Definizione

Gruppo di dispositivi, la maggior parte dei quali basati sull'interazione tra energia luminosa e proprietà elettriche della materia. I più importanti di questi dispositivi, generalmente chiamati cellule fotoelettriche, sono: le cellule fotoelettroniche (o fotoemissive o fotoioniche), le cellule fotoconduttrici (o fotoresistenti), le cellule fotovoltaiche (o fotogeneratrici o a strato di sbarramento). Basata sul fenomeno della doppia rifrazione artificiale è invece la cellula di Kerr. Senza alcuna relazione con i fenomeni luminosi sono le cellule di filtro, che sono però il quadripolo costituente l'organo elementare del filtro elettrico.

Cellule fotoelettroniche

Sfruttano l'effetto fotoelettrico esterno, cioè l'emissione di elettroni da strati superficiali di un materiale sul quale vengano fatti incidere fasci luminosi di opportuna lunghezza d'onda. Sono sostanzialmente costituite da un'ampolla di vetro nella quale è fatto un vuoto spinto (cellula a vuoto), oppure a gas nobile rarefatto (cellula a gas), contenente due elettrodi, l'anodo, a potenziale più alto, e il catodo (detto fotocatodo), tra i quali è applicata una differenza di potenziale "Per la struttura della cellula fotoelettronica vedi il disegno a pg.133 del 6° volume." . "Per la cellula fotoelettronica vedi schema al lemma del 5° volume." Il fotocatodo è di un metallo sensibilizzato, ossia convenientemente trattato in modo da renderlo particolarmente sensibile a un dato campo di lunghezze d'onda della radiazione luminosa incidente. Tale trattamento consiste nel rivestirne la superficie con uno strato monoatomico di una sostanza elettricamente positiva rispetto al metallo sottostante, come il potassio rispetto all'oro o il cesio rispetto all'argento ossidato. In tali condizioni l'incidenza della radiazione luminosa determina l'emissione di elettroni (fotoelettroni), quindi si innesca una corrente, detta fotoelettronica, di intensità dipendente dalla differenza di potenziale applicata tra anodo e catodo e dal flusso luminoso incidente. La caratteristica di accelerazione "Per l’accelerazione in cellula a vuoto e in cellula a gas vedi gli schemi a pg. 133 del 6° volume." "Per l'accelerazione in cellula a vuoto e a gas vedi schemi al lemma del 5° volume." è il diagramma della corrente, in funzione della tensione anodica, per un dato flusso luminoso incidente. Essa è praticamente costante per le cellule a vuoto e crescente con legge non lineare per le cellule a gas nobile. La caratteristica di illuminazione è, invece, il diagramma dell'intensità di corrente elettrica in funzione del flusso luminoso incidente sul fotocatodo, in regime di saturazione, ossia in assenza di carica spaziale intorno al catodo. I parametri caratteristici di una cellula fotoelettronica sono: la sensibilità, definita come rapporto tra la variazione dell'intensità di corrente e la variazione del flusso luminoso; la prontezza, cioè l'attitudine dell'intensità di corrente anodica a seguire velocemente le variazioni di flusso luminoso; la risposta spettrale "Per la risposta spettrale di due cellule (a) e (b) e nella retina umana (c) vedi lo schema a pg. 133 del 6° volume." , "Per la risposta spettrale di due cellule nella retina umana vedi grafico al lemma del 5° volume." cioè la variazione di sensibilità al variare della lunghezza d'onda della luce incidente, per un dato illuminamento e una data tensione anodica. Le cellule fotoelettroniche sono particolarmente usate come relè, per esempio nei circuiti di allarme e di conteggio; come rivelatori di luce modulata in intensità, per esempio nella riproduzione del sonoro in cinematografia e nella riproduzione di originali nella duplicazione tipo Xerox; come esposimetri in fotometria, in colorimetria e in cinefotografia (vedi anche fototubo). § La cellula fotoelettronica a gas nobile è una classica cellula fotoelettronica riempita di gas, facilmente ionizzabile, a bassa pressione. Gli elettroni, estratti per azione dei fotoni dallo strato fotosensibile, posto all'estremità della cellula, passando attraverso il gas generano ioni per urto. Quindi la corrente che attraversa la cellula quando questa viene illuminata, è trasportata non solo dai fotoelettroni, come nelle normali cellule fotoelettroniche, ma anche dagli ioni generati dal passaggio dei fotoelettroni nel gas. Con questo artificio si riescono a produrre delle cellule in cui, a parità di illuminazione, la corrente è circa 10 volte maggiore di quella delle cellule fotoelettroniche tradizionali. Queste cellule sono particolarmente usate come rivelatori di luce di bassa intensità.

Cellule fotoconduttrici

Dispositivi atti a sfruttare la fotoconduttività, cioè la variazione di conducibilità elettrica "Per la variazione della resistenza vedi lo schema a pg. 134 del 6° volume" "Per la variazione della resistenza vedi schema al lemma del 5° volume." che si osserva in alcuni materiali quando sulla loro superficie incide una radiazione luminosa di determinata lunghezza d'onda o di una stretta banda di lunghezza d'onda. Il materiale fotosensibile può essere un elemento semplice, come selenio, boro, iodio, diamante, germanio, silicio, o composto, come solfuri, seleniti, telluriti di piombo, tallio, cadmio o antimonio. L'elemento fotosensibile fa parte di un circuito elettrico "Per lo schema di cellula fotoconduttrice vedi pg. 134 del 6° volume." "Per lo schema di cellula fotoconduttrice vedi il lemma del 5° volume" comprendente un generatore di forza elettromotrice di alcuni volt; l'incidenza della radiazione luminosa sul materiale determina un brusco aumento della corrente, rilevabile con un galvanometro inserito nel circuito. Le grandezze caratteristiche di queste cellule sono: la sensibilità, definita come rapporto tra variazione di resistenza e corrispondente variazione di illuminamento; la prontezza, cioè la velocità con cui la variazione di resistenza segue la variazione di illuminamento; la risposta spettrale "Per la risposta spettrale vedi lo schema a pg. 134 del 6° volume." , "Per la risposta spettrale vedi schema al lemma del 5° volume." costituita dal diagramma che, per un dato illuminamento, rappresenta la sensibilità in funzione della lunghezza d'onda della luce incidente. Fra le cellule fotoconduttrici sono particolarmente usate quelle al solfuro di cadmio, al solfuro di piombo e al solfuro di antimonio. Le cellule al solfuro di cadmio, usate nelle applicazioni industriali e in cinefotografia (vedi esposimetro) per la loro alta sensibilità nello spettro visibile, sono caratterizzate dalla bassa prontezza e dalla risposta condizionata dalle precedenti esposizioni (fenomeno dell'isteresi) tanto che si hanno anche correnti di buio, cioè produzioni di corrente per valori nulli dell'illuminamento. Le cellule al solfuro di piombo sono invece molto sensibili nel rosso e nell'infrarosso vicino. Le cellule al solfuro di antimonio sono caratterizzate da mancanza di isteresi e da grande prontezza, per quanto siano meno sensibili di quelle al solfuro di cadmio. In generale, comunque, la caratteristica distintiva delle cellule fotoconduttrici è la buona sensibilità all'infrarosso, per cui vengono utilizzate nei microscopi ad alto potere risolutivo e come rivelatori di raggi infrarossi.

Cellule fotovoltaiche

"Per lo schema di cellula fotovoltaica vedi il lemma del 5° volume." Dispositivi in grado di generare una forza elettromotrice se eccitati da una radiazione luminosa "Per lo schema della cellula fotovoltaica vedi pg. 134 del 6° volume." ; sono pertanto delle pile. Il loro funzionamento è sostanzialmente basato sull'effetto fotovoltaico, cioè sul prodursi di una differenza di potenziale nella zona di contatto (detta anche strato di sbarramento, da cui l'altro nome di cellule a strato di sbarramento) tra due semiconduttori di tipo differente (giunzione n-p), o tra un semiconduttore e un metallo "Per l’illuminazione per diversi valori della resistenza vedi lo schema a pg. 134 del 6° volume." , "Per l'illuminazione per diversi valori della resistenza vedi schema al lemma del 5° volume." allorquando tale giunzione venga investita da un fascio luminoso. Sono usati molti tipi di queste cellule che nel loro insieme sono sensibili alla luce di tutto il campo visibile, dall'infrarosso all'ultravioletto. Molto usate nelle applicazioni pratiche sono le cellule a silicio, le cellule a selenio, le cellule a ossido di rame. Le cellule a silicio sono costituite sostanzialmente da una lastrina di silicio che è un semiconduttore di tipo p in superficie e di tipo n all'interno. Le cellule a selenio sono costituite da una lamina di selenio sulla quale è depositato uno strato sottilissimo e trasparente di argento o di alluminio. Le cellule a ossido di rame sono costituite da due elementi a contatto, rispettivamente di ossido e ossidulo di rame. Tra le cellule il cui elemento base è un semiconduttore vi sono le cellule a solfuro di piombo (PbS), le cellule a seleniuro di piombo (PbSe), le cellule ad antimoniuro di stagno (SnSb) e le cellule a solfuro di cadmio (CdS). Nelle cellule a semiconduttore l'incidenza della radiazione sulla giunzione libera elettroni e buche elettroniche: si ha così un campo elettrico che fa fluire una corrente in un circuito esterno, senza necessità di batterie. In generale, la tensione prodotta dipende dalla natura degli elementi a contatto, dalla lunghezza d'onda e dall'intensità della radiazione incidente. A circuito chiuso l'intensità della corrente erogata dipende dall'area della giunzione oltreché, naturalmente, dalla resistenza elettrica del circuito. Le cellule fotovoltaiche sono individuate dalla caratteristica di illuminamento, grafico dell'intensità di corrente in funzione del flusso luminoso incidente sulla giunzione; essa dipende fortemente dalla resistenza del circuito ed è lineare solo per bassi valori della resistenza. Sono usate negli impianti di allarme, come esposimetri in cinematografia, come rivelatori di particelle in fisica nucleare, nelle batterie solari dei satelliti artificiali. Particolarmente importante è l'applicazione nei fotodiodi e nei fototransistori.

Cellula di Kerr

"Per la cellula di Kerr vedi schema al lemma del 5° volume." Dispositivo "Per la cellula di Kerr vedi lo schema a pg. 134 del 6° volume." utilizzato per modulare fasci luminosi, cioè per farne variare quasi istantaneamente l'intensità. È basata sul fenomeno della doppia rifrazione artificiale ed è costituita da un condensatore elettrico ad armature vicinissime, P₁, P₂, immerse in dielettrico trasparente. Il condensatore è posto fra due nicol incrociati N₁, N₂, i cui piani di polarizzazione sono a 45º rispetto alle armature. In tali condizioni un raggio luminoso attraversa longitudinalmente i due nicol solo se fra le due armature è applicata una differenza di potenziale che crei una data intensità di campo elettrico. La differenza di potenziale quindi modula l'intensità luminosa. La cellula di Kerr è usata nella registrazione ottica del suono.

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