equità

Indice

Lessico

sf. [sec. XIII; da equo]. L'esser equo; imparzialità: la punizione va decisa con equità.

Diritto

Principio giuridico di origine romana che esprime l'esigenza di adeguare le norme di legge al caso particolare, allo scopo di attenuare, in taluni casi, la severità del diritto positivo. Alcune formule processuali romane, dette in bonum et aequum conceptae, imponevano al giudice di fissare l'ammontare delle condanne secondo un principio di giustizia. Sempre il diritto romano contrappone l'equità del pretore alla rigidità delle norme dello ius civile. § Il principio di equità è variamente applicato: in materia di risarcimento del danno, la legge prevede (art. 1226 del Codice Civile) che dove questo non risulti con precisione nel suo ammontare viene valutato dal giudice con equità; in tema di contratti, la legge prescrive che le parti sono tenute non solo a quanto in essi è stato stabilito, ma anche alle relative conseguenze di legge degli usi o dell'equità. Il giudice può applicare una riduzione della penale contrattuale di eccessivo importo (reductio ad aequitatem); può ancora applicare il principio di equità in altri casi in cui la rigorosa applicazione delle norme striderebbe con i comuni sentimenti di giustizia. Nel diritto processuale, oltre al caso di pronuncia secondo equità su richiesta concorde delle parti (e tale sentenza è inappellabile), vengono decise con il medesimo criterio le cause il cui valore non sia rilevante. Anche il giudizio arbitrale può essere pronunciato secondo equità qualora le parti abbiano in questo senso, e con qualsiasi forma, autorizzato a ciò gli arbitri. § L'equità costituisce il criterio che presiede all'applicazione dei generalia iuris principia, vale a dire le fonti suppletive del diritto della Chiesa.

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