bambù

sm. [sec. XVI; da una voce malese, tramite il portoghese bambu]. Nome comune di alcune grandi piante tropicali della famiglia Graminacee (sottofamiglia Bambusoidee), quali Phyllostachys aurea, Phyllostachys nigra, Bambusa arundinacea, Melocanna bambusoides, oltre a specie dei generi Arundinaria, Dendrocalamus, Merostachys, Cephalostachyum, ecc. Caratteristica comune è il possesso di grossi culmi (diametro 2-50 cm) con nodi evidenti, rigidissimi, eretti, formanti fitti gruppi, alti fin 20-30 m, specialmente lungo i corsi d'acqua e le paludi. I bambù hanno culmi spesso ramificati in alto e portano foglie più o meno picciolate, lanceolato-appuntite. Negli spazi vuoti del fusto di alcune specie si raccolgono concrezioni silicee dette “tabascir”, usate nella medicina tradizionale indiana. I fiori, generalmente unisessuali, sono raccolti in spighe spadiciformi o pannocchie, ora quasi sessili sui culmi, ora espanse nella parte alta della pianta; in alcune specie la fioritura avviene contemporaneamente su vaste regioni a periodi di tempo molto distanziati e preannuncia la morte degli alberi; la ripresa vegetativa della pianta è assicurata dal rizoma sotterraneo. Dei bambù alcuni sono originari dell'Africa, altri dell'Asia e molti sono americani. I culmi vengono impiegati per innumerevoli usi dalle popolazioni indigene (edilizia, trasporto dell'acqua). Dai più sottili si traggono cannucce o stecche per mobili, oggetti ornamentali, ventagli, ecc. I giovani germogli di alcune specie sono eduli dopo cottura, come pure le bacche della Melocanna bambusoides. Molte specie vengono coltivate in Europa a scopo ornamentale.

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