Lessico

sf. [sec. XIII; da dimostrare].

1) L'atto e il modo con cui si manifesta un sentimento. Per estensione, tutto ciò che serve a dimostrare, a provare qualche cosa. Per il diritto, vedi prova.

2) Procedimento per mostrare come, assunte per vere certe premesse, o ipotesi, da esse discenda la validità di un'asserzione, o tesi. Tra le dimostrazioni tradizionalmente usate in matematica, le dimostrazioni dirette di esistenza di un determinato ente consistono nello stabilire come quell'ente può essere praticamente costruito; le dimostrazioni indirette sono invece dimostrazioni per assurdo e consistono nel mostrare come la negazione dell'ipotesi porti a conclusioni in contraddizione con teoremi già dimostrati.

3) Manifestazione pubblica, per lo più a carattere politico o sindacale: un'imponente dimostrazione per la pace.

4) Spiegamento di forze militari a scopo dimostrativo o intimidatorio.

Logica: generalità

La connessione tra ipotesi e tesi deve essere tale che dalla validità della prima discenda la validità della seconda. Proprio per questo la connessione che si deve stabilire deve essere indubitabile ed evidente. Le diverse accezioni di dimostrazione dipendono dal tipo di collegamento su cui si fondano. Grosso modo si possono distinguere due gruppi di connessioni: quelle che prescindono dal portato concettuale delle asserzioni e si fondano quindi sulla loro pura forma e quelle che si valgono di legami tra i concetti e i fatti cui gli asserti fanno riferimento. Le prime sono quindi di applicazione universale, in quanto si basano sul fatto che si considerano proposizioni; le seconde dipendono dall'ambito in cui si inseriscono e la loro evidenza varierà secondo quello che si presuppone di sapere su ciascuno di questi ambiti. Al primo gruppo appartengono le dimostrazioni logico-matematiche, che già in età classica vengono rigidamente formulate in rigorose catene di inferenze, presentando quei caratteri di necessità ed evidenza che ne faranno un modello per ogni altro ambito. Al secondo gruppo appartengono le dimostrazioni empiriche, sperimentali, filosofiche. Non sempre questi tipi sono esattamente distinti gli uni dagli altri, né in un determinato ambito viene utilizzato un solo tipo di dimostrazione. Una dimostrazione empirica è costituita, in sostanza, dall'esibizione di un qualcosa a riprova di quanto asserito; per esempio, all'asserzione “la stilografica è scarica” si fa seguire una serie di gesti che mostrano come il pennino non lasci tracce di inchiostro sulla carta. La validità di questo tipo di dimostrazione non è sempre pari alla sua forza di persuasione. Sperimentale è invece quella dimostrazione che verifica un asserto mediante tutta una serie di atti e di strumenti, all'uopo realizzati, il cui fine è di porre in rilievo le condizioni che consentono il verificarsi di quanto asserito e lo isolano da altri dati o fenomeni non essenziali: per esempio, la dimostrazione in laboratorio della legge fondamentale della dinamica. La dimostrazione filosofica è la più ampia e nel contempo la più aleatoria, in quanto la sua validità e i metodi da essa utilizzati sono in stretta dipendenza dal particolare sistema filosofico in cui essa viene impiegata. Non solo essa utilizza i metodi più svariati (deduzione, induzione, analogia, assurdo, esaustione, dialettica e così via), ma presenta anche l'accettazione o la negazione di questo o di quel principio logico fondamentale.

Logica: cenni storici

Una prima precisazione della nozione generale di dimostrazione si deve ad Aristotele, per il quale la dimostrazione è un “sillogismo fondato su premesse necessarie” o anche “sillogismo scientifico”, cioè quello grazie al quale “per il fatto di possederlo, noi sappiamo”, sempre che esso si fondi su “proposizioni prime, indimostrabili” o su proposizioni da queste ricavate. Questa concezione della dimostrazione resta sostanzialmente inalterata per tutto il Medioevo. In età moderna la nozione viene riformulata privilegiando ora il carattere necessario ora quello evidente. In Cartesio la dimostrazione viene intesa come deduzione, mentre in Locke essa è il metodo che consente di rilevare l'accordo o il disaccordo tra due idee mediante altre idee, intermedie. In Leibniz la dimostrazione è data da definizioni e da operazioni logiche che combinano tali definizioni. Per Kant la dimostrazione è “soltanto una prova apodittica, in quanto è intuitiva” e in questo senso solo la matematica possiede dimostrazione. In Frege la nozione generale di dimostrazione viene ulteriormente precisata; egli distingue tra dimostrazioni condotte in modo puramente logico e dimostrazione che si appoggiano a fatti empirici. Egli riconosce maggior validità alle prime, ma in entrambi i casi rileva l'inadeguatezza del linguaggio in cui vengono formulate, troppo spesso impreciso e ambiguo. Frege cerca di ovviare a ciò con l'introduzione di un simbolismo, l'ideografia, in cui vengano meno la suggestione del contenuto e ogni imprecisione linguistica. La dimostrazione diviene allora una catena deduttiva la cui validità dipende unicamente dalla sua correttezza logica. Siamo di fronte alla dimostrazione intesa come derivazione. Nell'ambito delle ricerche sui fondamenti della matematica, Hilbert dà un'accezione più ampia alla nozione di dimostrazione in quanto non si tratta più della dimostrazione di un dato asserto, ma di quella relativa a una data proprietà di un'intera teoria formalizzata. E la sua teoria della dimostrazione (Beweistheorie) è lo studio metamatematico delle teorie formalizzate il cui scopo è mostrare la consistenza delle singole teorie matematiche attraverso un'accurata analisi della struttura combinatoria delle dimostrazioni in esse impiegate. Verrebbero in tal modo giustificati i metodi dimostrativi delle teorie in esame. L'attenzione si sposta allora dai metodi per condurre una dimostrazione ai mezzi in essa utilizzati. Per Hilbert e i finitisti, questi debbono essere finiti ed essere compresi nella teoria formalizzata di cui si deve mostrare la consistenza. Il teorema di Gödel vanifica tale programma in quanto mostra l'impossibilità di dimostrare la consistenza dell'aritmetica di Peano senza utilizzare strumenti che la trascendono. Cercando altre nozioni di dimostrazione, Gentzen introduce una nozione di dimostrazione che non è più finitista, ma ancora costruttivista e con la quale dimostra la consistenza dell'aritmetica di Peano. Di tipo costruttivista è pure la nozione intuizionista di dimostrazione, la cui applicazione viene delimitata a quegli enti dei quali si possa esibire un esemplare. Le più recenti ricerche sulla dimostrazione non sono più strettamente collegate al problema della consistenza di una teoria ma sono piuttosto un'analisi della dimostrazione in senso astratto e delle relazioni intercorrenti tra i vari tipi di dimostrazione.

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