dandy

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s. inglese (propr. vezz. del nome proprio Andrew, Andrea) usato in italiano come sm.

1) Persona che veste con raffinata eleganza, alla moda, curando in modo esagerato il suo aspetto esteriore. § Diffusosi in Inghilterra dal 1815, il termine indicava un tipo di nobile che si distingueva per un particolare modo di vivere e di abbigliarsi. Il dandy rappresentò il tentativo di realizzare un ideale estetico nell'uomo, basato sul concetto della “distinzione” portato agli estremi. L'iniziatore di questo fenomeno, detto dandysmo, fu G. Brummell. La fortuna dei dandies fu anche letteraria: non solo fornirono materia a molti romanzi inglesi e francesi, ma persino poeti e scrittori incarnarono il tipo del dandy facendone il simbolo di una protesta aristocratico-romantica contro il livellamento di un'epoca conquistata dal concetto di massa. Da Byron a Baudelaire, da de Musset a Huysmans, molti furono gli interpreti di questo estetismo elevato a filosofia di vita. Intorno alla metà del secolo il dandysmo si affievolì e dopo un ultimo periodo di splendore a cavallo tra Otto e Novecento (si pensi a O. Wilde e al suo Ritratto di Dorian Gray) scomparve nel suo significato originario.

2) Imbarcazione a vela da diporto, con scafo in legno. Poco diversa dallo yawl, ha il bompresso con fiocchi e due alberi: verso prora, maestra con randa e freccia, all'estrema poppa, mezzanella con vela Marconi.

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