Lessico

agg. e sm. (f. -trice) [sec. XIV; da convertire].

1) Che e chi converte.

2) Nella tecnica, dispositivo per effettuare una conversione. In particolare: A) in fisica nucleare, reattore convertitore. B) In fotocinematografia, sistema ottico aggiuntivo che permette di variare la lunghezza focale dell'obiettivo da ripresa (vedi moltiplicatore). C) In informatica, dispositivo atto a realizzare una conversione; per esempio, unità che riceve informazioni su schede perforate e le registra su nastro magnetico fornendo, a volte, una documentazione stampata delle informazioni convertite. D) In metallurgia, particolare forno metallurgico destinato a ottenere la conversione di un bagno metallico di prima fusione. E) In elettronica, convertitore analogico-digitale (A/D) e convertitore digitale-analogico (D/A), circuiti che consentono la conversione di dati tra le forme analogica e digitale, le quali codificano l'informazione rispettivamente mediante un solo segnale la cui ampiezza è variabile senza soluzione di continuità e mediante una serie di più segnali discreti, aventi due soli livelli (0 e 1).

Tecnica

Il termine convertitore si è diffuso per indicare in modo generico le macchine che non usano metodi tradizionali per produrre energia elettrica. In questo senso, esempi di convertitore sono le cellule fotoelettriche, gli elementi termoelettrici basati sull'effetto Seebeck, le pile a combustibile, le batterie solari, i generatori magnetofluidodinamici; in questi ultimi un plasma conduttore viene messo in moto entro un campo magnetico ortogonale alla sua velocità; si genera così un campo elettrico ortogonale al piano dei vettori velocità e induzione magnetica ed è possibile stabilire una tensione fra due elettrodi disposti esternamente al convertitore. Tale tensione dipende direttamente dall'intensità del campo magnetico, dalla velocità del fluido e dalla sua conducibilità. Si dicono convertitori nucleotermoelettrici dispositivi che trasformano l'energia termica generata da fissione nucleare controllata in energia elettrica, direttamente, senza trasformazioni intermedie, utilizzando la differenza di potenziale che si manifesta ai capi di un sistema di coppie termoelettriche.

Elettrotecnica

Dispositivi per la conversione elettronica di potenza, modificando una o più caratteristiche dell'energia elettrica in ingresso mediante componenti elettronici di commutazione e componenti a essi associati. Tali dispositivi possono essere suddivisi in base al loro funzionamento (per esempio raddrizzatori, invertitori ecc.), cioè sul piano tensione-corrente (V-I) delle grandezze di uscita del convertitore, o in base al tipo di trasformazione effettuata. Nel primo caso si hanno i raddrizzatori che lavorano nel quadrante con V e I positivi, gli invertitori che lavorano nel semipiano con V positivo e negativo ma con I sempre positivo e, infine, i convertitori bidirezionali che lavorano in tutti e quattro i quadranti e si ottengono collegando in antiparallelo due raddrizzatori controllati. Lo sviluppo di questi convertitori ha avuto un forte impulso negli ultimi anni del Novecento, a seguito della messa a punto e dello sviluppo di componenti elettronici di potenza quali il GTO e l'IGBT. § Convertitori c.c.-c.c. Tali convertitori in prima approssimazione possono essere considerati come un interruttore interposto tra la sorgente in c.c. e il carico: è possibile variare con continuità il valore medio della tensione continua applicata al carico, modificando il rapporto tra il periodo di tempo con in cui l'interruttore è chiuso e il periodo complessivo T di un ciclo in cui l'interruttore viene chiuso e aperto. I convertitori c.c.-c.c. utilizzano i componenti elettronici di potenza in modalità switching, lavorano con un periodo complessivo T dell'ordine delle decine di μs e generano in uscita una tensione unidirezionale, somma della tensione continua voluta e di una tensione alternata a elevata frequenza. Quest'ultima componente può essere ridotta con un opportuno filtro non dissipativo passa-basso, che può fare parte integrante del convertitore o del carico. Questi convertitori possono essere del tipo abbassatore (convertitore Buck), innalzatore (convertitore Boost) e abbassatore-innalzatore (convertitore Buck-Boost); tutti gli altri schemi possono essere derivati da questi. § Convertitori c.a.-c.c. A partire dagli anni Ottanta del sec. XX si è avuto un forte sviluppo nell'impiego dei raddrizzatori controllati. La struttura topologica di tali gruppi è simile a quella dei semplici gruppi di raddrizzamento: essi vengono utilizzati o come primo stadio di un convertitore che in uscita fornisce tensione alternata o come invertitore per l'alimentazione di grossi motori sincroni. Il componente raddrizzatore impiegato è costituito spesso da tiristoriSCR; sono stati abbandonati i diodi a riempimento gassoso (vapori di mercurio). L'istante di accensione del componente è comandato inviando un impulso a un terzo elettrodo detto elettrodo di controllo; una volta avviata la conduzione, questa prosegue sinché l'anodo è positivo rispetto al catodo, cioè finché una corrente non tende a scorrere nel verso della conduzione inversa, disabilitando in tale modo il componente. Per ottenere un funzionamento da raddrizzatore, l'angolo di ritardo rispetto all'istante in cui si manifesta la tensione di polarizzazione diretta sul componente deve essere inferiore a 90°; nel caso in cui tale angolo superi i 90° e il carico sia attivo il gruppo è detto invertitore, consente, cioè, la trasformazione di corrente continua in corrente alternata. § Convertitori c.a.-c.a. Sono destinati a convertire corrente alternata in alternata di diversa frequenza ed eventualmente di diversa tensione e numero di fasi. I convertitori di frequenza si possono dividere in diretti e indiretti e in generale consentono anche una regolazione della frequenza e della tensione di uscita. Quelli indiretti sono costituiti da un convertitore c.a./c.c., eventualmente un convertitore c.c./c.c. per regolare la tensione se non viene fatto negli altri stadi del sistema, e da un convertitore c.c./c.a. Quelli diretti operano senza uno stadio intermedio e fra questi notevoli sono i cicloconvertitori adatti solo per abbassare la frequenza, ma che sono autonomi in quanto le commutazioni naturali dipendono soltanto dalla rete di alimentazione e si prestano specialmente per l'alimentazione, a frequenza e tensione variabile, di motori sincroni lenti (la frequenza di uscita è circa 0-1/3 di quella di entrata). § Per i convertitoric.c.-c.a., vediinvertitore.

Meccanica

Convertitore di coppia, dispositivo oleodinamicoconvertitore che sostituisce le tradizionali frizioni e ferodi nelle trasmissioni di potenza tra un motore e un gruppo utilizzatore; viene detto anche trasformatore di coppia. È costituito da due giranti coassiali di cui una, detta pompa, solidale con l'albero motore e l'altra, chiamata turbina, solidale con l'albero condotto. Tra la pompa e la turbina è interposto un insieme di palette fisse che prende il nome di reattore; l'accoppiamento tra pompa e turbina avviene per mezzo di un fluido (comunemente olio), obbligato a scorrere all'interno di tali organi dalla rotazione dei medesimi. L'insieme costituito dalla pompa, dalla turbina e dal reattore è racchiuso in una carcassa che serve a contenere il fluido di accoppiamento. La pompa, trascinata dall'albero motore, spinge l'olio, che agisce sulle palette della turbina trascinandola in rotazione. Quando la pompa ruota, l'olio percorre i suoi vani dal centro verso la periferia, aumenta di velocità e acquista quindi energia cinetica. Passando alla turbina, l'olio la attraversa dalla periferia al centro e diminuisce la sua velocità cedendo energia alla turbina stessa. Le palette del reattore sono sagomate in modo da deviare il flusso dell'olio in uscita dalla turbina in senso tale da esercitare sulla pompa una coppia concorde con il suo senso di rotazione. Ciò equivale a dire che per mezzo del reattore il motore stesso viene aiutato quando tenderebbe a rallentare sotto carico. Il convertitore di coppia viene impiegato soprattutto quando occorra trasmettere potenza tra un albero motore e un albero condotto in presenza di variazioni brusche della coppia resistente; in particolare negli autoveicoli viene usato per la trasmissione del moto tra albero-motore e albero-condotto nel cambio automatico.

Metallurgia

L'impiego più diffuso dei convertitori si ha in siderurgia , per la produzione di acciaio dalla ghisa. Il calore necessario alla conversione dell'acciaio non viene fornito dall'esterno, ma proviene dall'ossidazione degli elementi da eliminare mediante un gas ossidante. Esistono diversi tipi di convertitore: i convertitori ad aria (Bessemer, Thomas) hanno ormai importanza storica e vengono sempre più spesso sostituiti dai convertitori a ossigeno, tra i quali il più diffuso è il convertitore L. D. (Linzer-Düsenverfahren, dalle acciaierie di Linz dove fu messo a punto nel 1953). Il convertitore Bessemer è costituito da un recipiente in lamiera d'acciaio, chiodata o saldata, ad asse verticale, rivestito internamente di refrattario di tipo acido (materiale silicoso mescolato con mica e legato con argilla). L'affinazione avviene mediante insufflazione di aria sotto pressione nel bagno metallico attraverso una numerosa serie di fori praticati nel fondo refrattario e alimentati da una camera d'aria sottostante. La carica è costituita da ghisa liquida di opportuna composizione (C=3,5-4%; Mn=0,7-1,5%; Si=1-2%; S≤0,04%; P≤0,04%) con eventuale aggiunta di rottame, nella percentuale massima del 10%. L'elemento termogeno principale è il silicio. Il processo richiede ca. 15 minuti di soffiaggio e complessivamente 20-30 minuti per il ciclo completo. La capacità del convertitore arriva fino a ca. 60 tonnellate. Nel convertitore Thomas, analogo al convertitore Bessemer per quanto riguarda la costruzione e il funzionamento, il rivestimento refrattario è basico (dolomite): ciò permette di utilizzare ghise contenenti un elevato tenore di fosforo, che agisce come elemento termogeno. Il convertitore L. D. utilizza quale elemento ossidante ossigeno puro al 99,5%, soffiato sul bagno mediante una lancia posta verticalmente al centro. Di forma non molto dissimile da quella dei convertitori Bessemer e Thomas, ha una capacità maggiore, che raggiunge e supera le 300 tonnellate. L'impiego dell'ossigeno in luogo dell'aria permette di contenere il tenore di azoto nell'acciaio al di sotto dello 0,03%. Il rivestimento refrattario è basico (dolomite e magnesite). La durata del ciclo si aggira sui 45 minuti, con produttività fino a 300 t/h. Analoghi al convertitore L. D. sono i convertitori Kaldo e Rotor. Successivamente se ne sono diffusi altri tipi che, al contrario dei precedenti, prevedono l'insufflaggio dell'ossigeno attraverso delle tubiere situate sul fondo del convertitore stesso. Si era tentato di soffiare l'ossigeno anziché l'aria dal basso, ma senza successo, soprattutto a causa dell'eccessiva usura che si verificava nel refrattario delle tubiere, poi è stato messo a punto l'accorgimento di insufflare un gas protettivo, in modo tale che questo rivesta il getto di ossigeno, impedendo di conseguenza l'usura del refrattario delle tubiere. Industrialmente si sono sviluppati processi che utilizzano come gas protettivi argon oppure idrocarburi, rispettivamente nei convertitori AOD (Argon Oxygen Decarburization) e OBM (Oxygen Boden Maxhütte). Il convertitore AOD, spesso impiegato per l'elaborazione di acciai inossidabili, consta di un tino e di un coperchio in lamiere saldate, rivestiti internamente di materiale refrattario-basico. Sul lato opposto a quello di carica sono ricavati nel refrattario in prossimità del fondo quattro o cinque fori di insufflaggio argon-ossigeno, alimentati da condutture che sono fatte passare attraverso i perni di sostegno forati. Il rapporto fra argon e ossigeno non è generalmente costante, ma varia durante il periodo di affinazione in funzione del tenore di carbonio e della temperatura raggiunti. L'affermazione del convertitore AOD per la fabbricazione degli acciai inossidabili si è avuta principalmente per il fatto che è possibile ottenere una forte decarburazione pur consentendo l'ossidazione del cromo. Nel convertitore OBM, gli ugelli sono protetti dalle reazioni dirette dell'ossigeno con il bagno metallico da un gas costituito da idrocarburi; questi, inoltre, alla bocca dell'ugello crackizzano secondo una reazione endotermica e contribuiscono ad abbassare la temperatura impedendo una rapida usura dell'ugello stesso. È possibile con questo convertitore ottenere prodotti finali con bassi tenori di azoto e con tenori di carbonio finemente controllabili attorno ai bassi valori. Vanno ricordati infine orientamenti quali l'utilizzo di vapor d'acqua quale gas protettivo o la combinazione dei processi AOD e OBM.

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