càvolo

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Lessico

sm. [sec. XIII; latino tardo caulus, dal greco kaulós, propriamente gambo, fusto di piante].

1) Nome comune della pianta erbacea Brassica oleracea della famiglia Crocifere o Brassicacee, nota per le numerose specie orticole che ne sono derivate.

2) In varie loc. estens. e fig.: entrarci come i cavoli a merenda, non aver niente a che fare con la questione, essere del tutto inadatto; andare tra i cavoli, morire; salvare capra e cavoli. Con riferimento allo scarso pregio della pianta o come alterazione eufemistica di cazzo: non contare o non valere un cavolo, non avere nessuna importanza o capacità; non me ne importa un cavolo, me ne infischio; testa di cavolo, stupidone, imbecille; non capire un cavolo, niente del tutto; col cavolo!, nemmeno per idea: col cavolo che te lo impresto!;cavolo! o cavoli!, escl. di sorpresa, di risentimento, e simili.

Botanica

La pianta selvatica del cavolo è bienne, alta 50-80 cm, con radice a fittone e foglie piane, lobate, glauche, con corto picciolo e nervature molto evidenti. I fiori, crociformi, sono gialli e raccolti in racemi; i frutti sono silique cilindriche. Cresce sulle rupi nelle vicinanze del mare, dove fiorisce in primavera e in estate; è poco comune e priva di importanza dal punto di vista alimentare, contrariamente alle numerose forme coltivate. Tra queste, le più importanti sono: A) Varietà capitata (cavolo cappuccio), con foglie lisce a nervatura poco pronunciata, tutte concave e strettamente embricate fra loro a formare una palla (testa) dal colore che internamente tende al bianco, mentre all'esterno può essere verde o anche di altra tinta. Viene consumata sia cruda sia cotta e serve per la preparazione dei crauti o piatti analoghi e come complemento per molte pietanze come la cassoeula lombarda. B) Varietà bullata subvarietà sabauda (verza o cavolo verzotto), con fusto eretto e foglie grandi, bollose o gibbose lungo i bordi, le esterne rivolte all'infuori e le interne raccolte a palla ma meno strettamente embricate di quelle del cavolo cappuccio. Si consuma in modo analogo a quest'ultimo. C) varietà gongylodes (cavolo rapa), con foglie lirato-pennatosette lobate in basso, di color verde pallido un po' glauchescente o violaceo e fiori crociformi gialli, caratterizzata dalla parte inferiore del fusto ingrossata a somiglianza di una grossa rapa, che ne costituisce la parte commestibile. La polpa ha un sapore che ricorda quello della rapa e viene consumata sia cruda (in insalata o con maionese) sia cotta (saltata al burro). D) Varietà gemmifera o prolifera (cavolino di Bruxelles), con fusto eretto alto ca. 1 m e foglie alterne, lirate, un po' bullate, alla cui ascella si originano gemme fogliari globose, della grandezza di un uovo, che risultano assai tenere e vengono consumate lesse in insalata o ripassate al burro. E) Varietà acephala (cavolo crespo, cavolo nero), con fusto eretto, alto fino a 90 cm, foglie verde scuro rugose e bollose. Se ne mangiano le spunture apicali e i giovani germogli che si formano sul fusto e sui rami (base di una nota zuppa toscana), e serve anche da foraggio. F) Varietà botrytis, con le subvarietà cauliflora (cavolfiore) e cymosa, forma virescens (broccolo). Tutte le varietà orticole del cavolo sono piante a coltura annua che richiedono terreno fresco e profondo, ben lavorato e concimato. La semina si fa in semenzaio e il trapianto si effettua quando la piantina ha emesso la quarta o quinta fogliolina. La produzione in Italia è diffusa in tutta la penisola e si aggira sugli 8 milioni di q.

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