Lessico

sm. [sec. XIII; dal greco chorós, luogo dove si danza, coro della danza, tramite il latino chorus].

1) Nell'antico teatro greco, il complesso dei danzatori; il canto e la danza da esso eseguiti; il luogo stesso dell'esecuzione.

2) Unione di più cantori che eseguono simultaneamente uno stesso brano musicale, intonandolo all'unisono o armonicamente; più genericamente, gruppo di persone che cantano insieme. Anche componimento musicale per coro, canto eseguito da più voci: cantare in coro; maestro del coro; un coro molto affiatato; il coro muto della “Butterfly”. Per estens., gruppo di strumenti che cooperano nell'esecuzione di un brano musicale.

3) Canto o verso di più animali insieme: un coro di grilli. Fig., insieme di persone che dicono la stessa cosa, che parlano o gridano contemporaneamente, che esprimono la loro concorde opinione; insieme di suoni, di parole pronunciate simultaneamente: un coro di fanciulli che urlano; fra un coro di proteste, di fischi, di consensi. In alcune loc.: rispondere in coro, a una voce, insieme; far coro a qualcuno, mostrare di condividere le sue opinioni ripetendo quel che ha detto.

4) Stuolo, schiera: il coro delle Muse;cori angelici, i nove ordini in cui sono divisi gli angeli.

5) Nelle chiese cattoliche, lo spazio riservato ai cantori, situato dietro l'altare principale e provvisto di stalli; anche l'insieme degli stalli.

6) Lett., insieme di cose disposte in cerchio.

Teatro

Il coro è, agli inizi, l'unico attore, poi l'unico interlocutore dell'attore nella tragedia; ma via via diminuisce la sua importanza, già con Sofocle ed Euripide. Così, pure nella commedia attica antica il coro anima la scena soprattutto nella discussione col pubblico durante la parabasi, mentre scompare quasi nella commedia nuova. Il coro tragico era composto da 12 elementi – portati a 15 da Sofocle – che, con un corifeo, si dividevano in 2 semicori e si disponevano quasi certamente in formazione rettangolare su più file. Dopo l'entrata (parodo), si tenevano appartati, eseguendo solo rapidi interventi; e a scena vuota, tra gli atti, sviluppavano poi la coreografia con canti anche assai estesi e movimenti di forte emotività (la danza della tragedia era la composta “emmèleia”). Alla fine si allontanavano cantando l'esodo, una melodia di solito molto semplice, eseguita su aulo o cetra. Il coro comico era assai più scomposto: contava 24 coreuti che danzavano il vivace “kòrdax”, con un abbigliamento simile a quello dell'attore oppure fantastico e zoomorfo. Nel teatro latino il coro ebbe funzione quasi esclusivamente spettacolare; guidato da un corifeo chiamato magister chori, agiva a diretto contatto con gli attori ed entrava e usciva dalla scena secondo la logica della rappresentazione. Il teatro moderno ha affidato le funzioni del coro a singoli personaggi relativamente staccati dal contesto (che possono chiamarsi coro, come in Enrico V di Shakespeare, o avere un normale stato civile, come in Così è se vi pare o in Zoo di vetro) o a un gruppo di personaggi che esemplificano una classe sociale (come in Brecht), una generazione, ecc. Più rari i tentativi di esumare il coro greco nella sua veste originaria (per esempio, le donne di Canterbury in Assassinio nella cattedrale).

Musica

Il canto in coro fu diffuso nelle forme più primitive di civiltà musicali con significato religioso e rituale. Di esso rimase il segno, oltre che nell'uso del coro nella tragedia greca, in forme di lirica corale collegate a importanti cerimonie. È presumibile che nelle civiltà antiche il coro fosse impiegato solo per un canto monodico, e altrettanto si può dire per le varie forme del canto cristiano liturgico. Alla Chiesa e alle scholae cantorum sono legate quasi tutte le testimonianze di musica corale a noi giunte dal Medioevo, e in ambito ecclesiastico nacquero i primi esempi di polifonia e si svilupparono l'Ars antiqua e l'Ars nova. Dall'Ars antiqua a tutto il Rinascimento la storia della musica corale, che fu al centro di tutta la vita musicale, coincise con quella della polifonia vocale sacra e, in gran parte, profana. L'avvento della monodia e dei nuovi generi connessi (oratorio, cantata, melodramma) condusse nell'Italia barocca a una decadenza della musica per coro, particolarmente notevole nel sec. XVIII; non altrettanto avvenne però in Germania, dove il coro rimase componente essenziale della musica sacra luterana, in Bach, negli oratori di Händel e, più tardi, in quelli di Haydn e in Mozart, mentre Gluck, nella sua riforma del melodramma, restituì al coro una posizione di primo piano. All'opera è legata anche la nuova importanza che il coro assunse in Italia nel sec. XIX, con Rossini e soprattutto con Verdi; esso trovò tuttavia più largo impiego negli altri Paesi europei: con la 9 Sinfonia di Beethoven nacque il genere nuovo della sinfonia corale; gli autori romantici si dedicarono inoltre a Lieder corali o a vaste composizioni per soli, coro e orchestra (Berlioz, Schumann, Liszt, Mendelssohn, poi Bruckner e Brahms). Notevole importanza ha avuto il fiorire di studi sulla polifonia rinascimentale e il ritorno a essa: fenomeno che si è esteso al secolo attuale, in cui d'altra parte il rinnovamento del linguaggio musicale ha investito anche il coro (particolarmente significative le opere di Hindemith, Stravinskij, Schönberg e Webern). L'esempio degli ultimi due influisce su Dallapiccola e, in forma meno diretta, sulle esperienze dei maggiori rappresentanti dell'avanguardia. Un nuovo impulso alla musica per coro è venuto, nella seconda metà dell'Ottocento, dalla fioritura delle scuole nazionali e dal loro ricollegarsi al canto popolare, con esiti particolarmente significativi in Musorgskij e altri compositori russi e, nel Novecento, in Janáček, Kodály, Bartók, Prokofev.

Architettura

Il coro ebbe già nelle prime chiese cristiane funzione di rilievo per l'importanza assunta dalla musica come accompagnamento della liturgia. In questo periodo la schola cantorum già figurava davanti all'altare maggiore. Contemporaneamente, il coro si configurò nella sua precisa fisionomia quale organismo architettonico e si diffuse l'impiego degli stalli, destinati ad assumere nel tempo forme monumentali e caratteri artistici mediante l'opera di decorazione con intagli e intarsi. Tra i maggiori esempi in Italia, ricordiamo i cori del duomo di Orvieto (sec. XIV), del duomo di Perugia (sec. XV), della Certosa di Pavia, della chiesa di S. Maria della Salute a Venezia (sec. XVII) e del duomo di Asti (sec. XVIII).

Per il teatro e la letteratura

A. M. Dale, Lyric Metees of Greek Drama, Cambridge, 1948; M. Untersteiner, Le origini della tragedia del tragico, Torino, 1955; C. M. Bowra, Greek Lyric Poetry, Oxford, 1961; H. Patzer, Die Anfänge der griechischen Tragödie, Wiesbaden, 1962; G. A. Livraga, Il teatro misterico in Grecia. La tragedia, Pisa, 1988.

Per la musica

G. Schünemann, Führer durch die deutsche Chorliteratur, Wolfenbüttel, 1933-36; K. Thomas, Lehrbuch der Chorleitung, 3 voll., Lipsia, 1946; F. Raugel, Le chant coral, Parigi, 1948; W. Ehmann, Die Chorführung, Kassel, 1950; A. Zecchi, Il coro nella storia, Bologna, 1982.

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