carbónchio o carbònchio

Indice

Lessico

sm. [sec. XIII; latino carbuncŭlus, dim. di carbo -ōnis, carbone].

1) Malattia infettiva acuta, comune all'uomo e ad alcuni animali (specialmente bovini, ovini, equini e suini). È detta anche antrace.

2) In patologia vegetale, lo stesso che carbone.

3) Ant., carbuncolo.

4) Ant., pustola, foruncolo.

Medicina

Nell'uomo il carbonchio , il cui agente patogeno è il Bacillus anthracis(anche sotto forma di spore), si ingenera per contatto diretto con animali infetti o con prodotti industriali di origine animale contaminati. La forma più comune è quella cutanea, caratterizzata da papula pruriginosa, che si indurisce ai margini mentre al centro si trasforma in vescicola e quindi in escara (detta anche antrace), seguita poi tutt'intorno da altre pustole. In genere l'infezione regredisce spontaneamente e solo in taluni casi (edema maligno) può aggravarsi. Nella forma setticemica, molto più grave della precedente, compaiono febbre elevata, compromissione renale e del sistema nervoso; nella forma polmonare, spesso fatale, dovuta all'inalazione (o all'ingestione attraverso il meccanismo dito/bocca) di spore del Bacillus anthracis, i sintomi di esordio sono simili a quelli dell'influenza. Possono pertanto comparire brividi, affanno, sudorazione, dispnea, cianosi, tosse e febbricola. Quest'ultima, contrariamente a quanto accade nell'influenza, dopo due-tre giorni invece di decrescere aumenta. Nella forma intestinale, dovuta all'ingestione di carni di animali affetti da carbonchio, si hanno invece coliche addominali, diarrea ematica, vomito e collasso. Data la gravità che assumono le ultime tre forme, è della massima importanza la profilassi. Attualmente questa trae vantaggio dall'utilizzazione di un vaccino anticarbonchioso, costituito da un filtrato di colture del bacillo che richiede numerose somministrazioni per garantire un'efficace protezione ed è destinato ai soggetti ad alto rischio. Tale vaccino ha fatto diminuire la frequenza della malattia nell'uomo. La terapia si avvale della somministrazione di siero anticarbonchioso insieme ad antibiotici come la penicillina, la tetraciclina, l'eritromicina, la ciprofloxacina e il cloramfenicolo. Un tempo il carbonchio era malattia professionale dei veterinari, dei cardatori di lana, dei macellai, dei pastori e dei conciatori di pelli, ma, date le migliorate condizioni igieniche e le opportune misure di prevenzione, fin dalla seconda metà del sec. XX nei Paesi industrializzati i casi di carbonchio, persino tra gli animali, erano divenuti rarissimi. Purtroppo il timore dell'infezione è ricomparso dopo l'attentato terroristico dell'11 settembre 2001 che ha distrutto le Torri Gemelle a New York: con alcune spore di Bacillus anthracis, infatti, usate come armi batteriologiche, sono state volontariamente contaminate delle lettere inviate alle principali istituzioni statunitensi.

Veterinaria

Si distinguono il carbonchio ematico o antrace e il carbonchio sintomatico. Il carbonchio ematico, causato dal Bacillus anthracis, germe produttore di spore resistentissime agli agenti fisici e chimici che restano vitali nel terreno e nei prodotti animali per decenni, colpisce ovini, bovini, equini e suini e può trasmettersi all'uomo. Resistenti al germe sono gli uccelli e i carnivori, assolutamente refrattari gli animali a sangue freddo. Il Bacillus anthracis è di forma bastoncellare, Gram positivo, sporigeno e si coltiva sui comuni terreni di coltura (agar agar e brodo). Il germe è diffuso attraverso il contatto con gli animali o i loro prodotti in quelle nazioni dove non vengono messi in atto interventi che prevengono l'esposizione industriale o agricola a pecore, capre, bovini ed equini infetti, come per esempio in India, Africa, America Meridionale; la diffusione in queste regioni è favorita dalle condizioni ambientali caldo-umide. L'infezione generalmente avviene per ingestione, per via respiratoria e per via cutanea, attraverso lesioni della pelle. La malattia ha un periodo di incubazione di ca. due settimane: nel punto di ingresso del germe si forma un edema da cui i germi, attraverso i vasi linfatici, raggiungono il circolo sanguigno dove continuano a moltiplicarsi portando a morte l'animale per setticemia. Nella forma iperacuta l'animale presenta edemi, emorragia dal naso e dalla bocca e muore in qualche ora; nella forma acuta ha tremori, diarrea emorragica, edema in alcune parti del corpo e muore in 2-4 giorni. Particolare importanza riveste la profilassi con vaccinazione preventiva degli animali, distruzione delle carcasse e delle carni di quelli colpiti, disinfezione dei locali, deviazione delle acque di conceria, distruzione dei pascoli infetti. La terapia può essere effettuata con antibiotici e sieri immuni. Il carbonchio sintomatico è sostenuto dal Bacillus Chauvoei, germe a forma bastoncellare, Gram positivo ma tendente a Gram negatività nelle colture vecchie, strettamente anaerobio e, sporigeno (in culture molto giovani è mobile per la presenza di ciglia peritriche). La malattia è molto diffusa e si verifica specialmente nei pascoli permanenti inquinati dal Bacillus Chauvoei e dalle sue spore: la lavorazione del terreno può però ridurre il rischio di insorgenza. Colpisce soprattutto i giovani bovini e in minor misura ovini e caprini; provoca febbre alta, arresto della ruminazione, zoppicamento, tumefazioni; il decorso è di 1-3 giorni e termina di regola con la morte. Nei bovini sembra che l'infezione avvenga per via digerente: nell'intestino il germe si moltiplica e passa quindi in circolo, per localizzarsi nei muscoli e nel fegato. Negli ovini l'insorgenza della malattia si ha attraverso ferite (taglio della coda, tosatura, ecc.); i germi localizzati nelle ferite si moltiplicano e determinano fenomeni necrotici per effetto delle tossine; il muscolo circostante il punto d'ingresso del bacillo diviene spugnoso e crepitante. Quindi si ha una tossiemia letale con lesioni a carico dei visceri e del miocardio. La terapia può essere effettuata per mezzo di sieri iperimmuni e antibiotici (penicillina, tetraciclina). Poiché entrambe queste malattie sono contagiose, la legge prescrive che il bestiame infetto venga isolato e ne venga fatta denuncia alle autorità veterinarie.

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