colinesterasi

sf. [da colina+esterasi]. Ciascuno degli enzimi che provocano la scissione idrolitica di vari esteri della colina (acetilcolina, benzoilcolina, acetil-β-metilcolina, butirrilcolina) e di altre sostanze naturali o sintetiche tra cui la cocaina, la tropacocaina, l'atropina, l'aspirina, il caramifene, ecc. La colinesterasi di maggiore importanza biologica è l'acetilcolinesterasi, detta anche colinesterasi vera o colinesterasi specifica. Questo enzima scinde il mediatore chimico acetilcolina in colina e acido acetico esercitando in tal modo una funzione essenziale per l'attività del sistema nervoso. Oltre che nelle strutture nervose, la colinesterasi vera è contenuta nei globuli rossi, nella placenta, nei muscoli dei mammiferi; in forti concentrazioni è anche presente negli organismi unicellulari capaci di movimenti ciliari attivi, nei tessuti degli anfibi e dei rettili, nei pesci che possiedono organi bioelettrici. Nei tessuti animali alla scissione dell'acetilcolina provvede anche la colinesterasi aspecifica o pseudocolinesterasi, presente in notevoli quantità nel sangue, nel fegato e nelle cellule gliali del sistema nervoso. A differenza della colinesterasi vera, che è localizzata nei mitocondri e nelle membrane del reticolo endoplasmatico, la pseudocolinesterasi si concentra essenzialmente nel nucleo delle cellule. L'attività delle colinesterasi nel sangue varia in numerose condizioni patologiche: aumenta nelle malattie renali, nell'alcolismo, nelle iperlipidemie e nell'obesità; diminuisce in alcune malattie del fegato (cirrosi, epatiti), nell'infarto del miocardio, nelle anemie gravi, nello shock. In alcuni soggetti è riscontrabile una deficienza congenita di colinesterasi, che comporta un'elevata sensibilità ai medicamenti ordinariamente distrutti nei tessuti da tali enzimi. Con moderne tecniche istochimiche è stato possibile definire con sufficiente chiarezza i rapporti esistenti tra attività nervosa e distribuzione intraorganica delle colinesterasi. A ciò hanno contribuito anche le ricerche condotte con metodi microgasometrici che hanno consentito di studiare l'attività delle colinesterasi nelle singole fibre nervose o in parti di esse. Il substrato entra in rapporto con l'enzima a due differenti livelli: nel sito anionico (-) attraverso l'azoto quaternario che porta una forte carica elettrica positiva; nel sito esterasico (+) attraverso il carbonile del radicale acetico che si fissa all'enzima con legame covalente. Si attua in tal modo l'acetilazione dell'enzima, a cui seguono la scissione del legame estere e quindi la liberazione della colina. Si comprende pertanto come sostanze dotate di maggiore affinità dell'acetilcolina per le colinesterasi impediscano la fissazione del mediatore chimico all'enzima e la sua conseguente idrolisi, provocando così un accumulo di acetilcolina nei tessuti. Questa azione è tipica degli agenti anticolinesterasici, che comprendono farmaci, aggressivi chimici e insetticidi organofosforici. Negli avvelenamenti provocati da queste sostanze trovano impiego i cosiddetti “riattivatori” delle colinesterasi (pralidossima, diacetilmonossima, M.I.N.A., ecc.), i quali formano composti stabili con il tossico che viene staccato dall'enzima, favorendo così il ripristino della sua attività catalitica.

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