diploidìa

sf. [sec. XIX; da diploide]. Presenza in una cellula di un corredo cromosomico 2n (diploide) che risulta dalla fusione di due gameti, ciascuno dei quali contiene un numero aploide (n) di cromosomi (per esempio nell'uomo, 23 cromosomi provengono dal padre, 23 dalla madre). La diploidia, caratterizzata dalla presenza di due copie di ciascun gene omologo, nel corso dell'evoluzione si è progressivamente affermata a scapito dell'aploidia, tuttora prevalente nelle forme di vita più semplici, perché presenta un evidente vantaggio selettivo: un individuo provvisto di due copie per ciascun gene, ammettendo che queste non siano identiche tra loro (condizione definita come eterozigosi) potrà avere due opportunità, e “scegliere” fra queste quale sia la più adatta all'ambiente; inoltre, nel caso in cui un gene vitale subisca una mutazione che ne sopprime la funzionalità, tale emergenza può essere tamponata dalla presenza dell'altra copia del gene, che ha una probabilità di essere funzionale tanto più alta quanto maggiore è la probabilità di incrocio e la variabilità genetica all'interno della specie di cui l'individuo fa parte. Nell'ambito dei vari phila, sia vegetali sia animali, si può notare che più alto è il grado evolutivo, maggiore è la tendenza alla diploidia delle cellule somatiche, mentre la condizione aploide permane nelle sole cellule riproduttive. Già nel mondo batterico, costituito da organismi procarioti, aploidi per l'intero ciclo vitale, troviamo una forma molto particolare di diploidia rappresentata dai plasmodi. Salendo nella scala evolutiva si incontrano poi degli organismi, quale, per esempio, l'alga verdeChlamydomonas che, pur essendo aploidi, affrontano un periodo di vita latente in una fase di diploidia quando le condizioni ambientali diventano avverse. Questo comportamento è molto primitivo, ma è particolarmente utile ai fini della comprensione di quanto siano fortemente legati fra loro il costituirsi di una forma di diploidia e la pressione selettiva. Interessante è anche il comportamento tipico di alcune piante semplici, quali la lattuga di mare (Ulva lactuca). Questa è in grado di “scegliere” fra la condizione aploide e quella diploide, attraverso due diversi meccanismi riproduttivi: un individuo aploide, detto gametofito, conclude il suo ciclo riproduttivo con la formazione di gameti, anch'essi aploidi, che si uniscono e danno vita a un intero organismo diploide. Questo è detto a sua volta sporofito perché è in grado di generare spore aploidi che hanno subito la meiosi. Anche in questo caso è stato possibile dimostrare che al gametofito spetta il compito di conquistare un ambiente favorevole, mentre lo sporofito è estremamente avvantaggiato dal suo doppio corredo cromosomico, che gli consente di fronteggiare in modo efficace le avversità. Anche nel mondo animale si osserva la successiva conquista della condizione diploide a scapito di quella aploide: mentre la maggioranza dei metazoi ha cellule somatiche 2n e gameti aploidi, alcuni protozoi subiscono la riduzione del numero cromosomico successiva alla formazione dello zigote, e quindi tutti gli altri stadi della vita sono aploidi. In altri casi, quali quelli dei foraminiferi, i cui fossili risalgono al Precambriano, si osserva un particolare ciclo riproduttivo: la forma diploide, caratterizzata dall'avere un guscio calcareo piccolo, detto microsferico, è anche fenotipicamente diversa da quella aploide, provvista di un guscio macrosferico. In conclusione è possibile affermare che la condizione aploide è stata ben presto abbandonata, in quanto quella diploide rappresentava un modo sicuramente più vantaggioso di resistere alle pressioni selettive. Si ipotizza che i meccanismi riproduttivi più primitivi rappresentino l'origine del sistema di riproduzione poi affermatosi in tutti gli organismi eucarioti; la diploidia li caratterizza infatti per tutto il ciclo vitale, ma le loro cellule riproduttive subiscono la meiosi, sono aploidi nella loro forma matura e, grazie alla fecondazione, si uniscono a coppie mediante la differenziazione dei due sessi, dando origine a un nuovo individuo diploide con un patrimonio genetico globale diverso da quello dei suoi genitori; è ormai noto, peraltro, come la diversità genetica rappresenti la chiave per affrontare i processi attuati dalla selezione naturale.

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