extraparlamentare o estraparlamentare

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agg. [sec. XX; extra-+parlamentare (aggettivo e sostantivo)]. Che avviene fuori del Parlamento; si dice generalmente di crisi ministeriale che non sia provocata da un voto di sfiducia del Parlamento. § Gruppi extraparlamentari, espressione usata dalla pubblicistica italiana a partire dalla fine degli anni Sessanta per indicare quei movimenti che, non rappresentati in Parlamento, si ponevano come alternativa ai partiti tradizionali attraverso una lotta radicale alle strutture statali. Usciti in genere dalla contestazione studentesca del 1968-69, di matrice ideologica marxista, ma in aspra polemica con la sinistra tradizionale, si collocarono in un ampio ventaglio ideologico, dal radicalismo al comunismo operaistico, allo spontaneismo. Nel 1975 due delle maggiori formazioni, PDUP (Partito di Unità Proletaria) e Avanguardia Operaia, presentarono proprie liste alle elezioni politiche ottenendo otto seggi; il relativo successo conseguito non riuscì in ogni modo a frenare le tendenze frazionistiche che hanno portato nel corso del tempo allo scioglimento di molti di questi gruppi o al riassorbimento in partiti dell'arco costituzionale.

E. Desideri, N. Massari, Gli extraparlamentari come e perché, Roma, 1972; E. Di Nallo, Indiani in città, Bologna, 1977; M. Monicelli, L'ultrasinistra in Italia, Bari, 1978; L. Bobbio, Storia di Lotta Continua, Milano, 1988.

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