contrattualismo

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sm. [sec. XX; da contrattuale]. Dottrina filosofica e giuridica che attribuisce alla volontà degli individui, stretti in un accordo tacito (consenso) o espresso (contratto), le origini e il funzionamento dello Stato e della società civile, concepiti come costruzione umana in contrapposto al preesistente stato di natura. Fin dai suoi primi teorici, il contrattualismo tende a distinguere due tipi di accordi: il patto di unione che lega gli individui tra loro e il patto di soggezione, che li vincola gerarchicamente e istituisce il principio della sovranità unitaria, accentrata nella figura del capo. Nel pensiero greco, che concepiva la società come un fatto naturale e necessario, si trovano tuttavia accenni contrattualistici (per esempio Epicuro) laddove si delimita il rapporto tra giustizia positiva e tirannide. Anche presso i Romani si avvertono spunti contrattualistici: dal diritto fondato sul consenso, trae origine la lex regia, che conferisce all'imperatore il potere sovrano. Nel cristianesimo, l'istituto del potere è formalmente di origine divina, ma nel sec. XVI, sotto l'incalzare della Riforma e delle guerre di religione, si fa strada – sulle orme di Tommaso – il concetto di contrattualità se non altro per l'esercizio del potere, fino a sostenere il diritto, da parte del popolo, alla ribellione ogniqualvolta il sovrano viola il “contratto di dominazione” e mette capo a esperienze totalitarie. Ma il contrattualismo giunge a rigoglioso sviluppo solo durante i sec. XVII e XVIII, col giusnaturalismo, quando, abbandonata ogni pregiudiziale teologica sull'origine e l'esercizio del potere e del diritto, il dibattito si accentra sulla natura razionale e utilitaristica dell'autorità così come di ogni rapporto giuridico. I maggiori teorici del contrattualismo del periodo furono Hobbes, Spinoza, Locke e successivamente Rousseau: gli uni difendendo l'assolutismo monarchico, gli altri approdando a soluzioni liberal-garantiste, e altri ancora esaltando i diritti incondizionati della sovranità popolare. Così, per esempio, Hobbes, abbandonata la vecchia distinzione dei due tipi di patti, risolve il primitivo “contratto di unione” nel solo “contratto di soggezione” col quale i singoli alienano al sovrano tutti i diritti naturali, eccetto quello alla vita. Spinoza, invece, sostiene che col contratto sociale l'uomo ha trasferito a favore del sovrano solo una parte dei propri diritti, senza mai rinunciare al bene supremo della libertà; e Rousseau, dal canto suo, vede nel contratto sociale l'assoluta garanzia di ogni diritto naturale che ciascun individuo dovrebbe poter esercitare mediante gli istituti democratici. Questa concezione è ulteriormente sviluppata in Locke il quale pone le basi del liberalismo moderno e contemporaneo. Il contrattualismo trova una trattazione affatto nuova nel criticismo kantiano. Per Kant, infatti, il contratto sociale, più che un evento storicamente accertabile, è un principio razionale a priori che serve a legittimare l'esistenza dello Stato e il ruolo coercitivo del diritto positivo; mentre per Fichte, almeno in un primo tempo, ogni ordinamento giuridico-politico si fonda su un contratto sociale, che però è frutto della libera scelta dell'individuo sovrano, il quale mantiene così il diritto di revocare la propria adesione. Nel sec. XIX, sopraggiunta la reazione romantica e idealistica al giusnaturalismo, il contrattualismo ha subito un grave declino, fino a quando, nella seconda metà del secolo, si è fatto largo un diverso movimento culturale in difesa del neo-contrattualismo, che concepisce il contratto non più come il termine a quo per lo sviluppo della società, bensì come la meta cui tendere nel suo progressivo sviluppo civile. Per Maine, per esempio, lo svolgimento storico del diritto deve implicare il passaggio dallo status al contratto, mentre Spencer vede in tale passaggio l'espressione di una legge sociologica generale, valida a spiegare tutta la dinamica evolutiva dei rapporti sociali. Altri interpreti del neo-contrattualismo furono Fouillé, De Greef, Carle, Fragapane, Vanni, Dallari: ciascuno deciso a rivendicare la supremazia di vincoli ideali che uniscono gli uomini, contro la minaccia di qualunque potere autoritario o totalitario.

G. Del Vecchio, Brevi note sui vari significati della teoria del contratto sociale, in “Rivista internazionale di filosofia del diritto”, 1947; M. D'Addio, L'idea del contratto sociale dai sofisti alla Riforma, Milano, 1954; R. De Mattei, Il contrattualismo nel pensiero politico italiano del '600, in Studi in memoria di Guido Zanobini, Milano, 1965; R. Brown, La natura delle leggi sociali. Da Machiavelli a Mill, Roma, 1988.

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