Descrizione generale

sf. [sec. XIV; da espropriare]. Privazione del diritto di proprietà. Nel diritto romano era l'atto con cui l'autorità, al fine di soddisfare un pubblico interesse, s'impadroniva di cosa appartenente al privato cittadino, corrispondendogli o meno un indennizzo. L'istituto sembra essere ignorato dalla giurisprudenza classica e applicato invece nel basso Impero nei casi di demolizione di edifici e di terreni lasciati incolti. § Nel nostro ordinamento giuridico, l'espropriazione può avvenire solo quando un soggetto sia tenuto ad adempiere un'obbligazione a contenuto pecuniario e non l'adempie (espropriazione forzata) e quando ne sia motivo l'interesse generale (espropriazione per pubblica utilità): in questo caso l'espropriato ha diritto all'indennizzo.

Espropriazione forzata

Forma di tutela giurisdizionale dei diritti che si esercita nel processo esecutivo, ossia in quella seconda fase del procedimento giudiziario che presuppone l'accertamento del diritto a esigere e porta alla realizzazione concreta di quanto è dovuto. In sostanza l'espropriazione si configura come spogliazione coattiva di un bene, mobile o immobile, che viene compiuta dal creditore sul debitore; essa presuppone che il credito sia stato accertato con sentenza passata in giudicato o che sia contenuto in un titolo esecutivo (per esempio cambiale) che per sua natura è idoneo a un'immediata soddisfazione economica senza che debba essere accertato giudiziariamente. Il procedimento espropriativo si sviluppa in tre momenti fondamentali: pignoramento; assegnazione o vendita; distribuzione della somma ricavata ai creditori. Se vi è un solo creditore, il giudice stabilisce che gli sia pagato quanto gli spetta per capitale, interessi e spese; se invece vi sono più creditori la somma viene distribuita fra essi con particolare riguardo per coloro che siano in possesso di cause legittime di prelazione (creditori privilegiati, pignoratizi, o ipotecari). L'eventuale somma che rimane viene riconsegnata al debitore o a chi ha subito l'espropriazione. Qualora durante il procedimento espropriativo sorgano controversie sulla sussistenza o sull'ammontare di uno o più crediti o sulla sussistenza dei diritti di prelazione, il procedimento espropriativo subisce un'interruzione e il giudice dell'esecuzione provvede all'istruzione della causa se è competente, altrimenti rimette le parti davanti al giudice competente fissando nello stesso tempo un termine perentorio per la riassunzione del processo espropriativo. Se non intende sospendere completamente il procedimento, il giudice può provvedere alla distribuzione della somma ricavata per cui non siano sorte controversie. Altre forme di espropriazione sono: l'espropriazione presso terzi, per esempio di crediti che il debitore abbia presso terzi; l'espropriazione contro il terzo proprietario; l'espropriazione di beni indivisi. Il creditore può avvalersi cumulativamente dei diversi mezzi di espropriazione. Naturalmente egli trova un limite nel valore del proprio credito che non deve essere inferiore al valore dei beni espropriati. In questo caso, infatti, su richiesta del debitore, il pretore o il giudice dell'esecuzione immobiliare, se è iniziata anche questa, possono limitare l'espropriazione al mezzo che il creditore sceglie o, in mancanza, a quello stabilito dal giudice stesso. Anche una volta avvenuto il pignoramento, su richiesta del debitore o anche d'ufficio, il pignoramento stesso può essere ridotto al valore dei crediti e delle spese, sentiti il creditore pignorante e i creditori intervenuti.

Espropriazione per pubblica utilità

Forma di limitazione del diritto di proprietà per motivi di pubblico interesse. L'ordinamento giuridico, sia nella Costituzione sia nel Codice Civile, prevede varie forme di limitazione; fra esse l'espropriazione per pubblica utilità è certamente la più onerosa perché, in presenza di un pubblico interesse, il diritto soggettivo sulla cosa propria “affievolisce”, tanto che il soggetto espropriato viene privato del bene di cui è proprietario e da questo affievolimento sorge il diritto a un indennizzo. Il fondamento giuridico di questa espropriazione è nell'art. 42 della vigente Costituzione repubblicana. Il Codice Civile inoltre prevede anche l'espropriazione di beni che interessano la produzione nazionale o di prevalente interesse pubblico. L'art. 42 della Costituzione riconosce e garantisce da un lato la proprietà privata, ma stabilisce anche che essa può essere “nei casi preveduti dalla legge, e salvo indennizzo, espropriata per motivi di interesse generale”. L'art. 43 poi amplia questo potere dello Stato, riconoscendo che “a fini di utilità generale, la legge può riservare originariamente o trasferire, mediante espropriazione e salvo indennizzo, allo Stato, a enti pubblici o a comunità di lavoratori o utenti, determinate imprese o categorie di imprese, che si riferiscano a servizi pubblici essenziali o a fonti di energia o a situazioni di monopolio e abbiano carattere di prevalente interesse generale”. Da ciò consegue che i beni che si possono espropriare sono i più vari e non solo i beni immobili e i diritti relativi a beni immobili cui fa riferimento la legge sull'espropriazione per pubblica utilità del 1865 alla quale si ispira la vigente legislazione.Per tutelare il soggetto privato da possibili abusi del potere esecutivo, al quale si ritiene appartenga il potere di espropriazione, l'art. 42 della Costituzione contiene, in materia di espropriazione, una riserva di legge. In base all'art. 3 del decreto del presidente della Repubblica n. 8 del 15 gennaio 1972 l'espropriazione viene demandata alle Regioni. Le condizioni che consentono l'espropriazione per pubblica utilità sono: l'esistenza di un interesse pubblico dichiarato per legge o accertato con atto amministrativo e la corresponsione di un'indennità. Per quanto riguarda l'espropriazione di beni immobili e di diritti relativi a beni immobili, una disciplina generale è contenuta nella legge 25 giugno 1865, n. 2359 ulteriormente modificata con legge n. 865 del 22 ottobre 1971. Una disciplina particolare regola l'attuazione di piani urbanistici, piani regolatori generali e particolareggiati. Per i beni diversi da quelli immobili è prevista l'espropriazione di beni d'interesse storico e artistico, del diritto d'autore e di privative industriali. Il procedimento espropriativo si apre con la “dichiarazione di pubblica utilità”, atto amministrativo con il quale si accerta l'esistenza dell'utilità pubblica delle opere che si vogliono compiere; esso è sovente sostituito dalla legge o dall'approvazione del progetto; in materia urbanistica l'approvazione dei piani regolatori particolareggiati vale anche come dichiarazione di pubblica utilità. Questa presuppone la domanda di chi vuole eseguire le opere (lo Stato, un ente pubblico o anche un soggetto privato) e deve contenere anche una relazione in ordine alle opere che si vogliono eseguire, alle spese, ai mezzi di esecuzione e al termine entro cui si intendono finire i lavori. La domanda può essere rifiutata se l'espropriante non dimostra di avere i mezzi per attuare le opere o per pagare l'indennità di espropriazione. La dichiarazione di pubblica utilità deve contenere i termini precisi entro i quali i lavori dovranno essere necessariamente terminati. Una volta ottenuta la dichiarazione di pubblica utilità, l'espropriante è tenuto a formare un piano particolareggiato di esecuzione dei lavori in questione e di descrizione dei terreni e costruzioni da espropriare. Approvato il piano di esecuzione dall'autorità competente, il prefetto ne ordina il deposito in ciascun comune nel quale deve avvenire l'espropriazione. Si possono comprendere nell'espropriazione non solo “beni indispensabili all'esecuzione dell'opera pubblica”, ma anche “quelli attigui in una determinata zona” che si rendano utili all'esecuzione dei lavori. L'espropriante deve inoltre compilare un elenco con l'indicazione dei proprietari da espropriare, la designazione dei beni e il prezzo che egli offre per l'espropriazione. L'inizio dei lavori è subordinato all'accordo coi proprietari sull'indennità. La dichiarazione di accettazione dell'indennità da parte dei proprietari deve essere fatta per iscritto e deve essere consegnata al sindaco del luogo dove si trovano i beni espropriati. Le dichiarazioni di accettazione e gli accordi conclusi devono essere trasmessi al prefetto il quale può autorizzare l'occupazione immediata dei fondi solo in seguito alla presentazione degli atti che provino che l'indennità è stata pagata o, in caso di opposizione, depositata nella Cassa Pubblica dei Depositi e Prestiti, per disposizione del pretore o del tribunale, competenti per valore e aventi giurisdizione nel comune in cui si trova l'immobile espropriato. Il prefetto comunicherà poi al presidente del tribunale del circondario in cui si trovano gli immobili espropriati l'elenco dei proprietari che non si sono accordati con l'espropriante.

L'indennità

Secondo la legge del 1865 l'indennità si fissava al “giusto prezzo che a giudizio dei periti avrebbe avuto l'immobile in una libera contrattazione di compravendita”. Questo criterio è ora sostituito da quello del valore agricolo medio determinato in modo differente per le aree esterne ai centri edificati e per le aree comprese in questi ultimi. Nel primo caso il valore agricolo medio è determinato ogni anno dall'apposita commissione riguardo al tipo di coltura in atto nell'area da espropriare. Nel caso di aree comprese nei centri edificati si fa riferimento al valore agricolo medio della coltura più redditizia tra quelle che, nella regione agraria in cui ricade l'area da espropriare, coprono una superficie superiore al 5% di quella coltivata nella regione agraria stessa. Tale valore è quindi moltiplicato per coefficienti differenti se l'area ricade nel territorio di comuni con popolazione inferiore o superiore ai 100.000 abitanti. Tale normativa è tuttavia provvisoria poiché due sentenze della Corte Costituzionale (30 gennaio 1980, n. 5, e 19 luglio 1983, n. 223) hanno ritenuto illegittima l'adozione del criterio del valore agricolo medio. Successivamente, la Corte di Cassazione ha ritenuto che la dichiarazione di incostituzionalità riguardi soltanto l'indennità da corrispondere per l'espropriazione delle aree edificabili (sentenza n. 5401 del 1984). In riferimento ai provvedimenti di espropriazione che abbiano a oggetto aree non edificabili continua pertanto ad applicarsi la normativa prevista dalla legge n. 865 del 22 ottobre 1971. Quanto alle aree edificabili, prevale la tesi secondo cui si deve applicare la normativa previgente introdotta dalla legge n. 2359 del 25 giugno 1865.

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