callotipìa

sf. [callo-+-tipia]. Procedimento fotografico negativo-positivo, detto anche talbotipia, scoperto da W. H. Fox Talbot e Hippolyte Bayard e messo a punto tra il 1834 e il 1841, anno in cui venne brevettato dalla Società francese di fotografia. È stato il maggior concorrente della dagherrotipia fino all'introduzione delle lastre al collodio dopo il 1850. Il procedimento consisteva nello sviluppo, con una soluzione di nitrato d'argento e acido gallico, dell'immagine latente formata dall'azione della luce su una carta impregnata di cloruro d'argento. La negativa così ottenuta veniva stabilizzata per immersione in una soluzione di ioduro di potassio oppure fissata in una soluzione di tiosolfato di sodio, secondo il suggerimento dell'astronomo W. Herschel (stabilizzazione e fissaggio). La positiva veniva ottenuta mediante stampa a contatto della negativa, a volte resa trasparente con della cera su un uguale foglio di carta clorurata.

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