contemplazióne

Indice

Lessico

sf. [sec. XIV; da contemplare]. L'atto del contemplare: essere in contemplazione del mare; più com., concentrazione dell'intelletto nella meditazione di cose divine o spirituali: vivere in contemplazione, darsi alla contemplazione, alla vita ascetica, contemplativa.

Filosofia

L'atto percettivo o conoscitivo che ha per fine se stesso astraendo dalla cosa percepita o conosciuta. In questo senso, Platone considerava la contemplazione il momento più alto dell'esistenza, quello che, attingendo alle idee (archetipi del mondo sensibile), pone l'uomo in prossimità della sua origine. E in questo senso è riproposto da Aristotele, privato però del suo alone di misticismo e di trascendenza. Il concetto platonico di contemplazione fu poi sviluppato da Plotino, che ne accentuò il carattere mistico, e dal pensiero cristiano, che costantemente insistette sulla superiorità della vita contemplativa rispetto a quella attiva. La rottura di tale tradizione fu una delle caratteristiche dell'umanesimo e del Rinascimento e in genere di tutta la filosofia moderna, che da Bacone all'illuminismo ha considerato la conoscenza come strumento d'azione e come mezzo per cambiare il mondo. Ripreso dal romanticismo, l'ideale della vita contemplativa ha trovato in tutte le correnti della filosofia contemporanea, da Marx a Nietzsche, dure smentite.

Teologia

Nella mistica cristiana è la “sperimentale conoscenza di Dio per mezzo dell'amore unitivo”, “mediante la quale l'intelletto ha la più alta conoscenza di Dio” sotto l'influsso dei doni dello Spirito Santo. Suo elemento essenziale è l'atto di semplice visione intellettuale, ma senza esclusione della volontà e dell'amore, che della contemplazione sono il principio e la fine. In questo senso la contemplazione è mezzo e fine della perfezione cristiana e della vita mistica. La teologia distingue tra contemplazione infusa, causata prevalentemente dal concorso divino mentre la volontà umana svolge solo un'opera di assecondamento dell'intervento divino, e contemplazione acquisita, dove la volontà umana compare come fattore preminente. Quest'ultima posizione è sostenuta dalla scuola carmelitana (sec. XVII) che la definisce “orazione di semplice abbandono in Dio” (Francesco di Sales, Trattato sull'amor di Dio). A volte la contemplazione è intesa nel senso generale di conoscenza di Dio nella preghiera o nell'ammirazione delle creature (Concilio Vaticano II, Gaudium et Spes, 1965). Il cristianesimo ha sempre conosciuto cultori della contemplazione, che già nel sec. IV diede luogo a una vera organizzazione di vita e che trovò il suo apogeo nel monachesimo. Benché nel secolo presente la contemplazione si sia imposta con minore urgenza, orientandosi la coscienza cristiana a una maggiore simbiosi tra contemplazione e vita attiva, è tuttavia sempre considerata dalla Chiesa indispensabile al bene delle anime. Oltre ai secolari ordini contemplativi che si dedicano alla contemplazione nella Chiesa cattolica (certosini, trappisti, cappuccine, mantellate di clausura, domenicane di clausura, ecc.), nel sec. XX si è sviluppato anche nelle Chiese separate da Roma un movimento verso la contemplazione.

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