Definizione

Valore, principio su cui si fonda il comportamento etico. Il termine, anche nel linguaggio corrente, ha una molteplicità di significati riconducibili a due gruppi fondamentali. Il primo è quello corrispondente al suo uso sostantivato. Sia che si parli “del bene” (per esempio il bene della patria, dell'umanità, ecc.) o “di un bene” (bene di consumo), si intende qualcosa di sussistente per sé e che possiede un intrinseco valore.

Il concetto di bene nelle dottrine antiche

A tale uso corrisponde filosoficamente la teoria ontologica del bene, il cui modello tipico è definito da Platone come superiore e insieme fondamento della realtà ideale e della conoscenza che ne abbiamo. Colui che ha portato alle estreme conseguenze questo discorso è Plotino, accentuandone il carattere religioso. Tale teoria sostanzialistica del bene è presente, pur in un diverso orizzonte, nella filosofia medievale, in particolare in quella tomistica e, nella filosofia moderna, è riconoscibile nell'idealismo hegeliano. Il suo secondo significato è corrispondente al suo uso avverbiale o all'uso dell'aggettivo buono. Tale uso pone prevalentemente in luce l'aspetto soggettivo (per esempio: quest'abito mi sta bene), anche se talora non gli è estraneo un significato aggettivale: per esempio dicendo “è un buon compagno” posso intendere che è un buon compagno per me (giudizio soggettivo), ma anche che è un buon compagno in sé (giudizio oggettivo). Secondo il concetto filosofico quest'uso è quello tipico della valutazione morale, dove ci troviamo di fronte al soggettivismo dei sofisti, dell'illuminismo e dell'empirismo, in cui il termine buono viene identificato con ciò che è bene, che è utile per me. Una delle teorie più esplicite in questo senso è quella di Bentham. Una posizione particolare hanno infine Aristotele e Kant: il primo osserva che una cosa non è voluta perché bene, ma è bene perché voluta; il secondo mantiene al bene il valore di oggettività. Una cosa è dunque bene non in riferimento al soggetto empirico né in riferimento a una gerarchia di valori estrinseci a esso, ma in quanto è l'oggetto di una volontà buona, di una volontà cioè la cui massima d'azione ha l'universalità e necessità (oggettività) di una legge.

Il concetto di bene nel cristianesimo

Nel cristianesimo il concetto di bene discende direttamente da Dio, che nella infinità delle sue perfezioni è il “bene sommo”, che, estrinsecandosi nella creazione, dà a tutto il creato il suo valore ontologico e la sua dignità di cosa buona. Tale concetto ripete i motivi fondamentali del platonismo e nel contempo si basa sull'analogia entis che si richiama ad Aristotele. In Dio il bene lo muove verso le sue creature compenetrandole del suo amore e collocandole in un disegno di provvidenza che le fa ritornare a lui come fine ultimo dell'universo e dei singoli; nelle creature il bene le muove al loro fine perfezionandole nel loro essere. In tal modo il bene è veramente il primo principio causale di quanto avviene e il principio motore e coordinatore degli altri principi. In forza di queste considerazioni lo Pseudo-Dionigi enuncerà il principio Bonum est diffusivum sui, che troverà ampia applicazione in teologia. San Tommaso farà discendere da esso la creazione e l'incarnazione. Per la sua capacità a muovere la volontà il bene sarà al centro di tutta la vita morale cristiana.

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