Descrizione generale

sf. [sec. XVI; da chimico]. Scienza che studia le proprietà, la composizione e la struttura delle sostanze costituenti la materia; si occupa inoltre delle trasformazioni che queste subiscono e delle leggi che le regolano. Il continuo progresso delle conoscenze ha determinato una complessa suddivisione della scienza chimica in numerosi indirizzi che si differenziano notevolmente per gli scopi e le modalità teorico-pratiche di ricerca. Tradizionalmente la chimica viene divisa nei seguenti rami: chimica generale, che tratta i principi e le leggi fondamentali della chimica e come tale è oggi sostituita dalla chimica fisica, pur conservando ancora valore propedeutico e didattico. Chimica inorganica, che si occupa delle proprietà e dei metodi di preparazione dei composti inorganici. Chimica organica, che studia i composti del carbonio (a eccezione di alcuni, per esempio gli ossidi, per tradizione inseriti nella chimica inorganica) che in origine erano ritenuti tipici del mondo vivente e non riproducibili sinteticamente. Sebbene questa limitazione sia da tempo caduta, rimane valida la divisione della chimica organica dall'inorganica date le particolari proprietà del carbonio e dei suoi composti. Chimica fisica, che ricerca i principi fondamentali della chimica utilizzando i metodi matematici e gli strumenti della fisica; si occupa in particolare delle trasformazioni chimiche e degli scambi energetici che vi intervengono, delle interazioni tra energia e materia; studia la struttura intima e le proprietà della materia allo stato atomico e molecolare. La chimica fisica o fisico-chimica si divide a sua volta in diversi settori di cui i principali sono: strutturistica, cinetica chimica, termodinamica chimica, termochimica, elettrochimica, fotochimica, ecc. Chimica nucleare, che studia la sintesi degli elementi transuranici, le proprietà e le reazioni degli isotopi e i mutamenti che le reazioni nucleari portano alle specie chimiche. Chimica teorica, che si può considerare come un ulteriore sviluppo della chimica fisica di cui interpreta le leggi in base ai concetti della meccanica quantistica. Chimica applicata, che tratta le applicazioni della chimica ai più diversi campi della tecnica e dell'attività umana; si suddivide in numerosi rami: chimica agraria, merceologica, metallurgica, terapeutica, ecc. Chimica analitica, che si occupa dell'analisi quantitativa e qualitativa dei composti chimici e delle corrispondenti tecniche analitiche. Una branca di carattere più propriamente applicativo è la chimica farmaceutica, che ha per oggetto lo studio delle sostanze medicamentose minerali e organiche, naturali e sintetiche. Essa stabilisce inoltre i criteri di purezza e i requisiti che i farmaci devono possedere per l'impiego. Tradizionalmente è a essa abbinata la chimica tossicologica che si occupa delle caratteristiche delle sostanze tossiche, del loro isolamento, riconoscimento e dosaggio quando siano state introdotte incidentalmente nell'organismo. Chimica industriale, che studia i processi e gli impianti necessari per la produzione industriale di composti naturali e di sintesi. Chimica macromolecolare, che si occupa delle proprietà e delle applicazioni dei composti macromolecolari; è una parte della chimica in grande sviluppo sia per le importanti acquisizioni che ha portato in campo biologico (chimica biologica o biochimica), sia per il grande interesse industriale legato a queste sostanze (materie plastiche, fibre sintetiche, gomme, ecc.). Chimica sopramolecolare, che studia la struttura e le proprietà di entità, denominate sopramolecole o supermolecole, costituite dall'associazione di due o più molecole mediante legami di tipo non covalente. Responsabili della formazione e della stabilità delle supermolecole sono perciò forze di Van der Waals, legami idrogeno e interazioni elettrostatiche. La chimica sopramolecolare si differenzia in ciò dai tradizionali campi della chimica molecolare e della chimica macromolecolare. Con l'avvento di questo nuovo settore, il campo di indagine della chimica si è esteso “al di là della molecola”, aggiungendo allo studio dell'assemblaggio di atomi in molecole quello dell'assemblaggio di molecole in supermolecole. Chimica oceanografica, settore della chimica che studia la composizione delle acque marine e la distribuzione dei composti in relazione alla dinamica delle masse d'acqua e agli scambi che avvengono nel corso dei cicli biogeochimici. Accanto a questa vi sono altre numerose divisioni e suddivisioni delle scienze chimiche che si riferiscono più specificamente a settori in più rapido sviluppo: strutturistica, sintesi, dinamica chimica, chimica delle fermentazioni e biotecnologie, chimica delle superfici, chimica teorica, chimica nucleare.

Cenni storici: le origini

L'interesse per la natura e le trasformazioni delle sostanze naturali è all'origine della chimica e ha le sue lontane radici nelle prime tecniche artigianali e nelle antiche speculazioni filosofico-naturali. Importanti furono la metallurgia, la produzione di vasellami e la loro vetrificazione; a ciò si aggiunse il trattamento di sostanze animali e vegetali per derivarne farmaci, profumi e soprattutto colori. Come per l'agricoltura e la medicina, anche per queste lavorazioni si giunse a stabilire una corrispondenza magico-religiosa con i grandi eventi naturali. Nella civiltà babilonese i sette corpi celesti (Terra, Luna e i cinque pianeti conosciuti) si evolvono insieme ai sette metalli della Terra, alle sette parti del corpo umano, ai sette colori e ai sette giorni della settimana. Nella filosofia greca si cercò di individuare i costituenti stabili delle cose e di spiegare come essi producono il flusso osservabile degli eventi. I quattro elementi di Empedocle (acqua, terra, aria e fuoco), i numeri dei pitagorici, gli atomi di Democrito venivano proposti come i fattori fondamentali della natura. Platone riconduce i quattro elementi a quattro tipi di particelle elementari di forma geometrica diversa, composte di triangoli, mentre per Aristotele i corpi differiscono nelle qualità e nelle funzioni. Un'unica materia può assumere forme diverse e i quattro elementi sono prodotti dalle quattro qualità, due attive (caldo e freddo) e due passive (umido e secco). Per gli stoici le proprietà dei corpi non sono determinate dai loro componenti ma da una particolare tensione dovuta al principio divino del pneuma. Le teorie dei filosofi greci non erano tuttavia in grado di spiegare i processi di natura chimica oggetto delle tecniche artigianali. Ad Alessandria, soprattutto all'inizio dell'era cristiana, si sviluppò l'alchimia, una concezione della trasformazione dei corpi che coinvolgeva tecniche artigianali, teorie filosofico-naturali e il motivo religioso della salvazione. Di derivazione aristotelica fu uno dei principi assunti dall'alchimia, quello fisiologico dello sviluppo organico, per cui anche i minerali nascono e crescono nel grembo della terra, e compito dell'alchimista è di riprodurre rapidamente questo processo nel grembo artificiale di un matraccio o di un crogiolo. Un altro motivo della filosofia alessandrina presente nell'alchimia fu quello del perfezionamento e della salvazione religiosa ottenuti con il distacco dell'anima dal corpo; se anche le sostanze materiali hanno un pneuma, una componente attiva che ne determina forma e qualità, è allora possibile separare dai corpi la loro essenza, il loro “spirito”, mediante combustione, distillazione, sublimazione, ecc., accompagnate da pratiche magico-religiose. Fra gli spiriti o principi dei metalli molti ponevano il mercurio e lo zolfo; il primo ne condiziona la liquefazione e il secondo, quale principio dell'infiammabilità, lo stato rosso rovente.

Cenni storici: il Medioevo e il Rinascimento

La tradizione alchimistica fiorì per tutto il Medioevo nel mondo arabo e dal sec. XII si diffuse nel mondo cristiano. Nel tardo Medioevo si poteva contare sulla produzione di molte nuove sostanze di rilevante importanza, quali gli acidi minerali nitrico e solforico, l'alcol (aqua vitae) usato come farmaco e, soprattutto, la polvere da sparo proveniente dalla Cina, che testimonia l'importanza assunta dalle tecniche chimiche in questo Paese. Nel Rinascimento accanto all'alchimia comparvero, spesso in lingua volgare, autonome trattazioni sulla tecnica della distillazione (H. Brunschwig), sull'arte mineraria e metallurgica (V. Biringuccio e G. Agricola) in cui si riconosce il linguaggio di un nuovo mondo artigianale più legato all'osservazione che alla tradizione dotta. Con il passato voleva rompere anche il medico Paracelso, che pose la chimica alla base della medicina aprendo il nuovo indirizzo della iatrochimica. Preparò nuovi farmaci di natura minerale e ammise accanto ai principi tradizionali (zolfo e mercurio) un terzo principio, il sale, costitutivo della terrosità, della resistenza al fuoco. Essi corrispondevano a spirito, anima e corpo ma anche ai tre stati, gassoso, liquido e solido, osservabili nella distillazione. Alla fine del sec. XVI A. Libavius compilò una sintesi efficace dei procedimenti chimici del suo tempo.

Cenni storici: il Seicento

Nella prima metà del sec. XVII l'interesse per la preparazione di nuovi prodotti prevalse nelle opere di J. Béguin e J. R. Glauber, mentre J. B. van Helmont concluse in modo fecondo la tradizione alchimistica. Fondandosi su alcuni esperimenti, sostenne che l'acqua è la base materiale di tutti i corpi (eccetto l'aria), il cui sviluppo avviene per effetto di un interno principio formativo (archeus). Le sostanze, bruciando, liberano questo principio che organizza l'acqua in vari tipi di gas, fra i quali egli riconobbe il gas silvestre (anidride carbonica) prodotto nell'effervescenza che si genera dall'incontro di acidi e alcali. F. Sylvius de la Böe estese quest'ultima concezione sostenendo che tutti i fenomeni possono essere spiegati in base all'antagonismo di due principi generali, acido e alcali. Assai diffusa fu anche la teoria di J. Mayow secondo cui combustione e respirazione sono possibili per la presenza nell'aria di un costituente attivo che chiamò spirito nitroaereo, lo stesso presente nel salnitro, responsabile anche di alcuni fenomeni meteorologici, quali il fulmine e la neve. Nel sec. XVII la chimica veniva a inserirsi nella nuova concezione meccanicistica e atomistica dei fenomeni naturali (D. Sennert, J. Jungius). Compì quest'opera R. Boyle, considerato il primo fra i grandi chimici moderni. Nella sua opera più nota, The Sceptical Chymist, formulò una critica radicale della tradizionale teoria aristotelica dei quattro elementi e di quella paracelsiana dei tre principi, sostenendo una concezione corpuscolare della materia, e asserì che scopo fondamentale della chimica non sta nella ricerca dei principi e delle essenze bensì nello studio della composizione dei corpi.

Cenni storici: il Settecento

La teoria corpuscolare tuttavia non era sufficiente a dare un'interpretazione adeguata dei fenomeni chimici, specie quelli della combustione e della calcinazione, e ciò diede luogo nel sec. XVIII all'ideazione della cosiddetta teoria del flogisto, formulata da E. Stahl all'inizio del secolo, che svolse una funzione unificatrice delle varie ricerche chimiche. Stahl postulò l'esistenza in tutte le sostanze combustibili di un principio, il flogisto, che si libera durante la combustione e la calcinazione. I corpi come il carbone, che bruciano senza lasciare un residuo apprezzabile, erano supposti i più ricchi in flogisto, contrariamente ai metalli che, per effetto della calcinazione, lasciano un notevole residuo di calce; questa, trattata fuori del contatto dell'aria con carbone, rigenerava il metallo. L'affermazione che in queste reazioni si perdesse un costituente delle sostanze contrastava col fatto, accertato da vari ricercatori, che le calci pesassero più dei rispettivi metalli; ciò tuttavia fu spiegato ammettendo un peso negativo del flogisto. Decisivo per il superamento di questa teoria fu lo studio dei gas, o chimica pneumatica, svolto a fondo in questo periodo da numerosi ricercatori. S. Hales all'inizio del secolo aveva trovato il modo di raccogliere i gas facendoli gorgogliare attraverso il liquido di una bottiglia rovesciata. Fu l'inglese J. Black a individuare l'anidride carbonica come una sostanza distinta chimicamente dall'aria che si liberava dal carbonato di calcio riscaldandolo e che poteva di nuovo essere fissata dalla calce riproducendo carbonato e perciò chiamata “aria fissa”. Nel 1766 H. Cavendish individuò l'idrogeno, nel 1772 D. Rutherford l'azoto e negli anni 1769-74 C. W. Scheele e J. Priestley l'ossigeno. Questi e altri importanti risultati dell'analisi chimica, interpretati spesso erroneamente nei termini della teoria del flogisto, trovarono una nuova e rivoluzionaria sistemazione con l'opera di A. Lavoisier che, per le innovazioni introdotte nella metodologia di ricerca e nell'elaborazione teorica dei dati, è considerato l'iniziatore degli studi di chimica su basi propriamente scientifiche. Egli assunse esplicitamente il principio di conservazione delle masse delle sostanze interagenti e diede l'esatta spiegazione della combustione come processo di combinazione della sostanza combustibile con una parte dell'aria. A seguito degli studi di Priestley stabilì che tale parte di aria è costituita di ossigeno e dal 1783 attaccò decisamente la teoria del flogisto quale entità del tutto fittizia. Chiarita la natura della combustione e precisata la nozione di elemento quale sostanza non ulteriormente scindibile in laboratorio con i mezzi a sua disposizione, Lavoisier elaborò una classificazione generale delle sostanze chimiche nella quale attribuì all'ossigeno un ruolo dominante. Considerò infatti gli acidi come sostanze la cui proprietà generica (acidità) è dovuta all'ossigeno, mentre quella specifica è indicata dalle sostanze con cui questo si combina (carbonio, zolfo, azoto, ecc.). Parimenti collaborò a realizzare una terminologia nuova che indicava gli elementi costitutivi dei composti.

Cenni storici: l'Ottocento

Il Traité élémentaire de chimie (1789) di Lavoisier costituì le basi della nuova chimica del sec. XIX, volta innanzitutto a stabilire la quantità di ogni elemento presente in una determinata sostanza. L. J. Proust riuscì a dimostrare che ogni composto contiene sempre una proporzione fissa e definita dei suoi costituenti e J. Dalton interpretò questa legge rifacendosi alla concezione atomistica. Gli elementi sono costituiti di atomi diversi per peso e dimensioni e ogni composto risulta dalla riunione di un atomo di un elemento con uno o più atomi di un altro elemento secondo proporzioni multiple. Dalton elaborò anche una tabella dei pesi atomici di diversi elementi relativi al peso dell'idrogeno assunto come unità di misura. J. L. Gay Lussac, partendo dalla sintesi dell'acqua, giunse a stabilire che i gas si combinano secondo rapporti volumetrici semplici e ciò suggerì ad A. Avogadro l'ipotesi (1811) che, nelle stesse condizioni fisiche, volumi uguali di gas diversi contengono lo stesso numero di molecole. Ogni molecola poteva perciò essere costituita da più atomi di uno stesso elemento suscettibili di staccarsi e ricombinarsi durante le reazioni. Questa fondamentale ipotesi fu accolta per merito soprattutto di S. Cannizzaro solo dopo il 1860. All'inizio del secolo si pensava infatti che atomi identici dovessero respingersi, concezione che sembrava confermata dalla scomposizione elettrolitica specialmente di sali alcalini (H. Davy). Gli elementi furono distinti in elettropositivi (idrogeno, alcali, ecc.) ed elettronegativi (ossigeno, zolfo, ecc.) e J. J. Berzelius ne derivò la teoria dualistica secondo cui i composti chimici sono formati da elementi di carica elettrica opposta. Questa teoria si rivelò però inadeguata a spiegare risultati ottenuti nel campo della chimica organica. All'inizio del secolo si riconobbe che le sostanze chimiche di origine vegetale e animale (alcune già note e analizzate nel sec. XVIII) erano composte fondamentalmente di carbonio, idrogeno, ossigeno e azoto. J. Liebig perfezionò il metodo di analisi dei composti organici e con Berzelius accettò la concezione secondo cui essi erano il prodotto di una forza vitale. Verso la metà del secolo la sintesi in laboratorio di alcune sostanze organiche (F. Wöhler, H. Kolbe, M. Berthelot) e l'affermarsi del principio di conservazione dell'energia portarono al superamento del concetto di forza vitale. Si scoprì inoltre che alcune sostanze organiche con uguale composizione avevano proprietà diverse (isomeri), per cui si ammise che gli stessi costituenti potessero avere una diversa disposizione spaziale e che alcuni di essi realizzassero dei gruppi stabili (radicali) reagenti come entità indivisibili. A. Laurent e J. B. Dumas dimostrarono tuttavia, in contrasto con la teoria elettrochimica dualistica, che l'idrogeno elettropositivo poteva essere sostituito da cloro elettronegativo senza alterarne notevolmente il composto e avanzarono la teoria dei tipi secondo cui la posizione relativa degli atomi nella molecola costituiva un fattore importante per la determinazione delle proprietà del composto. C. Gerhardtetò queste nozioni e distinse un numero limitato di tipi alla struttura dei quali poteva ricondursi quella di tutti gli altri. Tale idea preparò il concetto di valenza che, introdotto da E. Frankland, fu generalizzato nei lavori di F. A. Kekulé, e A. Wurtz, a partire dal 1860, con l'accettazione dell'ipotesi di Avogadro, consentì una chiarificazione e uno sviluppo notevoli della chimica. Kekulé, definita la tetravalenza del carbonio, aprì la via alle formule di struttura stabilendo quella di un anello esagonale per il benzene. Il concetto di struttura chimica e quello di atomo furono introdotti e sviluppati nel sec. XIX come ipotesi e schemi volti a interpretare il campo ristretto dei processi chimici, ma non si fondavano su basi sicure nella conoscenza della materia e fu solo con il sorgere delle teorie atomiche nella fisica del primo Novecento che ebbero una loro effettiva convalida. Un passo fondamentale nella chimica del sec. XIX fu compiuto da L. Meyer e D. I. Mendeleev con la classificazione degli elementi, che venivano distribuiti secondo il loro progressivo peso atomico e il ricorrere periodico di proprietà chimiche. Mendeleev rivelò pure, nel sistema periodico, alcune lacune corrispondenti a ipotetici elementi ignoti che vennero poi effettivamente scoperti con le previste proprietà. Negli ultimi decenni del secolo ebbe notevole importanza teorica e applicativa lo studio degli aspetti fisici dei processi chimici (fisico-chimica). Dallo studio del calore emesso e assorbito dalle reazioni si passò a considerare l'azione di massa dei reagenti che interviene nell'equilibrio delle reazioni reversibili (C. M. Guldberg P. Waage). Il processo di catalisi (accelerazione delle reazioni per la presenza di una sostanza attivatrice) fu trattato da W. Ostwald mentre J. H. van't Hoff stabilì che le leggi dei gas si applicano anche alle sostanze in soluzione estremamente diluite e S. Arrhenius precisò la nozione di dissociazione degli elettroliti.

Cenni storici: il Novecento

Dagli ultimi decenni del sec. XIX grandissima importanza è venuta assumendo, per la stessa ricerca pura, lo sviluppo industria chimicae nel campo dei prodotti organici di sintesi, dei derivati del petrolio e dei composti macromolecolari. Dalla prima sintesi in laboratorio di coloranti tessili (derivati dell'anilina, indaco, ecc.) e dalla loro preparazione industriale con i derivati del carbone si è giunti in alcuni decenni alla produzione sintetica di un numero enorme di composti organici (farmaci, benzina, gomma, fibre, ecc.). Anche l'isolamento e la sintesi di sostanze inorganiche si sono estesi a livello industriale con la produzione metallurgica (alluminio) e quella di fertilizzanti ed esplosivi (fissazione dell'azoto atmosferico). Lo sviluppo estremamente fecondo della chimica biologica ha permesso nel sec. XX l'analisi esauriente dei più fini processi dei viventi e l'avvio della sintesi di alcuni loro fondamentali composti (vitamine, ormoni, proteine). In questo secolo è stata infatti superata la barriera metodologica e descrittiva che aveva precedentemente distinto la chimica inorganica, o chimica degli oggetti privi di vita, la chimica organica, o chimica dei composti presenti negli organismi viventi, e la chimica biologica, intesa come scienza che studia il complesso dei fenomeni chimici che rendono una cellula capace di riprodursi e quindi di vivere. Lo sviluppo della chimica ha contribuito a superare la visione della vita e dei meccanismi biologici come mistero, suggerendo invece come punto centrale della capacità vitale una raffinata organizzazione della materia, degna di studio e fonte di osservazioni scientifiche ed applicazioni pratiche. Anche la nuova concezione della struttura dell'atomo e la possibilità di utilizzare le grandi quantità di energia in esso racchiuse rappresenta un'acquisizione fondamentale della chimica nel XX secolo. Convertire la massa atomica in energia permette infatti, riproducendo il fenomeno presente nelle stelle, di disporre di grandi quantità di energia da mettere a disposizione di processi che senza grandi apporti energetici non sarebbero possibili. Basti pensare al consumo di energia di una grande città e dei suoi abitanti. Lo sviluppo degli studi per la preparazione di nuovi composti chimici ha permesso di ottenere sostanze usate per la costruzione di oggetti economici. Per esempio, alcune reazioni che producono sostanze chimiche semplici, dette monomeri, sono all'origine dei processi di formazione di legami chimici tra molte molecole di monomero e possono dare luogo a polimeri che, convenientemente lavorati, forniscono le materie plastiche. Queste hanno rivoluzionato il mercato degli oggetti. Ancora, lo sviluppo delle tecniche di preparazione dei composti chimici ha permesso di aggiungere ai farmaci di origine vegetale o animale anche un grande numero di farmaci di sintesi, oggi spesso essenziali per affrontare malattie grandemente diffuse e fino a ieri privi di validi rimedi, quali le malattie cardiovascolari (oggi curate con regolatori sintetici della pressione arteriosa), o i tumori (alcuni dei quali possono essere fronteggiati con preparati antitumorali di sintesi). Né va dimenticata la nuova tecnologia dei metalli, che ha permesso di ottenere metalli con caratteristiche tecniche particolarmente utili, come quelle dei semiconduttori, necessari per la costruzione dei calcolatori. La chimica ha quindi contribuito grandemente a modificare la natura in modo da elevare la qualità della vita, almeno nei Paesi industrializzati. La domanda che oggi ci si pone è questa: come evitare le influenze collaterali negative delle migliaia di nuovi composti chimici che vengono preparati e dei materiali nella cui costruzione essi entrano? Inquinamento chimico, consumo di farmaci non necessari, scorie radioattive, produzione di prodotti chimici per usi bellici sono fenomeni di oggi. Nasce così una nuova chimica, che studia il modo di migliorare la qualità della vita senza danneggiare l'ambiente e le persone.

Ecologia: i problemi ambientali connessi all'uso dei prodotti chimici

L'impiego di nuove sostanze chimiche in tutti i settori dell'economia (industria, agricoltura, servizi), contribuisce a elevare la qualità della vita, in misura maggiore nei Paesi industrializzati, ma anche in quelli in via di sviluppo. È da dire, però, che al contempo esso determina crescenti alterazioni dell'ambiente naturale e dei suoi cicli a livello locale e globale. A questi problemi sono state date risposte finora parziali e inadeguate, o addirittura fuorvianti e asociali (per esempio trasferimento delle produzioni più inquinanti nei Paesi del Terzo Mondo). Come per altre attività umane anche le applicazioni industriali della chimica sono state sviluppate secondo un modello produttivo e di consumo che non utilizza le risorse in modo razionale, determinando un forte effetto di alterazione del ciclo ambientale naturale. Per poter mantenere e accrescere i vantaggi derivanti dall'industria chimica è necessario ricondurre tutte le sue applicazioni all'interno di un ciclo tecnologico che sia quanto più possibile in sé conchiuso. Tale obiettivo può essere conseguito sfruttando più razionalmente le conoscenze attuali per orientare gli sviluppi della chimica e delle sue applicazioni industriali verso processi produttivi e prodotti che consentano di recuperare e reimpiegare al loro interno le sostanze che oggi vengono scartate nel corso delle fasi di lavorazione e dopo l'uso da parte dei consumatori o di trasformarli in prodotti non inquinanti. Alcuni sviluppi della chimica in questa direzione stanno già dando luogo a nuove tecnologie “pulite” e a nuovi prodotti “ecologici”.

Per la chimica generale

L. Malatesta, Chimica generale, Milano, 1967; Autori Vari, Enciclopedia internazionale di chimica, Roma, 1970; A. Aranco, Chimica, Dizionario enciclopedico, Milano, 1987.

Per la chimica inorganica

L. Malatesta, Chimica inorganica, Milano, 1962; F. A. Cotton, G. Wilkinson, Advanced Inorganic Chemistry, New York, 1966; I. Bertini, F. Mani, Chimica inorganica, Padova, 1988.

Per la chimica organica

L. e M. Fieser, Trattato di chimica organica, Milano, 1957; A. I. Vogel, Chimica organica pratica, Milano, 1967; R. T. Morrison, R. N. Boyd, Chimica organica, Milano, 1985.

Per la chimica fisica

S. Glasstone, Trattato di chimica fisica, Milano, 1964; S. Pasquetto, Chimica fisica, Milano, 1988.

Per la chimica industriale

P. H. Groggins, I procedimenti fondamentali della chimica industriale organica, Milano, 1953; E. Cicconetti, Chimica industriale, Firenze, 1967-68; G. Natta, I. Pasquon, Principi della chimica industriale, Milano, 1980.

Per la storia della chimica

E. J. Holymyard, Storia dell'alchimia, Firenze, 1957; C. C. Gillispie, The Edge of Objectivity, Princeton, 1960; J. R. Partington, A History of Chemistry, 4 voll., Londra, 1961-64; I. Asimov, A Short History of Chemistry, New York, 1965; H. M. Leicester, The Historical Backgrouond of Chemistry, New York, 1965; H. M. Leicester, H. S. Klickstein, A Source Book in Chemistry (1400-1900), Cambridge (Massachusetts), 1965; L. Galzigna, Le idee chimiche del XX secolo, Roma, 1983.

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