Lessico

sf. [sec. XIX; dal latino equitatío-ōnis, da equitāre, cavalcare]. L'arte del cavalcare. In campo militare è applicata alle esigenze del servizio, cioè al sapersi valere del cavallo non come mezzo di trasporto ma come vera e propria arma; in campo sportivo è una delle divisioni dell'ippica e si distingue in equitazione di campagna e in equitazione d'alta scuola.

Equitazione di campagna

Comprende, oltre al concorso ippico, la prova di addestramento, il concorso completo di equitazione, le prove all'aperto. La prova di addestramento (dressage) consiste nella presentazione del cavallo in una serie di movimenti codificati, da eseguirsi a memoria, secondo una successione prestabilita e comunicata ai concorrenti alcuni mesi prima della prova. Nei giochi olimpici i movimenti sono 37, nelle tre andature, con appoggiate, cambiamenti di piede, andature diagonali e laterali, arresti, volte e mezze volte, immobilizzazioni, passi a ritroso, passaggi obbligati, partenze al galoppo, eccetera. La prova si svolge in un recinto erboso o sabbioso di 60 × 20 m, nel tempo fisso di 15´. Viene assegnato un punteggio per l'esecuzione dei movimenti e uno per l'assetto del cavaliere, la presentazione complessiva, ecc. Il concorso “completo” di equitazione comprende tre prove individuali, che si svolgono in tre giorni consecutivi. Il primo giorno si svolge un dressage ridotto (durata 12´) e meno impegnativo. Il secondo giorno si disputa una prova di fondo su un percorso di 33,5 km comprendente (in tratte alternate di lunghezza diversa e da percorrersi in tempi prestabiliti): marcia su strade e sentieri, steeple-chase,cross-country, corsa al galoppo piana. Il terzo giorno si svolge una prova a ostacoli su un percorso di ca. 1100 m con 12 ostacoli dall'altezza massima di 1,20 m e larghezza di 3,50 m, compiuto alla cadenza di 400 m al minuto. Vince il “completo” il binomio cavaliere-cavallo che nei tre giorni ha totalizzato il maggior numero di punti e di abbuoni e il minor numero di penalità. Le prove all'aperto comprendono: percorsi con ostacoli su piste da corsa o steeple-chase, con cadenza di 650 m al minuto e ostacoli distanti ca. 300 m uno dall'altro; percorsi con ostacoli attraverso la campagna o cross-country, con cadenza di 450 m al minuto e ostacoli a 250 m uno dall'altro; prove di fondo in campagna, con o senza ostacoli, sulla distanza di 45-50 km; prove di gran fondo, su strade e sentieri, con o senza ostacoli, su distanze superiori a 50 km; prove di resistenza prolungata, consistenti in più prove di gran fondo compiute in più giorni successivi; prove di caccia al simulacro (paper hunts), simulazione di una caccia a cavallo in cui il selvatico è sostituito da un cavaliere che, partito prima dei concorrenti, lascia lungo il percorso una traccia. Le prove olimpiche comprendono il dressage, il “completo” e il Gran Premio delle Nazioni, una gara di salto di 12-14 ostacoli, su due prove, con barrage su 6-8 ostacoli e classifiche individuali e a squadre.

Cenni storici

La diffusione dell'equitazione si fa risalire ai popoli orientali in genere e agli Sciti in particolare. Per lungo tempo si cavalcò a pelo; i Persiani introdussero l'uso di coperte che i Greci trasformarono in una sorta di cuscino affrancato da cinghie; solo nel tardo impero i Romani adottarono una vera e propria sella con arcioni, ma senza staffe che comparvero più tardi (sec. VI). Per tutto il Medioevo l'equitazione fu parte essenziale dell'addestramento degli uomini d'arme e la tecnica subì modificazioni e affinamenti. Nel 1134 sorse a Napoli, a opera di alcuni scudieri provenienti da Costantinopoli, una tra le prime scuole di equitazione. Sempre a Napoli, nel 1492, il principe Giambattista Pignatelli aprì un'accademia di equitazione e adottò il sistema di insegnamento mediante maneggio che subito si diffuse accrescendo il lustro della scuola italiana che a Bologna, Mantova e Padova contava altri centri molto noti. Dall'Italia l'equitazione accademica passò in Francia a opera del De la Brue, allievo del Pignatelli. Sotto l'impulso delle due scuole, italiana e francese, l'equitazione raggiunse un alto grado di perfezione stilistica, assumendo nell'alta scuola aspetti addirittura acrobatici e di danza. Nei sec. XVII e XVIII vi furono reazioni ai precetti delle scuole italiana e francese col rifiutare i virtuosismi e le forzature dell'alta scuola per far luogo a un'“equitazione naturale” che si impose però solo all'inizio del Novecento per merito principale di F. Caprilli: questa è basata sul principio che il cavallo deve poter assumere la posizione che più gli risulta congeniale, per cui il cavaliere, pur senza mancare di imporre all'animale la propria volontà, procura di assecondarlo in ogni suo movimento.

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