Lessico

agg. (pl. m. -chi) [sec. XIII; da cavaliere].

1) Relativo all'istituzione medievale della cavalleria: stemmi cavallereschi; codice cavalleresco, testo che codifica la condotta in base ai principi della cavalleria, specialmente le questioni d'onore. In particolare, che narra le imprese leggendarie dei cavalieri medievali: romanzo, poema cavalleresco.

2) Relativo al titolo nobiliare o all'onorificenza moderna di cavaliere: ordini cavallereschi.

3) Fig., conforme all'ideale morale degli antichi cavalieri; degno di un cavaliere; nobile, cortese, generoso: gesto cavalleresco; modi cavallereschi, da perfetto gentiluomo; persona cavalleresca, d'animo nobile, magnanima.

Letteratura: il genere cavalleresco

Si distingue da ogni altro genere letterario perché ha una tematica strettamente legata al grande fenomeno medievale della cavalleria e quindi al rigoroso codice proprio dell'aristocrazia militare e feudale francese del sec. XI. Importanti manifestazioni di questa letteratura epica si ebbero anche nei secoli successivi, ma con caratteri profondamente diversi. La primitiva letteratura cavalleresca ha inizio con la famosa Chanson de Roland (Canzone di Orlando) che ebbe un immediato successo in tutta l'Europa. Dalla Chanson de Roland nacque un nuovo genere letterario, quello delle “canzoni di gesta” entrate a far parte del ciclo carolingio, di cui restano vari esempi importanti. Fra i primi ricordiamo la Chanson de Guillaume o de Willame (Canzone di Guglielmo), che ebbe una straordinaria risonanza, tanto che ispirò altre due canzoni ( e Chevalerie Vivien) e in seguito, nel Duecento e oltre, generò un vero e proprio ciclo (Geste de Garin de Monglane) che in una quindicina di canzoni illustrò le imprese di tutto il lignaggio di Guglielmo d'Orange, da Garin a Hernaut de Balande, ad Aymeri de Narbonne (Amerigo di Narbona) suo nipote ecc. L'altro filone nato direttamente dalla Chanson de Roland è la Chanson de Gormont et Isembart, opera di pura invenzione sul tema dei guerrieri ribelli al re, com'è del resto, posteriore di poco, la Geste de Doon de Mayence (Gesta di Doon de Mayence), intorno al quale agiscono alcuni eroi minori (Girart de Roussillon, Renaut de Montauban, Raoul de Cambrai). Quando i giullari si impossessarono della materia carolingia, comparirono alcune canzoni di gesta, come il Pèlerinage de Charlemagne (Pellegrinaggio di Carlomagno) in cui appaiono elementi caratteristici della poesia giullaresca: la caricatura, gli accenni maliziosi, la satira spinta fino alla parodia. Nella tradizione della Chanson de Roland vanno ricordate altre due canzoni: il Coronement Loois, che ha come protagonista Guglielmo d'Orange ed è uno sviluppo della Chanson de Guillaume, come rappresentazione della monarchia in decadenza a causa dell'infedeltà dei feudatari e della pretesa clericale di sottomettere l'autorità laica, e la canzone di Raoul de Cambrai, un riflesso della lotta tra feudatari per l'ereditarietà dei feudi. Nel sec. XII e poi nel XIII, sia il ciclo carolingio sia quello di Guglielmo ebbero innumerevoli sviluppi: il primo mantenendo vivo il “tema del re” ne Li quatre fils Aymon, Huon de Bordeaux, Berte au grand pied (Berta dal gran piè), Mainet, Macaire ecc.; il secondo sviluppando i temi della Chanson de Guillaume e narrando i vari momenti della vita di Guglielmo, conosciuto anche come Fierabras o Guglielmo dal naso corto (Les enfances Guillaume; Le moniage Guillaume; Le charroi de Nîmes; La prise d'Orange, ecc.). Anche la storia di Ogier de Danemarke dette vita a un ciclo in cui predomina il tema del vassallo ribelle: ispirato da un aneddoto del De gestis Caroli Magni del monaco di San Gallo (884-887), questo personaggio, che appare già nella Chanson de Roland, ispirerà a sua volta leggende danesi (Holger Danske og Burmand; Staerk Didrik og Holger Danske), oltre a una cronaca del 1534 (Holger Danskes Krönike, di Kr. Pedersen) e un poema romantico (Holger Danske, di B. S. Ungermann). Nel sec. XII gli ideali cavallereschi subiscono in Francia l'influsso potente della materia cortese e degli eroi del ciclo brettone di provenienza provenzale, attraverso i quali si esaltano i valori individuali della personalità e soprattutto il sentimento amoroso. I nuovi ideali sono quelli elaborati dai trovatori provenzali, in primo luogo da Guglielmo IX d'Aquitania e da Bernard de Ventadorn. La nipote di Guglielmo, Eleonora (che divenne sposa di Luigi VII, ripudiata da questi, sposò Enrico II d'Inghilterra), diffuse alle corti francese e inglese questo nuovo gusto e poi le figlie di lei – Maria che andò sposa al conte di Troyes in Champagne e Alice che sposò il conte di Blois – mantennero vivo il mondo poetico “cortese”. Fu proprio alla corte di Champagne che operò Chrétien de Troyes, una delle più grandi figure del Medioevo europeo: a lui si deve la creazione del “romanzo cortese” e di quelle affascinanti figure – Lancelot, Yvain, Cligès, Perceval – che rappresentano il tipo del cavaliere avventuroso, ricreato ed esaltato nel secolo scorso dai romantici. Alla corte di Eleonora di Aquitania visse e operò anche Thomas, che trattò la storia di Tristano e Isotta, il cui tema d'amore e di morte, che è forse la creazione più suggestiva dell'antica letteratura francese, fu poi ripreso da molti altri poeti. I migliori testi tristaniani sono quattro: quello di Thomas, quello di Béroul, dei quali ci sono pervenuti frammenti; La folie Tristan, un poema di cui ci sono giunte due redazioni; il breve Lai dou Chevrefoil (Lai del caprifoglio) di Marie de France. Anche Chrétien de Troyes scrisse un romanzo su re Marco e Isotta la bionda, ma non ci è pervenuto.

Letteratura: il genere cavalleresco in Germania e in Inghilterra

Da questa materia, le cui fonti remote possono essere rintracciate nella Historia regum Britanniae (1135-39) di Goffredo di Monmouth, in Germania, oltre alle diverse imitazioni delle canzoni di gesta carolinge, si ebbe un genere di narrazione dal fondo etico-religioso (Erec di Hartmann von Aue, 1160-1215; Parzival di Wolfram von Eschenbach, 1170-1220, autore anche degli incompiuti Willehalm e Titurel; Tristan und Isolde, poema incompiuto di Goffredo di Strasburgo). § In Inghilterra, dove resiste a lungo un tipo di cultura francese, i racconti cavallereschi ripropongono la materia arturiana (Roman de Brut di Wace, il Brut di Layamon, il Bruce scozzese).

Letteratura: il genere cavalleresco in Italia

In Italia, dopo gli esempi franco-veneti, gli unici documenti cavallereschi di una qualche originalità sono L'entrée de Espagne di Minocchio, un ignoto padovano, e La prise de Pampelune del suo continuatore Niccolò da Verona. Giungono anche da noi, in numerosi rifacimenti, le leggende dei cavalieri della Tavola Rotonda (Rustichello da Pisa) e poi, nei sec. XIV e XV, appaiono un Buovo d'Antona, un Rinaldo, ecc., il Brito di Britannia, il Lancillotto, il Tristano di Antonio Pucci, il Guerrin Meschino, le Storie narbonesi, i Reali di Francia di Andrea da Barberino (1370-1431/33); il Morgante di Luigi Pulci, che si avvale di umori popolareschi, l'Orlando innamorato del Boiardo, l'Orlando furioso dell'Ariosto, poemi in cui la materia cavalleresca è trasfigurata in un linguaggio e in una forma poetica unica e irripetibile. Con il Rinaldo e la Gerusalemme liberata di T. Tasso si ripropongono temi e personaggi cavallereschi, ma nel secolo successivo si giunge alla parodia di quella materia nei vari poemi eroicomici (La secchia rapita di A. Tassoni; Il Malmantile racquistato di L. Lippi, il Poemone di P. de' Bardi, La Franceide di G. B. Lalli, Il catorcio d'Anghiari di F. Nomi ecc.).

Letteratura: il genere cavalleresco in Spagna

In Spagna, l'epopea castigliana ha origine francese. Il più antico poema epico cavalleresco certamente iberico è il Cantare del Cid (ca. 1140), esaltante l'eroe nazionale della lotta contro i Mori, Rodrigo Díaz de Vivar (el Cid Campeador); della leggenda dei Siete Infantes de Lara e delle Gesta de Sancho II de Castilla restano solamente pochi frammenti, ma nel 1508 Garci Rodríguez od Ordóñez de Montalvo pubblica l'Amadís de Gaula (Amadigi di Gaula) che è il più famoso romanzo cavalleresco spagnolo. E non vanno dimenticati il ciclo di Palmerín e El caballero Cifar (Il cavaliere Cifar). Miguel de Cervantes Saavedra, con la sua amara ironia, chiude definitivamente col Don Quijote (Don Chisciotte) la ormai esausta serie dei romanzi e poemi cavallereschi.

H. Hauvette, L'Ariosto et la poésie chevaleresque à Ferrara au début du XVI siècle, Parigi, 1927; E. Carrara, Da Rolando a Morgante, Torino, 1932; G. Bertoni, La Chanson de Roland, Firenze, 1935; M. Catalano (a cura di), La Spagna in rima, Bologna, 1939-40; A. Viscardi, Letteratura franco-italiana, Modena, 1944; idem, Storia delle letterature d'oc e d'oil, Milano, 1959; “Le Muse”, vol. III (alla voce “Cavalleresca, poesia-”), Novara, 1965.

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