Lessico

sf. [sec. XIV; da dente].

1) Il complesso e la disposizione dei denti dell'uomo e degli animali, per lo più impiantati nella mascella e nella mandibola. La dentatura dicesi omodonte allorché tutti i denti sono uguali, eterodonte se hanno forma e funzioni diverse; monofiodonte, nel caso in cui i denti non vengano mai cambiati nel corso della vita; polifiodonte, nel caso in cui vengano cambiati più volte, e difiodonte allorché, come nell'uomo, vengono mutati due volte; in quest'ultimo caso vi è una dentatura decidua che non comprende i molari e che viene sostituita gradualmente da una dentatura definitiva o permanente.

2) In tecnologia meccanica, successione alternata e regolare di denti e vani lungo la fascia esterna di una ruota dentata o di una cremagliera. Le dentature possono essere classificate in base alla forma del profilo del dente. Le principali dentature sono: la dentatura cicloidale, nella quale il profilo del dente corrispondente all'addendum è un arco di epicicloide e quello corrispondente al dedendum un arco di ipocicloide; la dentatura a evolvente, nella quale il profilo del dente è un arco di evolvente di circonferenza.

3) In zoologia, dentatura gastrica, insieme di pezzi fortemente chitinizzati presente nello stomaco di alcuni artropodi, con funzione di triturazione del cibo.

Anatomia comparata

I denti sono parti modificate dello scheletro dermico, ma vengono solitamente considerati strutture dell'apparato digerente, poiché posizionati nella cavità orale. I denti sono assenti nei Cordati Inferiori e nei Vertebrati Agnati, viventi o fossili. Una dentatura vera e propria, costituita da denti di forma tipica secondo le classi e gli ordini, si trova in quasi tutti i Vertebrati; la sua assenza nei Testudinati e negli Uccelli è dovuta a reazione secondaria). Nei Vertebrati inferiori i denti appoggiano su un sostegno connettivale, mentre in quelli superiori sono saldamente uniti allo scheletro. I denti possono trovarsi in posizioni diverse nella cavità boccale. Nei Mammiferi e nei Selacei i denti formano una singola serie marginale lungo ciascun mascellare. In molti altri gruppi, invece, i denti non si sviluppano solo sui margini mascellari.Così per esempio, in molti Osteitti, Anfibi e Rettili, possono impiantarsi sul palato, sul vomere, sul parasfenoide, ecc.; in alcuni pesci ossei addirittura sulle ossa faringee superiori e inferiori, derivate dall'ultimo arco branchiale. In alcuni casi, come nei Condritti, sono disposti in più file parallele che possono funzionare contemporaneamente (razze), o in tempi successivi, man mano che la fila più esterna viene eliminata (squali). Negli Anfibi i denti generalmente sono poco sviluppati e caduchi; nei Rettili vengono cambiati varie volte; nei Mammiferi in genere si hanno due dentizioni (dentatura difiodonte): la prima da latte o decidua e la seconda permanente o definitiva. Fanno eccezione gli Odontoceti (delfini), che sono considerati monofiodonti in quanto i denti da latte permangono per tutta la vita, e alcuni insettivori e chirotteri dove spuntano solamente i denti derivanti dalla seconda dentizione. In alcuni animali, anch'essi considerati monofiodonti, la sostituzione dei denti avviene in modo parziale, per esempio in alcuni marsupiali viene cambiato solo un premolare. In alcuni Vertebrati può esservi omeodontia a denti conici (per esempio, Rettili, Cetacei Odontoceti) o a denti trituranti (per esempio, razze). L'eterodontia tipica è quella dei Mammiferi, nei quali si hanno gruppi di denti di forma notevolmente diversa (incisivi, canini, premolari, molari). Le caratteristiche di tali gruppi di denti variano considerevolmente anche nelle singole specie di questa classe zoologica, assumendo talora aspetti e sviluppi del tutto singolari (per esempio, zanne degli elefanti per gli incisivi, zanne dei Suidi per i canini). La forma della corona dei denti nei Mammiferi differisce secondo il regime alimentare. I denti dei Mammiferi possono essere a crescita continua o definita; i primi si accrescono continuamente dalla base, mentre si consumano all'estremità, sono privi di radice e alla base presentano un'ampia cavità della polpa (Roditori, zanne dell'elefante e del cinghiale); nei secondi l'accrescimento dopo un certo tempo si arresta e la cavità della polpa è ridotta (Uomo, Carnivori).

Antropologia

Nell'uomo si ha una dentizione costituita da denti decidui (due incisivi, un canino, due premolari su ciascun lato della mascella e della mandibola), sostituita gradualmente dalla dentatura permanente così distribuita: 14-16 denti sull'arcata dentaria superiore e 14-16 su quella inferiore. Ogni arcata è poi suddivisa in due semiarcate, ciascuna portante 6-8 denti che, per morfologia e funzioni, sono a loro volta distinti in incisivi (I), canini (C), premolari (P) e molari (M). Questa condizione viene espressa dalla seguente formula dentaria: I ²/₂; C ¹/₁; P ²/₂; M 3/₃ (²/₂) che costituisce la forma convenzionale per rappresentare in modo sintetico il numero di ciascuno dei quattro tipi di denti presenti in una semiarcata superiore e in una inferiore. Questa formula dentaria è comune a tutte le scimmie catarrine ed è riscontrabile, quindi, in tutti quei primati attuali del Vecchio Mondo che, come il gorilla, lo scimpanzé, il macaco, ecc., vengono classificati in questa unità tassonomica. Nonostante ciò, molte sono le caratteristiche che differenziano la dentatura umana da quella delle varie catarrine. Una prima differenza generale si riferisce alla forma dell'arcata dentale: mentre nei pongidi i denti sono distribuiti in modo da descrivere una stretta U a branche parallele o leggermente convergenti antero-posteriormente, nell'uomo, e negli ominidi in genere, essi descrivono un arco di cerchio piuttosto regolare e aperto (paraboloide). L'arcata dentale superiore dei pongidi è poi caratterizzata dalla costante presenza di uno spazio vuoto (diastema) tra i canini e la serie degli incisivi. Accanto a queste differenze ne vanno sottolineate altre: gli incisivi dell'arcata superiore dei pongidi sono, in generale, più voluminosi e robusti di quelli umani; nell'uomo e negli ominidi fossili i canini presentano dimensioni ridotte contrariamente a quanto succede nei pongidi, dove sono relativamente voluminosi; la forma a cono dei canini dei pongidi il cui apice, appuntito, sopravanza abbondantemente il piano di occlusione in modo da sovrapporsi latero-anteriormente ai canini dell'arcata inferiore e impedisce movimenti di lateralità della masticazione. I premolari e i molari assumono una peculiare importanza diagnostica nella differenziazione dei pongidi da un lato e degli ominidi dall'altro: il primo premolare superiore dell'uomo si differenzia da quello delle varie catarrine per possedere due sole radici anziché tre, mentre il primo premolare inferiore è bicuspidato contrariamente a quanto succede nei pongidi dove è monocuspidato. I molari sono molto importanti dal punto di vista comparativo perché le loro differenze non riguardano tanto la presenza o l'assenza di determinate caratteristiche morfologiche, quanto una più fine variabilità attuata su un modello strutturale fondamentalmente comune (dimensioni globali, maggiore o minore prominenza delle cuspidi della superficie masticatoria e delle creste che le uniscono); nell'uomo si assiste spesso alla riduzione a 4 delle iniziali 5 cuspidi dei molari inferiori, mentre nei molari superiori si passa dalla forma a 4 cuspidi originale a quella a 3. Lo studio della dentatura assume notevole importanza quando viene condotto a livello di forme fossili; infatti la maggior parte dei resti fossili d'interesse antropologico è costituita da denti che, meglio di ogni altra parte scheletrica, hanno resistito ai processi degenerativi successivi alla morte dell'individuo. Va sottolineato, fra l'altro, che i denti, per la loro complessa struttura, sono uno degli elementi fondamentali per la ricostruzione dei rapporti filogenetici intercorrenti tra le forme che si sono succedute nel tempo; ciò perché più una struttura è complessa, meno probabilità ha di ripetersi in forme e momenti diversi nell'evoluzione. La struttura generale della dentatura umana attuale è forse riconducibile ai resti miocenici del Sivapithecus. Dai resti fossili pervenutici, infatti, l'arcata dentaria superiore del Sivapithecus si avvicina già a quella umana presentandosi a forma di arco di cerchio relativamente regolare, contrariamente a quella presente in resti di altri primati suoi contemporanei quali il Dryopithecus e il Plyopithecus, in cui sono invece riconoscibili la forma a V oppure quella a U. Sivapithecus presenta dei caratteri dentari che lo avvicinerebbero ad Australopithecus: molari grandi rispetto ai denti anteriori e al presunto peso corporeo, canini relativamente brevi e tozzi, aventi tendenza a logorarsi sia a partire dalla punta sia dalle superfici mesiale e distale. Nello scheletro facciale tuttavia Sivapithecus possiede caratteri che lo avvicinerebbe all'orangutan con il quale condivide anche la presenza di molari a smalto spesso. È probabile che Sivapithecus sia alla base della separazione tra la linea evolutiva dell'orangutan e quella delle antropomorfe africane avvenuta circa 12 milioni di anni fà. La conformazione della superficie di occlusione dei molari inferiori si allontanerebbe da quella delle Dryopitecinae pur mantenendo in comune con queste la caratteristica forma pentacuspidata (che ha assunto la denominazione 5 Y, a causa del disegno determinato dall'incrociarsi dei solchi che separano le cuspidi) da cui sarebbe derivata quella umana per fusione della cuspide antero-mediale (metaconide) con quella medio-laterale (ipoconide). Per quanto riguarda gli Australopiteci, la dentatura mostra caratteristiche ormai tipiche del successivo genere Homo, anche se sussistono ancora alcune differenze dovute soprattutto al tipo di alimentazione.

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