Descrizione generale

sf. [sec. XIV; dal latino coagulāre]. Fenomeno per cui le particelle di una soluzione colloidale o di tipo colloidale si riuniscono tra loro in particelle di dimensioni sempre maggiori, che sedimentano separandosi dalla soluzione sotto forma di solido più o meno compatto . La coagulazione può essere provocata da agenti diversi, tra i quali i più importanti sono l'azione del calore e l'aggiunta di sali. La presenza di minime quantità di sali in genere stabilizza le soluzioni colloidali: in queste condizioni le singole particelle tendono ad adsorbire sulla loro superficie ioni di uno stesso segno, per esempio gli ioni Na+ e non invece gli ioni Cl- del cloruro di sodio, NaCl; le particelle assumono così una carica elettrica, che è quella degli ioni adsorbiti e che è del medesimo segno per tutte le particelle, per cui queste tendono a respingersi; se però la concentrazione del sale nella soluzione colloidale diviene appena più elevata, tali cariche superficiali vengono annullate da quelle degli ioni di segno opposto presenti in gran numero nella soluzione; viene quindi ad annullarsi la repulsione elettrostatica tra le particelle colloidali ed esse possono riunirsi dando luogo alla coagulazione.

Biologia: coagulazione del sangue

Fenomeno conseguente a rottura o a lesioni della parete dei vasi sanguigni, che impedisce l'uscita e la dispersione del sangue fuori del torrente circolatorio. La coagulazione del sangue, che nell'uomo e negli animali superiori conclude il complesso meccanismo dell'emostasi, consiste essenzialmente nella scissione di una proteina del plasma, il fibrinogeno, con formazione di fibrina, sostanza fibrillare che si organizza in un fine reticolo tridimensionale in cui restano imbrigliati gli elementi cellulari del sangue. Si costituisce in tal modo il coagulo o trombo rosso, che fa collabire le pareti del vaso tamponando lesioni, anche estese, della parete. Le moderne conoscenze sul meccanismo della coagulazione sono l'estensione della primitiva teoria di Morawitz, secondo la quale la trasformazione del fibrinogeno in fibrina avviene con l'intervento di una sostanza, la trombina, che non è presente di norma nel sangue, ma si forma nel corso del processo emostatico da un precursore proteico o protrombina (fattore II), in presenza di ioni Ca++ e dei fattori X e V nella loro forma attiva. La formazione della tromboplastina avviene con due meccanismi differenti, uno detto intrinseco per il fatto che tutti i fattori interessati sono presenti nel sangue, l'altro estrinseco perché richiede l'intervento di sostanze fornite dai tessuti danneggiati. I fattori impegnati nei due meccanismi sono proenzimi, cioè precursori inattivi di enzimi che si attivano a catena quando sussiste una condizione promuovente che innesca il processo coagulativo. Tale condizione nel meccanismo intrinseco è costituita da un danneggiamento vasale che in seguito alla conglutinazione piastrinica libera una o più sostanze attivatrici del fattore di Hageman (fattore XII); nel meccanismo estrinseco è invece rappresentata dall'immissione in circolo di un fattore lipoproteico tissutale che attiva la proconvertina (fattore VII). Nell'ambito del meccanismo intrinseco, in seguito all'attivazione del fattore XII, vengono attivati a catena: il PTA o antecedente tromboplastinico plasmatico (fattore XI), il fattore IX, la globulina antiemofilica (fattore VIII). Il meccanismo estrinseco è meno complesso e per questo quasi istantaneo, a differenza dell'altro che si completa in alcuni minuti. I due meccanismi convergono infine nell'attivazione del fattore X e del fattore V; questi due fattori formano un complesso (già definito tromboplastina) che aderisce alla membrana delle piastrine ed è in grado di convertire la protrombina in trombina. La coagulazione si conclude con la retrazione del coagulo operata da un enzima piastrinico: i filamenti di fibrina si accorciano e spremono il siero fuori dal coagulo, trattenendo i globuli rossi e gli altri elementi corpuscolati del sangue. I fattori XII, XI e VII possono essere attivati, oltre che con il normale meccanismo endovasale, anche dal contatto con superfici quali vetro, caolino, ecc. Tale fenomeno, detto “attivazione da contatto”, spiega la rapida e definitiva coagulazione del sangue posto in provetta o in altri contenitori di vetro. A differenza di quanto avviene in vitro, nell'interno dei vasi il cui lume è stato ostruito dalla formazione del coagulo la sequenza dei fenomeni deve necessariamente concludersi con la ricanalizzazione del vaso stesso. A ciò provvede il sistema fibrinolitico, che ha il compito di frammentare e di lisare il coagulo mediante un fermento proteolitico, la fibrinolisina o plasmina, che si forma per effetto di attivatori ematici e tessutali. È possibile dunque evidenziare una condizione di equilibrio tra due meccanismi opposti la cui modificazione, ottenibile con farmaci, ormoni e altri mezzi, si traduce in uno stato di ipo- o di ipercoagulabilità del sangue. I disturbi della coagulazione vengono solitamente divisi in quattro gruppi: disturbi che riguardano la formazione della trombina, per esempio le diverse forme di emofilia, dovute all'assenza del fattore VIII (emofilia A), del fattore IX (emofilia B), del fattore XI (emofilia C), le ipoprotrombinemie da insufficiente apporto alimentare di vitamina K, da insufficienza epatica, ecc.; disturbi legati alla formazione della fibrina, che si hanno per esempio nell'afibrinogenemia congenita; anomalie della formazione del coagulo, tipiche delle condizioni di deficit piastrinico (porpora trombocitopenica); disturbi della fibrinolisi.

Coagulazione intravascolare disseminata (CID)

Attivazione patologica del processo di coagulazione del sangue che porta a un consumo dei vari fattori della coagulazione e che si manifesta con un grave quadro emorragico generalizzato. La CID compare sempre in relazione a una condizione morbosa preesistente, come una sepsi, una neoplasia maligna o uno stato di shock, ed è la conseguenza o dell'immissione nel sangue di sostanze procoagulanti, oppure del blocco della funzione degli inibitori fisiologici della coagulazione. I sintomi rilevabili nella CID, che ha un decorso piuttosto acuto, sono inizialmente quelli di una aumentata coagulazione (formazione di trombi in vari organi) e successivamente quelli dovuti al consumo delle componenti del sistema emostatico (emorragie plurime e diffuse): essi possono essere di tale intensità da provocare un collasso cardiocircolatorio. La terapia della CID verte sul pronto ripristino delle normali concentrazioni di fattori della coagulazione tramite trasfusione di essi e di piastrine nei soggetti con prevalenti sintomi emorragici, e sulla somministrazione di anticoagulanti in quelli con prevalenti sintomi trombotici, oltre che, naturalmente, sulla cura della malattia di base.

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