con motore convenzionale. Nel 1964 Donald Campbell, figlio di Sir Malcolm, raggiunse 648,724 km/h con il suo Bluebird II a turbina con trazione sulle ruote. Poco più di un anno dopo, il 13 novembre 1965, lo statunitense Bob Summer, a bordo del suo Goldenrod, stabilì con 658,665 km/h quello che ancor oggi è il record assoluto di velocità con trazione sulle ruote. Due giorni dopo il record di Summer, Craig Breedlove, anch'egli statunitense, con il suo Spirit of America Sonic 1 dotato di motore a reazione, raggiunse le 600,601 miglia all'ora (966,571 km/h). L'inglese Richard Noble, il 4 ottobre 1983 a bordo del Thrust 2 con propulsione a reazione, ha raggiunto la velocità di 1019,250 km/h, mentre nel 1997 il record di 1233.704 km/h è stato fatto dall'inglese Andy Green.

Cenni storici: le origini

La Parigi-Rouen, organizzata dal quotidiano francese Le Petit Journal il 22 luglio 1894, viene considerata dalla maggioranza degli storici dell'automobilismo sportivo come la prima autentica competizione per automobili. Il regolamento del concorso prevedeva che i concorrenti percorressero i 127 km tra le due città in un tempo non superiore alle 12 ore. Albert de Dion, che con il suo triciclo a vapore riuscì a coprire la distanza in 6 ore e 48 minuti distanziando notevolmente tutti gli altri partecipanti, fu privato del primo premio, assegnato alla Peugeot di G. Lemaitre, in quanto la sua macchina venne considerata troppo veloce e insicura. La prima corsa automobilistica a carattere agonistico fu la Parigi-Bordeaux-Parigi che si svolse tra l'11 e il 13 giugno 1895. Dei 22 partenti solo 8 terminarono la gara. Di questi, il primo fu Èmile Levassor su Panhard et Levassor 4 CV, che coprì la distanza di 1178 km in 48 ore, 47 minuti e 30 secondi alla media di 24,135 km/h. Levassor, ininterrottamente alla guida per l'intero percorso, distanziò il secondo classificato di oltre cinque ore. L'eco di questa gara fece sì che le corse automobilistiche si diffondessero rapidamente non solo in Europa, ma anche negli Stati Uniti. In Italia la prima corsa per autovetture con motore a combustione interna, disputata nel 1897 sul percorso Arona-Stresa-Arona, fu vinta da Giuseppe Cobianchi su Benz alla media di 21,702 km/h. Sull'esempio delle corse di durata che annualmente prendevano il via da Parigi, il Corriere della Sera e il Touring Club Italiano organizzarono il giro automobilistico d'Italia che, preso il via da Torino il 27 aprile 1901, si concluse a Milano dopo 16 giorni. La gara, vinta da Biscaretti con una FIAT IZ HP, nel suo sviluppo di 1642 km toccò Roma e Venezia. I gravissimi incidenti che funestarono la Parigi-Madrid del 1903 (la corsa fu sospesa a Bordeaux) portarono all'adozione di severe misure restrittive delle gare automobilistiche su strada. Si svilupparono allora le corse su circuiti chiusi e nacquero le prime piste permanenti, gli autodromi. In questo nuovo tipo di competizione si affermò la necessità di gare rette da regolamenti razionali, capaci di promuovere oltre che l'emulazione sportiva anche il progresso tecnico. In circuito, nel 1904, fu lanciata negli Stati Uniti la Coppa Vanderbilt (riservata a squadre nazionali) e, nel 1906, fu disputata la prima edizione della Targa Florio. Sempre nel 1906 si aprì, con l'organizzazione del Grand Prix dell'Automobile Club di Francia, l'era più gloriosa e importante, quella dei gran premi. L'AIACR (Association Internationale des Automobiles Club Reconnus, trasformata in FIA nel secondo dopoguerra), fondata a Parigi nel 1904, confermò il regolamento basato sul peso massimo di 1000 kg già in vigore dal 1902. Il Gran Premio di Francia fu disputato il 26 e il 27 giugno 1906 sul circuito della Sarthe presso Le Mans: vincitore di quello che sarebbe divenuto il Grand Prix per eccellenza fu Franz Szisz su Renault. Felice Nazzaro, secondo, trionfò con la FIAT l'anno successivo quando il gran premio fu disputato con il nuovo regolamento basato, anziché sul peso, sul consumo massimo fissato in 30 litri di benzina per ogni 100 km. Nel 1907, per iniziativa del quotidiano francese Le Matin, ebbe luogo il raid Pechino-Parigi, rimasto leggendario sia per l'estrema lunghezza (16.000 km), sia per le enormi difficoltà che i cinque equipaggi (tre francesi, uno olandese e uno italiano) dovettero affrontare. Dopo due mesi esatti, l'Itala 35/45 HP guidata da Scipione Borghese, e sulla quale erano anche l'inviato speciale del Corriere della Sera Luigi Barzini e il meccanico Ettore Guizzardi, fece il suo ingresso trionfale a Parigi: le altre vetture rimaste in gara (tre) arrivarono solo dopo 21 giorni . Nel 1908, sempre dal quotidiano Le Matin, fu organizzata quella che ancora oggi rimane la più lunga e avventurosa fra tutte le competizioni del genere, la New York-Parigi. Tre vetture francesi, una americana, una tedesca e una italiana presero parte al raid, il cui percorso sfiorava i 34.000 km. La vittoria premiò la Thomas degli americani Schuster-Roberts, che impiegarono 170 giorni per portare a termine quello che fu un vero e proprio giro del mondo. Solo la Maratona Londra-Sydney disputatasi nel 1968 e nel 1977 (oltre 16.000 km) può essere accostata a queste due imprese, che rimangono tra le maggiori conquiste dell'automobilismo sportivo. Nel 1908 l'AIACR impose una formula che stabiliva un alesaggio massimo e un peso minimo a seconda del numero dei cilindri impiegati, mentre, nel 1912, oltre alla formula libera, ne istituì una anche per le vetture leggere (peso massimo 800 kg e cilindrata massima 3 litri). Ciò dette nuovo impulso all'automobilismo sportivo: al Gran Premio di Francia (che dopo tre anni di interruzione riprendeva sulla distanza di 1540 km da compiersi in due giorni), insieme ai classici ma ormai tecnicamente superati mastodonti di 14/15 litri e alle nuove vetture leggere, gareggiarono anche vetture costruite appositamente per il Grand Prix. La vittoria premiò proprio una di queste ultime, la Peugeot con doppio albero a camme in testa di Georges Boillot, che si ripeté anche l'anno successivo, quando il Grand Prix fu corso con la formula del consumo massimo limitato a soli 20 litri per 100 km. Nel 1914 l'AIACR adottò la formula della cilindrata massima, fissandola a 4500 cma3. L'adozione di tale criterio ha avuto un'importanza determinante per il costante sviluppo tecnico del motore, tanto che, seppure con diversa impostazione, è in vigore ancor oggi. Nel 1914 lo scoppio della Grande Guerra fermò lo sviluppo dello sport automobilistico non solo in Europa, ma anche negli Stati Uniti. La ripresa fu lenta, ma costante. Dopo il ritorno, nel 1919, della 500 Miglia di Indianapolis e della Targa Florio, il 1921 salutò la ripresa del Gran Premio di Francia e la nascita di quello d'Italia; quest'ultimo, disputato a Brescia sul circuito di Montichiari, fu vinto dal francese Jules Goux su Ballot alla media di oltre 144 km/h. Nel 1922, in seno all'AIACR fu istituita la CSI (Commissione Sportiva Internazionale) che, dopo aver accuratamente regolamentato in forma di legge l'automobilismo sportivo, decise di adottare per i grand prix la formula dei 2 litri. Sempre nel 1922 il Gran Premio d'Italia, trasferito sul nuovissimo autodromo di Monza, fu vinto da Pietro Bordino su FIAT 804 tra le acclamazioni di centocinquantamila spettatori. Nel 1923, il Gran Premio d'Italia, valevole anche come Gran Premio d'Europa, fu vinto da Carlo Salamano al volante di una FIAT 805 dotata di compressore Roots: da questo momento e fino allo scoppio della seconda guerra mondiale le vetture sovralimentate si aggiudicheranno tutte le corse più importanti (salvo la Targa Florio del 1926) e i grand prix che, man mano (1925 Belgio, 1926 Germania e Gran Bretagna, 1929 Monaco, 1934, Svizzera) si aggiunsero a quelli di Francia, d'Italia e di Spagna. Sempre nel 1923, con lo scopo di sottoporre i mezzi meccanici a uno sforzo prolungato anche nelle ore notturne, venne ideata la 24 ore di Le Mans. Da allora, questa gara di grande significato tecnico, le cui risultanze pratiche vengono, per quanto possibile, trasferite nella produzione di serie, è diventata la regina delle corse di durata e la competizione automobilistica più celebre d'Europa. Il risultato del Gran Premio di Francia del 1924 fu piuttosto emblematico, poiché contrappose il trionfale debutto dell'Alfa Romeo P2 alla decisione della FIAT di ritirarsi dalle corse. La P2 fu l'indiscussa dominatrice dei gran premi fino al 1930, quando, rielaborata, fu impiegata con successo alla Targa Florio dove pose termine alle vittorie Bugatti. Il 26 marzo 1927 prese il via da Brescia la prima Mille Miglia che, nei 1600 km dell'articolato percorso, toccava Bologna, Ancona, Roma, Firenze e Treviso prima di ritornare a Brescia. La Mille Miglia, abolita nel 1957, fu considerata, indipendentemente dalla sua affascinante componente agonistica, la competizione automobilistica per eccellenza, poiché costituì uno stimolo al progresso e all'evoluzione sia dell'automobile sia della rete viaria. Nel 1929 la CSI stabilì che le vetture destinate alla formula grand prix fossero esclusivamente monoposto. Nello stesso anno Enzo Ferrari fondò l'omonima scuderia che utilizzò le P2 e, in seguito, le P3 Alfa Romeo (ufficialmente ritiratasi dalle corse); le Alfa Romeo della scuderia Ferrari, nonché le Maserati, riuscirono a mantenere ai vertici, fino al termine del 1933, la tecnica italiana. Nel 1934, con l'intento di limitare la velocità delle vetture, la CSI varò una nuova formula basata sul peso massimo (750 kg senza benzina e senza gomme) e sulla larghezza minima della carrozzeria (85 cm). Ma le tedesche Mercedes e Auto Union riuscirono, rimanendo abbondantemente sotto il limite di peso, a mettere a punto motori di 5 e anche 6 litri in grado di superare i 600 CV. Malgrado gli sforzi dell'Alfa Romeo, della Maserati, della Bugatti e della Talbot, le due case tedesche, dal Gran Premio d'Italia del 1934, fino allo scoppio della seconda guerra mondiale, ad eccezione del Gran Premio di Germania del 1935 (vinto da Nuvolari su Alfa Romeo), si aggiudicarono tutti i gran premi e le gare più importanti cui presero parte. Grazie alle capacità dei tecnici tedeschi (distribuzione dei pesi, sistemi di frenatura idraulici, sospensione a ruote indipendenti) si delineò quella che sarebbe stata la vettura da corsa del secondo dopoguerra. Tra i grandi piloti del periodo tra le due guerre spiccano gli italiani Antonio Ascari, Giuseppe Campari, Gastone Brilli Peri, Achille Varzi, Luigi Fagioli, Tazio Nuvolari, i francesi Robert Benoist, Philippe Étancelin, Louis Chiron, Jean-Pierre Wimille, Raymond Sommer, gli inglesi Henry Segrave e Dick Seaman, e i tedeschi Rudolf Caracciola, Hans Stuck, Hermann Lang e Bernd Rosemeyer.

Cenni storici: la Formula 1

Al termine della seconda guerra mondiale, la FIA varò la Formula 1, riservandola a vetture con motori di 1500 cm3 con compressore e 4500 cm3 senza compressore. Sino alla fine del 1948, quando si ritirò, l'Alfa Romeo dominò, con l'Alfetta 158, il campo dei gran premi, lasciando a Ferrari, Maserati e Lago-Talbot il compito di spartirsi le restanti gare. Nel 1950, in concomitanza con l'istituzione del campionato del mondo piloti, l'Alfa Romeo decise di ritornare alle corse sempre con il modello 158. La decisione si rivelò più che azzeccata in quanto l'Alfa Romeo, oltre a permettere a Giuseppe Farina di aggiudicarsi il titolo, vinse tutti e sei i gran premi su cui era articolato il campionato. Nel 1951 l'Alfa Romeo fece il bis con l'argentino Juan Manuel Fangio, ma al termine della stagione, conscia di non poter più contrastare le Ferrari di 4500 cm3, si ritirò definitivamente dalle corse. Questa repentina decisione, che in pratica lasciava la Ferrari padrona del campo, costrinse la CSI a far disputare i mondiali del 1952 e del 1953 con le Formula 2 (motori di 2000 cm3 senza compressore oppure di 500 cm3 sovralimentati). La Ferrari sbaragliò egualmente il campo con le sue 500 F2 (14 successi su 15 gare) e consentì ad Alberto Ascari di aggiudicarsi il titolo in entrambe le stagioni. Nel 1954 entrò in vigore la nuova Formula 1, destinata a vetture con motori di 2500 cm3 senza compressore o di 750 cm3 sovralimentati. Nel 1958 la CSI, oltre a ridurre di un terzo il chilometraggio (da 500 a 300 km) e la durata massima dei gran premi (da 3 a 2 ore), decise di vietare l'impiego di carburanti speciali e rese obbligatorio un carburante a base di benzina pura con numero di ottano 130. Nello stesso anno, per l'ultima volta, il titolo mondiale fu conquistato con una vettura dotata di motore anteriore: nel 1959 e nel 1960, l'australiano Jack Brabham si impose al volante di una Cooper dotata di motore Climax montato posteriormente. Insieme a questa rivoluzionaria soluzione, che fu nel giro di due anni adottata da tutte le case, la Cooper affermò definitivamente (con la Lotus) il concetto della vettura realizzata con il concorso di costruttori diversi per il telaio e per il motore. Dal 1961 al 1965, con l'intento di diminuire le potenze e le velocità delle monoposto, la CSI istituì una formula per vetture di peso non inferiore a 450 kg dotate di motori atmosferici di 1500 cm3 da alimentare con benzina commerciale. Nonostante due titoli conquistati dalla Ferrari nel 1961 e nel 1964 furono principalmente le case inglesi (BRM nel 1962 e Lotus-Climax nel 1963 e 1965) a confermare la loro crescente superiorità tecnica, che toccò il massimo grado con la geniale Lotus 25 dotata di telaio monoscocca (al posto di quello in tubi) ideata da Colin Chapman. La CSI stabilì che, a partire dal 1966, le vetture, con peso non inferiore a 500 kg, fossero dotate di motori di 1500 cm3 sovralimentati o di 3000 cm3 aspirati. Jack Brabham inaugurò il nuovo ciclo laureandosi campione del mondo con una vettura di propria costruzione. Nel 1968 si impose Graham Hill con Lotus dotata di motore Ford Cosworth. Da allora e sino al 1983, anno della sua scomparsa, il Ford-Cosworth a 8 cilindri dominò letteralmente il campo, imponendosi in oltre 150 gran premi e consentendo la conquista di 12 titoli su 15 ai piloti che lo impiegarono sulle loro vetture. Il ripetersi di episodi luttuosi (nel 1970 il titolo fu assegnato post mortem all'austriaco Jochen Rindt) portò prepotentemente alla ribalta il problema della sicurezza. La CSI, dopo aver reso obbligatorio l'uso di tute capaci di resistere al fuoco per almeno 30 secondi, nel 1973 elevò il peso delle vetture a 575 kg e impose l'utilizzo di serbatoi dotati di struttura protettiva cellulare deformabile. Nel 1978 il titolo andò a M. Andretti che si avvalse della rivoluzionaria Lotus 49-Ford, ad effetto suolo. Tale effetto, realizzato tramite appendici mobili dette minigonne che, colmando il vuoto tra carrozzeria e suolo, sigillavano praticamente la vettura al terreno, permetteva l'effettuazione delle curve a una velocità altrimenti impensabile. Nel 1981 la FISA abolì le minigonne mobili, imponendo un'altezza minima da terra di 6 cm, ma la Brabham aggirò l'ostacolo ideando delle sospensioni idropneumatiche con correttore d'assetto che, azionato dal pilota al termine della gara, permetteva di ristabilire l'altezza di 6 cm dal suolo. Ferrari vinse il campionato costruttori con la 126 C2 turbo, e avrebbe senza dubbio colto, con Gilles Villeneuve o Didier Pironi, anche quello piloti; ma, in seguito a due gravissimi incidenti, il primo perse la vita e il secondo rimase gravemente ferito. Il titolo fu vinto così dal finlandese Keke Rosberg su Williams-Ford. Nel 1983 la FISA, oltre ad abolire qualsiasi tipo di appendice aerodinamica volta a sigillare l'aria passante tra il fondo della vettura e il suolo, per diminuire i carichi aerodinamici, ridusse da 110 a 100 cm la larghezza massima dell'alettone posteriore. L'affermazione dei motori turbo fu totale e infatti occuparono le prime quattro posizioni nel campionato vinto da N. Piquet con la Brabham BT52-BMW. Le stagioni 1984, 1985 e 1986 – durante le quali la FISA per contenere le potenze (che da 520 CV del 1977 erano arrivate a 720 CV nel 1984) ridusse progressivamente la capacità dei serbatoi da 250 a 195 litri – furono dominate dalle McLaren-TAG/Porsche turbo, che permisero la conquista del titolo a N. Lauda nel 1984 e al francese A. Prost nel biennio successivo. Nel 1987 la FISA riaprì la formula anche alle vetture (peso minimo 500 kg) mosse da motori atmosferici (cilindrata massima 3500 cm3) e limitò la potenza dei motori turbo per mezzo di una valvola tarata a 4 bar. Il mondiale fu letteralmente dominato dal duo della Williams Honda turbo Nelson Piquet e N. Mansell. Nel 1988 i motori turbo, impiegati per l'ultima volta prima di essere sostituiti da quelli aspirati, furono ulteriormente penalizzati (taratura della valvola a 2,5 bar e riduzione della capacità massima dei serbatoi a 150 litri) ma si affermarono egualmente in tutti i gran premi della stagione, dominata dalle McLaren-Honda del brasiliano A. Senna e del francese Prost. L'aspetto più positivo dell'era dei motori turbo, caratterizzata, nonostante le limitazioni introdotte, dalla continua escalation delle prestazioni, è stato fornito, grazie anche all'introduzione dell'elettronica più sofisticata, proprio dalla capacità dei tecnici di razionalizzare i consumi. Nel 1989, 1990 e 1991, la superiorità tecnica delle McLaren-Honda è stata nuovamente confermata dalla conquista del titolo da parte, rispettivamente di Prost e Senna (due consecutivi). Nel 1990 la FISA ha istituito nuove normative in materia di sicurezza, riguardanti principalmente l'apertura dell'abitacolo per facilitare l'uscita del pilota, la visibilità posteriore, l'aumento di 10 cm in altezza della capsula di sopravvivenza e un nuovo crash-test per la monoscocca con un aumento del 20% dell'energia assorbita, più test complementari laterali, frontali, nella zona pedaliera, e serbatoio. Il passaggio dai motori turbo a quelli aspirati è coinciso con il declino della McLaren-Honda e l'ascesa della Williams-Renault vincitrice, rispettivamente con Mansell e Prost, dei campionati mondiali del 1992 e del 1993 e della Benetton-Ford, che si è aggiudicata con Michael Schumacher il campionato 1994. Proprio quest'ultimo è stato funestato da una serie di gravissimi incidenti e di lutti, con la morte del pilota austriaco Ratzenberger e del campione del mondo Senna sul circuito di Imola. Le polemiche che ne sono seguite hanno portato a una nuova normativa che, tra l'altro, prevede un limite di potenza per le autovetture di 600 CV; serbatoi della capacità di 200 litri e la possibilità di fare rifornimento in gara; il divieto di impiegare le sospensioni attive (l'assetto delle sospensioni, cioè, va regolato prima della gara e non può essere modificato nel suo corso); le benzine devono essere quelle in commercio; le comunicazioni via radio possono avvenire tra pilota e box mai viceversa; non ci può essere nessun intervento dai box, via radio o informatica, sugli organi meccanici del mezzo; nei box devono essere presenti solo i meccanici delle case; la velocità di entrata e di uscita dai box, durante la gara, non deve superare gli 80 km/h; introduzione dello stop and go, ossia 10 secondi di fermo se si parte anticipatamente o se un doppiato ostacola il sorpasso Nel campionato 1995, si è confermato al vertice, con pieno merito, Schumacher al volante della Benetton con motore Renault. Dopo aver riammesso nel 1995 l'uso dell'acceleratore a controllo elettronico e della frizione elettronica, la FIA, per la stagione 1996, oltre ad annullare la validità per lo schieramento di partenza delle prove del venerdì, ha emanato una serie di norme volte a migliorare ulteriormente la sicurezza e la riduzione della velocità delle monoposto. Sono state ampliate le dimensioni dell'abitacolo (per consentire soccorsi più rapidi al pilota), si è proibito, oltre un certo limite, la forma a punta del musetto (pericolosa in caso di collisione frontale), sono state ispessite le paratie anteriori (per evitare tagli ai pneumatici delle altre vetture in caso di contatto), si è reso obbligatorio un poggiatesta con precisi requisiti, montato anche ai lati della testa del pilota (per contenere le conseguenze del cosiddetto colpo di frusta ed evitare urti violenti). Sempre per proteggere la testa del pilota, salvaguardando i requisiti di visibilità, si sono regolamentate protezioni laterali obbligatorie e, per verificare la robustezza del telaio, è stato introdotto un nuovo crash test nella zona ai lati dell'abitacolo. Infine è stato ridotto il carico sul retrotreno e sono stati proibiti gli scarichi a lunghezza variabile. Il Campionato mondiale della stagione 1996 ha visto la netta affermazione dell'inglese Damon Hill su Williams-Renault "Per approfondire vedi Libro dell'Anno '97 p 264" "Per approfondire vedi Libro dell'Anno '97 p 264" . Per il 1997 la FIA ha imposto la presenza a bordo delle monoposto della scatola nera per la registrazione dei dati e ha vietato i test privati su circuiti non omologati per la Formula 1. Per la stessa stagione sono stati resi obbligatori sulle monoposto una struttura deformabile da porre dietro il cambio (previo crash test) e il volante collassabile. Altre novità riguardano la messa al bando dei bracci delle sospensioni con funzione anche aerodinamica e, sempre per cercare di ridurre le prestazioni, l'abbassamento dei flap posti davanti alle ruote posteriori. Con l'arrivo del pilota tedesco M. Schumacher alla Ferrari, tra il 1999 e il 2004 la scuderia italiana ha conquistato 6 titoli Costruttori di seguito, mentre il tedesco ha vinto per ben 5 volte il mondiale Piloti.

Cenni storici: le altre competizioni

Nato nel 1953, quello che è l'odierno campionato mondiale sport prototipi ha visto in lizza per quasi trent'anni i maggiori costruttori e i migliori piloti. Fino a metà degli anni Sessanta la scena fu dominata da Jaguar, Mercedes, Aston Martin, Abarth, Maserati e Ferrari. Con l'arrivo della Porsche e delle americane Ford, Cobra e Chaparral, ebbe inizio il periodo aureo delle gare prototipi, per molti versi, al tempo, più prestigiose del campionato di Formula 1. Nel 1974, l'abbandono della Ferrari (che preferì concentrarsi esclusivamente sulla Formula 1) costituì un grave colpo per questa categoria che, soltanto grazie all'impegno della Porsche e della Lancia, è riuscita a sopravvivere sino agli inizi degli anni Ottanta. Con la creazione del gruppo C e il ritorno dei prototipi, il campionato mondiale ha riacquistato una precisa fisionomia ma, nonostante la partecipazione di case come Mercedes, Porsche, Jaguar, Nissan, Toyota e Aston Martin, solo un'adeguata promozione televisiva potrà rilanciare definitivamente questo settore.

Cenni storici: il Rally

Dalle iniziali vetture esclusivamente di serie condotte da privati, si è passati gradatamente all'impiego di vetture derivate dalla serie (ma soggette a trasformazioni radicali nella meccanica), e quindi, a partire dagli anni Sessanta, a vetture ufficiali schierate da case costruttrici scese in lizza con spiegamenti di mezzi tecnici e finanziari eccezionali. Da allora, la costante presenza in gara di squadre preparatissime, oltre ad accrescere la popolarità dei rally, ha contribuito a valorizzarne gli aspetti agonistici e soprattutto tecnici. La diffusione dei pneumatici chiodati, dei fari allo iodio, di efficienti sistemi di riscaldamento, di apparecchiature o prodotti antiappannanti, di elementi protettivi per le parti meccaniche più esposte, è infatti iniziata proprio con l'affermarsi dei rally come disciplina agonistica. Nell'albo d'oro degli anni figurano case come la Renault, la Ford, la Talbot, l'Audi, la Peugeot, la Mercedes, FIAT, la Lancia e la Toyota.

Cenni storici: il Rally-raid

Lanciata il 1º gennaio 1979 dal francese Thierry Sabine, la Parigi-Dakar si è subito imposta all'attenzione generale diventando in breve la maratona più famosa del mondo. Riservata sia alle auto sia alle moto, questo affascinante e avventuroso raid velocistico si sviluppa per quasi 11 500 km (di cui quasi 8000 di prove speciali) attraverso i deserti della Libia, del Ciad, della Nigeria, del Mali e della Mauritania, prima di concludersi a Dakar nel Senegal. Anche qui, la partecipazione di grandi case ultraorganizzate ha tolto qualsiasi possibilità di successo ai piccoli teams che, spesso, considerano una vittoria il fatto stesso di giungere a Dakar. La Peugeot, che dal suo esordio nel 1987 ha dominato incontrastata, ha definitivamente dimostrato (con le sue 205 Turbo 16 e 405 Turbo 16) la superiorità delle vetture di derivazione rallistica su quelle di tipo fuoristrada (con ruote e posizione di guida alta e sospensioni dure). Gli altri appuntamenti dei rally-raid sono costituiti dal Rally di Tunisia (in aprile), dal Raid dell'Atlas (in Marocco, in giugno), dal Raid Baja Montesblancos (in Spagna, in luglio) e dal Rally dei Faraoni (in Egitto, in ottobre).

Cenni storici: altre formule

Seppure in proporzione minore rispetto a quelle della Formula 1 (che rappresentano sempre la tecnica-guida), anche le vetture delle altre formule (3000, 3, nazionali) hanno raggiunto una notevole evoluzione sul piano tecnico, che ha interessato principalmente la struttura dei telai (anche per la scelta dei materiali), l'aspetto aerodinamico (miglioramento funzionale degli alettoni mobili e fissi) e la sicurezza (strutture a difesa del pilota, sistemi d'estinzione). In diretta correlazione con l'evoluzione generale delle monoposto di Formula 1, si sono registrati, infine, notevoli perfezionamenti nella tecnica costruttiva e nell'impiego dei pneumatici da competizione, soprattutto per quanto concerne l'adeguamento dei materiali costitutivi (mescole) e i requisiti imposti dall'impiego in condizioni-limite (uniformità di comportamento entro un'amplissima gamma di temperature e aderenza ottimale su pista asciutta o bagnata) "Per approfondire vedi Libro dell'Anno '97 p 372" "Per approfondire vedi Libro dell'Anno '97 p 372" .

G. Monkhouse, R. King-Farlow, Le corse Gran Premio, Roma, 1967; D. Hodges, Grandi piloti di ieri, Roma, 1967; O. Orefici, L. Argentieri, Storia della Formula 1, Milano, 1987.

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