Lessico

sf. [sec. XVI; dal latino data (pp. f. di dāre), data, consegnata].

1) Indicazione del giorno, del mese, dell'anno e generalmente anche del luogo in cui è scritta una lettera, firmato un documento o un accordo, emanata una legge, eseguita un'opera, stampato un libro, un giornale, ecc.: mettere la data; loc.: in data, alla data Per estensione, indicazione dell'epoca in cui avvenne, avviene o avverrà un determinato fatto: data di nascita; oggi è una data memorabile; ci vedremo a data da destinarsi; nel linguaggio commerciale, data di imbarco, di spedizione, di partenza della merce; a 10 giorni data, 10 giorni dopo quello segnato nella data.

2) Tempo da cui ha avuto inizio un determinato fatto: amicizia di vecchia data, avvenimento di fresca data.

3) Anticamente, l'atto del dare, consegna; in particolare: A) nel gioco delle carte, l'insieme delle carte che, a ogni giro, il giocatore riceve. B) Conferimento di un beneficio ecclesiastico. C) Tributo, imposta di vario genere.

Cenni storici

Il modo di indicare la data varia secondo il calendario usato e il sistema di computo cronologico adottato, ma gli elementi che fondamentalmente la costituiscono sono quattro: l'era, l'anno, il mese, il giorno. Un quinto elemento, frequentemente usato nell'antichità e nel Medioevo, è il ciclo. Nell'antica Grecia, dove calendari e metodi di calcolo cronologico furono diversi da città a città, la data era generalmente costituita dall'indicazione dell'anno mediante il nome del magistrato in carica: un arconte ad Atene, un eforo a Sparta, ecc. A partire dal sec. II a. C. si incominciò a usare anche la data secondo l'era olimpica: l'anno era indicato dal numero d'ordine dell'olimpiade (contando la prima al 776 a. C.) e dal numero d'ordine dell'anno nel ciclo olimpico quadriennale; questo metodo ebbe però scarsa applicazione fuori delle opere storiche e letterarie e fu abolito nel 395 d. C. Anche nell'antica Roma l'anno era indicato dal nome dei magistrati (i consoli) in carica; alla fine della repubblica, con l'avvento dell'impero, si incominciò a designare l'anno col nome dell'imperatore e il numero delle volte che gli era stata rinnovata la dignità annuale della tribunicia potestas. La datazione secondo l'era della fondazione di Roma, che fu usata soltanto nei Fasti consolari e in opere storico-letterarie, consisteva nel computo degli anni a partire appunto dall'anno della fondazione dell'urbe, corrispondente, secondo i calcoli di Catone, al 752 a. C. e, secondo quelli di Varrone, al 753. Nel sec. VI s'incominciò a usare anche la data secondo l'era cristiana: dai calcoli di Dionigi il Piccolo la data della nascita di Cristo fu fissata al 25 dicembre dell'anno 753 dalla fondazione di Roma e pertanto all'anno 754 dalla fondazione di Roma si fece corrispondere l'anno 1 dell'era cristiana (oggi si calcola che in realtà quella data sia in ritardo su quella reale di sei o sette anni). L'uso dell'era cristiana nella data si diffuse molto lentamente in Europa e divenne d'uso generale solo dopo il sec. XI. Anche dopo questa unificazione rimasero, fin verso la metà del sec. XVI, notevoli differenze nella datazione, corrispondenti anche a differenze di calendario. Le date s'indicavano secondo diversi stili (cioè modi di calcolare l'inizio dell'anno): lo stile della Natività, contraddistinto dalla formula anno a nativitate Domini o anno Domini, che faceva iniziare l'anno dal 25 dicembre; dell'Incarnazione (formule: anno ab incarnatione Domini o anno Domini incarnationis, che faceva iniziare l'anno dal 25 marzo, festa dell'Annunciazione; della Circoncisione o moderno, che fa iniziare l'anno dal 1º gennaio; veneto, con inizio dell'anno al 1º marzo; fiorentino e pisano, entrambi con inizio al 25 marzo, ma in ritardo di un anno il pisano sul fiorentino; bizantino, con inizio al 1º settembre; francese, con inizio mobile secondo la Pasqua. Tutti questi stili erano così chiamati dai luoghi dov'erano prevalentemente usati. Spesso queste formule furono confuse, per cui possono trovarsi formule proprie di uno stile usate in luogo di altre. Per indicare i mesi, a partire dal calendario giuliano, si adottarono quelli in uso tuttora; per indicare la data del giorno si usò, nel Medioevo, il sistema romano sia pure alquanto semplificato (cioè i giorni venivano determinati in base alle calende, alle none e alle idi); ma si usarono anche altri metodi, tra cui la cosiddetta consuetudo Bononiensis, per cui i primi 15 giorni del mese si indicavano come si fa ancor oggi (con la specificazione talvolta della formula intrante mese), mentre i rimanenti si contavano alla rovescia partendo dall'ultimo giorno del mese. Si usò indicare il giorno anche riferendosi alle festività del calendario religioso. L'uso moderno di contare i giorni dal primo del mese all'ultimo è di origine orientale: introdotto dalla Siria in Egitto e di qui in Grecia, passò in Italia verso il sec. VI, ma solo dal sec. XIII fu universalmente diffuso.

Diritto

Per data si intende il momento in cui una determinata situazione giuridicamente rilevante si costituisce o viene a cessare: è il caso della prescrizione e dell'usucapione. Il Codice Civile stabilisce che il tempo si misura attraverso il calendario gregoriano, tenendo presente che non deve computarsi il giorno iniziale del termine mentre si deve calcolare quello finale. Se questo cade di giorno festivo il termine viene prorogato di diritto a quello successivo. Per la certezza della data gli atti pubblici (notarili, di stato civile, verbali e attestazioni di pubblici ufficiali) formano piena prova; per le scritture private si deve fare riferimento alla registrazione, alla morte successiva di uno dei sottoscrittori, alla riproduzione del contenuto della scrittura in un atto pubblico avente, in quanto tale, data certa.

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