Descrizione generale

S. inglese [sec. XIX; forse da una voce levantina]. Gioco di carte derivato dal whist. Cominciò a diffondersi in Inghilterra alla fine dell'Ottocento e poi in tutto il mondo a partire dai primi anni del sec. XX. Il bridge originario si modificò successivamente in auction bridge (bridge all'asta), dal quale derivarono il plafond bridge e il contract bridge o bridge contratto, che è quello oggi universalmente giocato. Fu negli Stati Uniti che il bridge contratto trovò la sua codificazione definitiva, nei manuali che Ely Culbertson pubblicò con enorme successo negli anni Trenta e le cui regole furono accettate in tutto il mondo. Sorsero allora innumerevoli club, federazioni nazionali, pubblicazioni periodiche e vennero organizzati campionati, anche mondiali (il primo fu nel 1933).

Regole

Il bridge contratto si gioca fra quattro giocatori divisi in due coppie, con un mazzo di 52 carte francesi. In ogni seme il valore delle carte decresce in quest'ordine: asso, re, donna, fante, 10 (queste cinque carte vengono dette “onori”), e così via fino al 2. Il mazziere, colui che estrae la carta più alta, distribuisce le carte in senso orario sino a esaurimento, cioè 13 carte a testa. Il gioco si svolge in due fasi: la dichiarazione o licitazione e il gioco della carta. La dichiarazione consiste in una specie di asta fra le coppie, che tentano di imporre il loro gioco, sulla base del punteggio e/o della forza posseduta in uno o più semi, e si impegnano a realizzare un certo numero di prese (contratto) oltre al minimo di sei. Il contratto può essere giocato “a colore”, scegliendo come atout un seme, o “a senza atout”, abbreviato in SA. Il mazziere inizia la dichiarazione, seguito dagli altri giocatori nell'ordine della distribuzione. Si può superare l'offerta dell'avversario o del compagno sia aumentando il numero di prese in un atout, sia dichiarando lo stesso numero di prese in un atout di valore più elevato, secondo quest'ordine crescente: fiori, quadri, cuori, picche, SA. Le dichiarazioni più alte possibili sono pertanto: 6 a colore “a senza atout” (piccolo slam) e 7 a colore o “a senza atout” (grande slam), corrispondenti rispettivamente a 12 prese e a 13 prese (tutte); per queste dichiarazioni sono previsti dei premi in punti. Inoltre ogni giocatore può dichiarare “passo” (cioè rinunciare temporaneamente o definitivamente alla dichiarazione) oppure dire contre, se pensa che gli avversari non riusciranno a fare le prese dichiarate; questi a loro volta possono rispondere, se sono sicuri del loro gioco, con il surcontre. Contre e surcontre, effettuati sull'ultima dichiarazione, raddoppiano e quadruplicano rispettivamente il punteggio ottenibile con il mantenimento del contratto o maggiorano, in caso contrario, i premi assegnati agli avversari. La dichiarazione ha termine quando tre giocatori passano consecutivamente e il contratto è quindi aggiudicato alla coppia il cui giocatore ha fatto la dichiarazione più alta. Il contratto sarà giocato da chi dei due partners componenti la coppia ha per primo dichiarato il seme che costituisce l'atout della mano. Nel caso in cui tutti e quattro i giocatori passino, si ha una nuova distribuzione di carte (e il mazzo passa al giocatore successivo). Lo scopo della dichiarazione è quello di arrivare attraverso scambievoli informazioni tra i partners al miglior contratto possibile con le carte a disposizione. A questo scopo sono stati ideati numerosi metodi convenzionali di dichiarazione, che consentono, sulla base di accordi precedentemente stabiliti, di avere informazioni il più possibile particolareggiate sia sulla distribuzione delle carte sia sul possesso o meno di una certa “forza di onori”. Il sistema più usato è quello “naturale”, con molte varianti. Si deve tuttavia ricordare il cosiddetto “fiori napoletano” che, usato dalla squadra italiana di bridge, le ha consentito di dominare le competizioni internazionali a partire dal 1957. Terminata la dichiarazione, si passa alla seconda fase del gioco: il giocatore alla sinistra del dichiarante gioca per primo una carta, dopo di che il compagno del dichiarante (il “morto”) scopre le proprie carte deponendole sul tavolo e per lui le giocherà il dichiarante stesso. È obbligatorio rispondere con una carta dello stesso seme di chi ha iniziato il gioco; se non se ne hanno si può giocare un atout (“tagliare”) o scartare una carta di altro seme. Vince la presa e dà inizio alla successiva chi ha impegnato la carta più alta del primo seme giocato o la più alta di atout. Il gioco prosegue così sino al termine delle tredici prese. A questo punto si fa il conto delle prese per stabilire il punteggio. I punti si dividono in punti di partita e punti d'onori. I punti di partita sono quelli assegnati alla coppia che ha vinto la licitazione in base alle prese dichiarate e fatte e al seme scelto per il contratto. I secondi vengono assegnati: per le prese in più rispetto a quelle dichiarate, per prese mancate agli avversari per realizzare il contratto, per gli onori posseduti in una mano, per premi di partita o per piccolo o grande slam. Ogni partita (inglese rubber) si compone di due manches, ognuna delle quali è vinta dalla coppia che raggiunge, in una o più mani, i 100 punti con i soli punti di partita. Al termine della partita i punti di onori e i punti di partita vengono sommati e sulla base del maggior punteggio si designa la coppia vincente.

Auction bridge

Gioco di carte, la cui codificazione fu precedente a quella del contract bridge, di cui può considerarsi una variante. I giocatori sono tre più il “morto”. Nella fase di distribuzione si scoprono 6 carte del “morto”; nella fase di dichiarazione i giocatori, tenendo conto delle carte visibili del “morto” oltreché delle proprie, indicono tra di loro un'“asta” per imporre l'atout preferito e giocare in coppia con il compagno immaginario. Anche i punteggi si differenziano da quelli del bridge contratto.

Bibliografia

B. Romanet, Tutto il bridge, Milano, 1970; G. Belladonna, Imparate il bridge con me, Milano, 1971; F. Rosa, L'abc del bridge, Milano, 1986.

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