emblèma

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sm. (pl. -i) [sec. XVI; dal latino emblēma, che risale al greco émblēma -atos, ornamento inserito].

1) Simbolo figurato al quale di solito è aggiunto, come complemento o anche come spiegazione, un motto. Per estensione, simbolo: la bandiera è l'emblema di uno Stato. Nato come imitazione umanistica delle scritture ideografiche, l'emblema ebbe larghissima voga tra il sec. XV e il XVII e fu usato sia nelle arti figurative sia in letteratura: numerosissimi furono in quei secoli le raccolte di emblemi e i trattati di emblematica, dall'Emblematum liber di Andrea Alciato (1531), che è il primo e anche il più noto, fino alla Iconologie, ou Traité des allégories, emblêmes, etc. di H. F. B. Gravelot e Ch. Nicolas Cochin, che segna il passaggio dall'emblematica ai moderni studi iconologici.

2) Quadretto a mosaico, di solito a tessere policrome finissime, che si eseguiva a parte su una lastra di marmo o su un tegolone e si inseriva poi al centro del pavimento, pure a mosaico, a scopo decorativo. Gli emblemi furono largamente diffusi nel tardo ellenismo, soprattutto in ambiente romano, rifacendosi al repertorio pittorico dei sec. IV-III a. C. (mosaico di Alessandro Magno nella Casa del Fauno a Pompei ; quadretti di Dioscuride di Samo); più tardi furono sostituiti da composizioni eseguite in situ, come il mosaico circostante.

3) Ornamento d'oro o d'argento, lavorato ad alto o basso rilievo e raffigurante una maschera, un animale o altro, applicato a tazze o coppe metalliche.

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