Lessico

sf. [sec. XIII; latino ballaena]. Nome comune di molte specie di Cetacei e in particolare dei Misticeti della famiglia dei Balenidi, spettante ai tre generi Eubalaena, Balaena e Caperea (= Neobalaena) ciascuno con una sola specie. Fig., persona di sproporzionate dimensioni, specialmente donna grassa e tozza: quel mingherlino ha sposato una balena.

Zoologia

La più importante è la balena franca o balena dei Baschi o balena nera (Eubalaena glacialis), lunga fino a 18 m e pesante fino a 40-50 t. Ha capo lungo sino a 1/4 della lunghezza totale del corpo e munito superiormente di una caratteristica escrescenza cornea. Il colore del corpo è nero, talora con qualche chiazza bianca inferiormente. I fanoni, neri, sono in numero di 220-260 per lato e lunghi ca. 2 m e mezzo. Specie pelagica, divenuta ormai molto rara a seguito dell'accanita caccia subita in passato, è distinta in due sottospecie: una settentrionale (Eubalaena glacialis glacialis) e una meridionale (Eubalaena glacialis australis), che taluni considerano specie distinta. Ancora più rara e un tempo oggetto di una caccia spietata, che la portò sull'orlo dello sterminio totale, è la grossa balena della Groenlandia (Balaena mysticetus), che sopravvive solo in qualche tratto del Mare Artico canadese occidentale e nel Mare di Bering. Lunga sino a 21 m, raramente sino a 24, ha testa enorme, lunga ca. 1/3-2/5 della lunghezza totale del corpo, con profilo superiore molto convesso e con pinne pettorali grandi e larghe e larghissima pinna caudale. Sul colore nerastro del corpo fanno spicco larghe chiazze biancastre posizionate sul mento e su parte della mandibola. Nell'enorme bocca sono alloggiati 300-360 fanoni per lato, lunghi sino a 3,5 m. Un tempo questa balena viveva in branchi di 30-50 capi, sovente solitaria o a coppie, trattenendosi nei pressi dei ghiacci galleggianti. Assai lenta negli spostamenti (ca. 7 km/h), può immergersi sino a 1000 e forse 1500 m di profondità, restando 50-80 minuti sott'acqua. Ha soffio a getto quasi sempre duplice e alto 3-4 m. La terza specie è la Caperea (= Neobalaena) marginata, il più piccolo di tutti i Misticeti viventi, lunga appena 6 m ed esclusiva dell'emisfero australe, dove vive nei mari dell'Australia, della Nuova Zelanda, del Sudafrica e dell'America meridionale. Si distingue, tra l'altro, per la presenza di una piccola pinna, alta ca. 25 cm, posta nella parte posteriore del dorso, carattere eccezionale nei Balenidi e proprio, invece, dei Balenotteridi. Altra caratteristica peculiare è il numero elevato di costole (17 paia). La sua irrilevanza come oggetto di caccia l'ha preservata dalla distruzione; è tuttavia assai rara. § Con il nome di balena dal becco si designano i cetacei dei generi Ziphius e Mesoplodon della famiglia degli Iperodontidi o Zifidi e in particolare il Mesoplodon bidens, noto anche come balena di Sowerby; come balena di Shepherd è noto un altro iperodontide, il Tasmacetus shepherdi; balena bianca è un altro nome della beluga della famiglia dei Monodontidi; balena grigia viene chiamato l'Eschrichtius gibbosus della famiglia degli Escrittidi o Rachianettidi.

Caccia alla balena: cenni storici

Sebbene l'espressione “caccia (o pesca) alla balena” sia inesatta in quanto oltre alle balene vengono cacciate molte altre specie di mammiferi marini, il suo uso è giustificato dalla lunga tradizione dei cacciatori di balene artiche. Fin da tempi remoti varie popolazioni delle coste del Pacifico settentrionale (Eschimesi, Aleuti, Tlingit, Haida, ecc.) cacciavano mammiferi marini dai quali traevano non solo gran parte del nutrimento ma anche varie materie prime necessarie alla vita quotidiana (pelle, ossa, grasso, ecc.); lungo le coste atlantiche dell'Europa (come lungo quelle giapponesi) le genti rivierasche utilizzarono i cetacei che incidentalmente si arenavano sulle coste: il valore delle prede dovette spingere anche queste genti alla caccia in mare, tuttavia nulla di preciso si sa almeno fino al sec. XII quando i Baschi iniziarono una caccia sistematica alla balena franca (Eubalaena glacialis) allora comune nelle acque costiere del golfo di Biscaglia. Partendo da basi a terra, su apposite lance (baleniere), attaccavano e uccidevano i cetacei con arponi o fiocine lanciate a mano; poiché il grande mammifero, dopo la morte, galleggiava, era possibile rimorchiarlo a terra. Dopo due secoli di caccia, le balene scomparvero lungo la costa, per cui i Baschi furono costretti a iniziare la caccia pelagica, mediante navi a vela che trasportavano le tradizionali lance baleniere; ben presto l'estinzione della balena franca li condusse nelle acque dell'Artico e lungo le coste americane dove vennero a contatto con cacciatori olandesi, norvegesi e inglesi. La quasi totale estinzione della balena franca spinse i cacciatori ad attaccare un'altra specie di cetacei, numerosa in quelle acque, la balena della Groenlandia (Balaena mysticetus). Fra i sec. XVII e XVIII la caccia, spintasi sempre più lontano dalle coste, richiese una più efficiente organizzazione; comparvero i velieri-fattoria, che lavoravano con mezzi rudimentali i cetacei uccisi e portati sottobordo dalle lance baleniere. Ma queste operazioni dovevano svolgersi con mare calmo oppure a ridosso della costa dove venivano costituite basi temporanee. La caccia alla balena della Groenlandia venne intrapresa anche da flottiglie di baleniere degli Stati Uniti, che cacciavano inoltre balene franche e capodogli nel Pacifico; la caccia spietata, condotta senza regole, fece diminuire rapidamente il numero di questi cetacei per cui le flottiglie americane ed europee cominciarono, nel sec. XIX, a battere le acque dell'emisfero australe. Nella seconda metà del sec. XIX la difficoltà di reperire le balene, necessarie ormai per alimentare la crescente domanda di una materia prima che alimentava una fiorente industria, spinse i cacciatori ad assalire le balenottere, fino ad allora non cacciate in quanto troppo veloci e pericolose per i mezzi di attacco usati. L'abbattimento delle balenottere fu possibile utilizzando baleniere a vapore e cannoncini lancia-arponi; un notevole impulso si ebbe dopo il 1864, applicando il metodo ideato dal norvegese Sven Foyn: questi ideò un arpone a testa esplosiva provvisto di un lungo cavo che permetteva di trattenere la preda accanto alla nave. Poiché le balenottere uccise vanno a fondo, era necessario insufflare aria compressa nel torace e nell'addome al fine di farle galleggiare e poterle poi rimorchiare: l'aria compressa veniva fornita dalle pompe a bordo delle baleniere. La baleniera a vapore rimorchiava poi la preda fino alla base a terra per le lavorazioni del caso. In questo periodo si accrebbero le flottiglie di baleniere soprattutto di USA, Gran Bretagna, Norvegia, Russia, Francia, Giappone; la caccia spietata a ogni specie di cetacei rese sempre più difficile il rinvenimento di prede, per cui, all'inizio del sec. XX i balenieri, seguendo l'esempio del norvegese G. A. Larsen, si rivolsero contro le balenottere dell'Antartico. La caccia ai cetacei, nonostante le esperienze passate e gli avvertimenti degli studiosi, venne condotta con metodi sempre più efficienti ma altamente distruttivi tanto che, dopo la seconda guerra mondiale, anche le risorse dell'Antartico si assottigliarono. A partire dagli anni Cinquanta, il perfezionamento delle tecniche di caccia permise di utilizzare flottiglie facenti capo a una nave-fattoria che svolgeva i compiti delle basi a terra, rendendo indipendente, ma anche incontrollato, l'operato dei balenieri. Le grandi navi-fattoria sono munite di scivolo a poppa per tirare i cetacei in coperta, dove avviene lo squartamento; le baleniere si dedicano esclusivamente alla caccia; in più operano stazioni fisse a terra, disseminate lungo le rotte seguite dai cetacei nelle loro migrazioni stagionali. Il metodo usato per la caccia è stato altamente razionalizzato: le prede, avvistate mediante elicotteri portati dalle navi-fattoria vengono segnalate alle baleniere; queste operano in accordo circondando la preda, individuandola con ecoscandagli, spaventandola mediante ultrasuoni per indurla a un'estenuante corsa e, infine, abbattendola, non appena a tiro, con arponi a punta esplosiva o a scarica elettrica. La preda, segnalata alla nave-fattoria e individuata con apposito segnale, viene raccolta alla fine della battuta. La precisione di queste tecniche ha ridotto anche le ultime “riserve” dell'Antartico tanto che già nel 1969 è diventato oneroso il costo di esercizio della caccia alle balene anche per la diminuzione del valore dei prodotti.

Caccia alla balena: le norme

Per facilitare la riproduzione degli animali cacciati, l'International Whaling Committee (Comitato internazionale per la caccia alle balene) ha emanato norme regolanti la caccia, che non è permessa a scopi commerciali, e per la protezione delle femmine allattanti e dei piccoli. Nell'ambito di queste norme, che vengono periodicamente riviste, è permessa la cattura della balena dal becco, mentre è assolutamente vietata la caccia alla balena azzurra, perché in via d'estinzione; è, inoltre, stabilita una quota fissa di balene che ciascuna baleniera può uccidere.

Caccia alla balena: l'industria

Fin dai primi anni, l'industria di trasformazione legata alla caccia alle balene traeva la principale fonte di profitto dall'olio ottenuto dal grasso e, in seguito, anche dalla carne e dalle ossa; prima dell'invenzione del processo di idrogenazione, l'olio di balena era soprattutto usato per illuminazione e lubrificazione nonché per la preparazione di saponi e di margarina industriale. Anche i fanoni rappresentavano un prodotto importante, ricercati per svariatissimi usi (stecche da ombrello e busti, manici di frusta e anche tessuti particolarmente resistenti). La farina di carne di balena e la polvere di ossa, ricavate dal processo di lavorazione cui era sottoposta la carcassa, venivano usate come alimento per gli animali e come concime. Lo spermaceti, trasformato in cera solida, era utilizzato nella produzione di candele mentre l'ambra grigia, una sostanza cerosa un tempo assai apprezzata come fissativo nell'industria cosmetica, è ormai sostituita da prodotti chimici sintetici. Poiché la chimica moderna mette a punto nuove tecniche per la produzione sintetica delle materie prime che un tempo si ricavavano esclusivamente dai cetacei, è da credere che la salvezza di questi mammiferi possa giungere più dall'eventualità che la caccia diventi del tutto antieconomica di fronte al minor prezzo del prodotto sintetico, che non dagli sforzi per disciplinarla e regolamentarla compiuti dagli organismi internazionali.

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