clorofluorocarburo

sm. [sec. XX; cloro-+fluoro-+carburo]. Denominazione collettiva di una classe di composti chimici ottenibili dagli idrocarburi sostituendo gli atomi di idrogeno con atomi di cloro e fluoro. Sono spesso indicati con la sigla CFC. Quando gli atomi di idrogeno sono sostituiti esclusivamente da atomi di fluoro si preferisce il termine perfluorocarburi (sigla PFC). I diversi composti della classe sono spesso indicati facendo seguire alla sigla CFC un numero che permette di risalire, sfruttando un codice convenzionale, al composto in questione. Così, la sigla CFC-12 indica il diclorodifluorometano, quella CFC-114 il diclorotetrafluoroetano. L'impiego dei CFC (soprattutto come refrigeranti e come solventi), assai diffuso fino agli Ottanta, ha subito una graduale riduzione (mirante a una sua definitivo azzeramento), sancita da vari accordi internazionali, a causa della accertata azione esercitata da questi composti a danno dello strato di ozono stratosferico. Le molecole dei CFC, infatti, molto stabili nella troposfera, vengono scisse a livello della stratosfera dalla radiazione solare ultravioletta, liberando atomi di cloro che reagiscono con l'ozono, consumandolo. Fondamentale, per la limitazione della produzione dei clorofluorocarburi (come di altre sostanze dotate di analoga azione), il cosiddetto protocollo di Montreal, approvato nel 1987 e più volte integrato ed emendato nel corso degli anni Novanta, che è stato ratificato, nel corso degli anni, dalla grande maggioranza dei Paesi del mondo. Tra le sostanze impiegate in sostituzione dei CFC vi sono gli idroclorofluorocarburi, che tuttavia, contenendo cloro, presentano inconvenienti simili a quelli dei CFC (sebbene di minore entità) e gli idrofluorocarburi, ritenuti non dannosi per l'ozono.

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