Lessico

sf. [sec. XIII; latino familía, propr. l'insieme dei domestici].

1) Gruppo di persone legate da stretti vincoli di sangue, da parentela o da affinità e che normalmente conducono vita comune; in particolare, nucleo costituito da genitori e figli: una famiglia ricca, numerosa; padre, madre di famiglia, che hanno figli cui devono provvedere; figlio di famiglia, minorenne sottoposto ancora all'autorità dei genitori; farsi una famiglia, sposarsi; essere di famiglia, essere intimo, amico di casa; aria di famiglia, l'insieme delle caratteristiche fisiche o morali che sono comuni ai vari componenti di una famiglia; ricordo di famiglia, che si tramanda nella stessa famiglia da diverse generazioni; lavare i panni sporchi in famiglia, non far conoscere agli estranei le cose spiacevoli della propria famiglia; fare le cose in famiglia, alla buona, senza tante cerimonie; tipo famiglia, di merce economica; famiglia colonica, gruppo familiare che risiede nel podere che esso coltiva; Sacra Famiglia, Gesù Bambino, la Madonna e San Giuseppe o talvolta Sant'Anna; anche il quadro o il gruppo scultoreo in cui sono raffigurati.

2) Tutte le persone dello stesso sangue con i loro ascendenti e discendenti; stirpe, casata: una famiglia nobile; la famiglia reale. Per estensione, non comune, l'insieme delle persone di servizio in una casa o al seguito di un personaggio: la famiglia pontificia, persone ecclesiastiche e laiche addette al servizio personale e domestico del papa. Vi appartengono i cardinali palatini (datario e segretario di Stato), i ministri delle varie anticamere apostoliche, il gran maestro del S. Ospizio, i cubiculari (già noti come camerieri segreti).

3) Insieme di persone, animali o cose tra loro affini o aventi un qualunque vincolo comune: la famiglia umana; la famiglia dei medici, degli insegnanti; famiglia di lingue o famiglia linguistica; famiglia di parole, gruppo di parole derivate dalla stessa radice. In particolare: A) In biologia, categoria sistematica, inferiore all'ordine e superiore al genere, in cui vengono riuniti uno o più generi (animali o vegetali) affini per caratteri morfologici, anatomici e fisiologici. In zoologia i nomi delle famiglie terminano in -idi (per esempio Canidi, Felidi); in botanica terinano solitamente in -acee (per esempio Rosacee, Fagacee). B) In chimica, gruppo di elementi caratterizzati da proprietà chimiche e fisiche simili, per esempio la famiglia degli attinidi, dei lantanidi, dei transuranici, ecc. C) In petrografia, gruppo di rocce eruttive e metamorfiche che presentano composizione chimica analoga o che provengono dall'evoluzione dello stesso magma. D) Nella teoria degli insiemi, ogni insieme (collezione) non vuoto i cui elementi sono insiemi o enti di altro genere. Spesso codesti elementi sono in corrispondenza con un insieme di indici. In geometria, per famiglia di curve, di superfici, s'intende ogni insieme di curve, di superfici, dipendente da 1, 2 o in generale n parametri reali; in tal caso la famiglia si dice ∞¹, ∞², in generale ∞. E) In fisica nucleare, famiglia radioattiva, sequenza di elementi chimici con numero di massa decrescente, in cui ciascun elemento è generato dal precedente e genera il successivo per decadimento radioattivo.

Demografia

Famiglia di censimento, l'insieme delle persone abitualmente conviventi qualsivoglia siano i vincoli che li uniscono (di matrimonio, di parentela, di affinità, di adozione, di affetto, di lavoro, ecc.). Perché si abbia una famiglia ai fini del censimento, le persone devono coabitare e costituire un'unità economica, anche se limitata alla sola alimentazione (un insieme di persone coabitanti ma con distinte economie costituisce altrettante famiglie). Il foglio di famiglia è il modulo utilizzato nei censimenti demografici per rilevare le notizie relative a una famiglia.

Psicologia

Test della famiglia, test mentale di disegno, particolarmente utile nella psicologia dell'infanzia per individuare le dinamiche intrafamiliari e i processi di identificazione e di socializzazione, consistente nel far disegnare al soggetto o la propria famiglia, o, secondo altre versioni, una famiglia ideale. L'interpretazione è legata al numero dei personaggi, alla loro posizione reciproca, ai particolari disegnati di ciascuno, ecc.

Scienze sociali

La sociologia ha elaborato con un certo ritardo una convincente teoria della famiglia. Considerata a lungo un “fatto naturale” – sottratto alle trasformazioni radicali del costume e dei comportamenti proprie delle rivoluzioni dell'umanità – la famiglia è, invece, un luogo sociale complesso, che ha conosciuto considerevoli mutamenti nel tempo e in rapporto al variare delle condizioni storico-sociali. I tentativi prodotti a partire dal sec. XIX di definire un profilo socio-antropologico della famiglia e della sua evoluzione si basano sulla comparazione fra le strutture di convivenza presenti nelle comunità primitive (e nelle stesse specie animali, se si assume l'ottica dell'etologia e della sociobiologia) e le diverse articolazioni della famiglia nelle società complesse, o “tecnicamente sviluppate”. Un dato universale appare sotto questo profilo il divieto dell'incesto, che – proibendo le relazioni sessuali fra consanguinei – produce l'esogamia, intesa come ricerca del partner fuori del gruppo di appartenenza primario. Questa dinamica ha effetti sociali precisi, perché accresce la coesione del sistema, sottraendolo ai destini del gruppo tribale. Ma va detto che alcuni studi hanno gettato nuova luce anche su queste acquisizioni, per esempio perfezionando l'interpretazione del tabù dell'incesto e dimostrandone i diversi gradi di estensibilità al variare dei sistemi culturali e delle strutture socio-economiche. La famiglia è considerata da tutti i sociologi e gli etnologi – a partire dalla classica definizione di C. H. Cooley – come il gruppo primario per eccellenza, cioè regolato da relazioni faccia a faccia e dal prevalere delle funzioni di integrazione (affettive, espressive, ecc.) su quelle strumentali (perseguimento di un obiettivo puntuale e razionalmente individuato, come nel caso del gruppo lavorativo o simili). Tuttavia, è innegabile il ruolo fondamentale assolto dalla famiglia nel sistema economico. E ciò non solo nelle comunità primitive di cacciatori e raccoglitori, ma anche nelle società tradizionali, di tipo agricolo o pastorale. Nella stessa società industriale e postindustriale, del resto, la famiglia si configura come struttura portante per l'integrazione dei redditi, favorendo indirettamente la diversificazione delle attività e, talvolta, ponendosi come vera e propria unità di produzione di beni o servizi (azienda familiare). Sulla scorta degli studi di P. Laslett – negli anni Settanta e Ottanta – si è pervenuti a definire una tipologia delle strutture familiari fondata sul principio delle unità di coabitazione, o ménages. È possibile distinguere, quindi, famiglie di primo tipo, composte da persone sole (celibi, vedove o vedovi senza figli); di secondo tipo, che raccolgono consanguinei o parenti acquisiti in assenza di una coppia coniugale centrale (è il caso di fratelli o amici conviventi, di vedovi o non coniugati coabitanti con altri parenti, ecc.); famiglie nucleari o di terzo tipo, in cui la coppia coniugale, con o senza figli, costituisce il nucleo di convivenza; famiglie allargate di quarto tipo, che riuniscono individui in relazione di parentela con un nucleo coniugale centrale (in questo caso, si distingue ulteriormente fra relazione verticale e orizzontale, a seconda che prevalga una convivenza estesa a generazioni diverse o a diramazioni parentali più o meno lontane); famiglie polinucleari di quinto tipo, in cui coabitano almeno due coppie coniugali legate da vincoli di parentela. La famiglia allargata e quella polinucleare sono associate spesso nella denominazione di famiglie complesse. In quanto soggetto e oggetto del mutamento sociale, la famiglia conosce fenomeni di trasformazione particolarmente accelerati nelle fasi storiche di più intensa mobilità, anche se le persistenze culturali, etiche e comportamentali legate alle modalità della convivenza familiare si rivelano spesso molto profonde e durature. Nelle cosiddette società postindustriali contemporanee, per esempio, un caratteristico indicatore di trasformazione è dato dalla assai più diffusa propensione a ritardare l'esperienza matrimoniale, intesa nell'accezione convenzionale e legale di contratto istituzionalmente regolato. Di qui l'espansione delle famiglie di primo tipo nella forma dell'unità single, ma anche la protratta permanenza di figli maggiorenni nella famiglia d'origine e la crescita delle relazioni di convivenza more uxorio (non codificate a livello religioso e/o civile). Un altro indicatore di mutamento è dato dalla crescente instabilità coniugale, come segnala la diffusione dei divorzi e degli scioglimenti di fatto (il fenomeno appare, peraltro, ancora relativamente contenuto nel contesto italiano, dove l'istituto del divorzio risale appena agli anni Settanta del Novecento). Connesso all'instabilità del vincolo è il proliferare – soprattutto nell'area scandinava e anglosassone – delle famiglie “ricostituite”, in cui almeno uno dei due coniugi ha alle spalle una precedente unione. Di qui la situazione – relativamente inedita – di vincoli parentali in cui i legami di affinità (attraverso l'assunzione di ruoli parentali “impropri”) prevalgono su quelli tradizionali di consanguineità. Grande incidenza ha – nella trasformazione dell'istituto familiare – l'evoluzione dei modelli culturali della società. Il diminuito controllo sociale sulle relazioni sessuali e sui rapporti interpersonali favorisce, per esempio, la crescita della mobilità coniugale, rendendo più facile la sperimentazione di legami plurimi nel corso del ciclo di vita. La famiglia, peraltro, costituisce una dimensione portante della vicenda esistenziale e la sede privilegiata della formazione della personalità individuale (socializzazione primaria). Essa conserva, infatti, malgrado i processi di mutamento cui è esposta e nonostante siano mancati indirizzi di pensiero orientati a delegittimarne la funzione di riproduzione culturale, un ruolo privilegiato di trasmissione dei valori e dei modelli di comportamento, pur in presenza dell'espansione di altre agenzie di socializzazione educativa, quali la scolarizzazione di massa, e la diffusione della comunicazione per l'infanzia attraverso i grandi media.§ In campo etnologico si fa distinzione fra famiglia nucleare, composta da padre, madre e figli non sposati, e famiglia plurima. Questa si suddivide in: poliginica, un uomo con più donne; poliandrica, una donna con più uomini; amalgamata, derivata dalle nozze di un vedovo, di una vedova e di due vedovi con figli del matrimonio precedente; congiunta, quando in una sola casa e sotto l'autorità di uno stesso capo vivono consanguinei maschi con le loro mogli e la loro prole; estesa, analoga alla precedente, ma senza l'obbligo della residenza comune; domestica, costituita dal gruppo di congiunti che dividono una residenza comune. La famiglia, anche nella forma più semplice, evidenzia i quattro rapporti fondamentali che stanno alla base di molti gruppi sociali e cioè i rapporti di connubio, discendenza, fratellanza e co-residenza. In crescita, secondo una prospettiva antropologica tra il XX e il XXI secolo, è il fenomeno della famiglia multietnica. In Italia le famiglia multietniche appartengono essenzialmente a due tipologie: una che concerne i matrimoni e le convivenze di coppie miste, un'altra che riguarda le famiglie che scelgono le adozioni internazionali.

Cenni storici

La famiglia come il più elementare degli aggregati sociali presenta in ogni tempo caratteristiche etiche, sociali e giuridiche, conseguenti al legame tra madre, padre e figli. Presupposti ne sono: la necessità dell'allevamento, la coscienza del legame di sangue e l'elemento affettivo. Perché trascendente l'individuo, il rapporto familiare acquista valore etico; in quanto lega assieme membri della famiglia, ha valore sociale; in quanto necessario e non lasciato alla spontaneità dell'individuo, entra nella sfera del diritto. Questi valori si vengono evidenziando con il progredire dell'umanità e trovano già una loro collocazione nelle prime società civili: nell'antico Egitto ebbe grande evidenza la funzione della madre. Nella società assiro-babilonese la famiglie aveva un fondamento nettamente patriarcale e i figli vivevano accanto al capofamiglia e alle sue mogli (in genere non più di due). Fra gli Ebrei, a un primitivo matriarcato succedette il patriarcato con una piena sudditanza della moglie al marito, che poteva prendere più mogli ed esercitare egli solo il diritto di ripudio. In Persia il matrimonio rientrava tra i doveri religiosi e la prole era il segno della benevolenza degli dei. La famiglia era poligamica e abituali erano i matrimoni tra parenti stretti. In India la famiglia era patriarcale e il padre (alla sua morte il figlio maggiore) ne dirigeva gli atti religiosi ed economici. In Cina era amplissima la patria potestas, ma trovava un temperamento nell'autorità morale della madre; i vari gruppi familiari erano legati dal vincolo di un antenato comune attraverso il culto a lui attribuito e un forte senso di solidarietà collettiva; era consentito il concubinato. Nel mondo islamico rimane decisamente prevalente nella famiglia la figura del marito e padre, mentre la madre, pur godendo di personalità giuridica, è esclusa dalla vita sociale; sono consentiti la poligamia e il divorzio (esercitato solo dal marito). Nella Grecia antica la famiglia formava un aggregato sociale comprendente persone, cose, riti, allo scopo di perpetuare la stirpe e di conservare i riti familiari. La famiglia aveva una propria struttura e costituiva un ordinamento giuridico autonomo e preesistente a quello della pólis. Organo di collegamento tra i due ordinamenti era il polítes, cittadino di pieno diritto, membro attivo della pólis e titolare della famiglia; la donna entrava a far parte della famiglia maritale con il matrimonio e partecipava ai relativi riti, in quanto procreatrice di prole legittima e perpetuatrice della famiglia; per gli stessi motivi essa non poteva restare nella famiglia maritale alla morte del marito se non gli aveva dato dei figli o se non era incinta, né poteva convivere maritalmente con un polítes la forestiera che, come tale, non assicurava prole legittima. In mancanza di un titolare maschio, i relativi diritti patrimoniali, alla morte del marito, passavano alla moglie. In mancanza di discendenti, la famiglia, alla morte del suo titolare, passava al parente più prossimo, qualora non fosse preventivamente nominato un figlio adottivo; in presenza di figlie, l'adottato non poteva trasmettere i beni ai propri figli, in quanto eredi diventavano i discendenti della o delle figlie. A Roma la famiglia poteva essere formata: da un solo cittadino romano pater oppure da una sola cittadina non soggetta a un pater (sui iuris); da un pater, da una moglie legittima soggetta alla sua manus, da figli viventi sotto la patria potestas e concepiti in costanza di legittimo matrimonio dal pater o dai suoi discendenti maschi; dalle mogli legittime dei filii in potestate e divenute filiae nella condizione di nipoti mediante assoggettamento alla manus, dai filii adottati mediante arrogazione o per mezzo dell'adozione; da liberti e dai loro figli. Il patrimonio, comprensivo degli atti di culto e degli schiavi, era parte integrante della famiglia. Il termine famiglia però nella sua normale accezione serviva a indicare il nucleo familiare, composto di solito dal marito, dalla moglie, dai figli ed eventualmente dagli ulteriori discendenti dei figli maschi. Ragioni di culto, politiche, economiche e sociali sono avanzate dai vari autori per spiegare nell'antica Roma la convivenza in un'unica famiglia di gruppi di persone assai ampi e comprendenti anche i liberti, gli schiavi, ecc. Presso gli antichi Germani la famiglia in origine formava un organismo politico comprendente tutti i discendenti maschi dal medesimo ceppo, che costituivano una unità dell'esercito. Al suo interno la famiglia manteneva l'ordine, dirimendo le possibili controversie insorte e assicurando il diritto dei suoi membri contro chiunque dall'esterno avesse recato offesa a qualcuno di essi per mezzo della faida o del guidrigildo. L'autorità paterna era di natura giuridica e nel contempo anche sacrale: poteva imporre pene (anche la morte) a un membro della famiglia, ma con il consiglio dei maschi maggiorenni; poteva esporre il figlio o venderlo prima del suo riconoscimento e impegnare le figlie per il matrimonio. La sua autorità verso i figli maschi cessava con la loro entrata nel servizio militare. § Con l'avvento del cristianesimo il valore etico della famiglia venne esaltato e sancito il carattere monogamico e l'indissolubilità del nodo matrimoniale. Permasero invece le differenze fra uomo e donna sotto l'aspetto giuridico. La Rivoluzione francese tolse al diritto familiare ogni sacralità e lo rese laico ma, come si può constatare nel diritto napoleonico, lo mantenne quasi intatto facendo della famiglia il nucleo fondamentale dello Stato. All'interno della famiglia veniva meno invece il concetto d'indissolubilità del matrimonio, anche come effetto della massiccia partecipazione della donna al lavoro in fabbrica e negli uffici e il trasferimento di molti interessi dall'ambito familiare a quello sociale; in molte costituzioni statali entrava quindi di diritto anche il divorzio, mentre la patria potestas come diritto unico del padre mutava in esercizio di potere comune di entrambi i genitori e alla donna era riconosciuto più ampio diritto anche nell'ambito familiare.

Diritto

In Italia l'ordinamento giuridico, profondamente innovato dalla legge 19 maggio 1975, n. 151, considera la famiglia come un vincolo fra due o più persone, indipendentemente o meno dalla loro convivenza. La famiglia dà luogo a uno status familiae produttivo di diritti e di doveri (per esempio, successione legittima, filiazione, obblighi di assistenza alimentare). Questo status non deriva solo dal vincolo matrimoniale, ma anche da quello di parentela e di affinità. La riforma del diritto di famiglia, in applicazione dei principi sanciti negli articoli 29 e 30 della Costituzione, ha stabilito che l'indirizzo della vita familiare è concordato collegialmente dai coniugi e la moglie gode degli stessi diritti anche successori del marito; che il regime patrimoniale normale, in mancanza di una contraria volontà, è la comunione dei beni e che i figli naturali (pur se adulterini) hanno sostanzialmente gli stessi diritti dei figli legittimi anche in materia successoria. La famiglia è però anche un'istituzione sociale e in questo senso è definita dalla Costituzione come “società naturale fondata sul matrimonio”; essa è quindi un gruppo sociale che lo Stato riconosce come comunità avente una sua sfera di indipendenza e con suoi organi muniti di poteri-doveri. Queste funzioni però trascendono l'interesse individuale e investono tutto il gruppo familiare, per cui le norme riguardanti la famiglia hanno carattere pubblicistico e in quanto poste a tutela di un interesse sociale di ordine pubblico hanno il valore di diritti assoluti e indisponibili. Nelle controversie familiari è infatti obbligatorio l'intervento del Pubblico Ministero. § Nel diritto canonico i rapporti di famiglia (coniugio, consanguineità e affinità) hanno rilevanza sotto gli effetti dell'acquisizione del domicilio: per esempio la moglie non legittimamente separata ha il domicilio del marito, e il minore il domicilio del padre o di chi in sua vece esercita la potestà; il rapporto di parentela è causa d'incapacità a conseguire l'ufficio cardinalizio, per colui che è unito in primo o secondo grado di parentela con un cardinale vivente; nel diritto matrimoniale, è impedimento dirimente al matrimonio, non suscettibile di dispensa, il vincolo di precedente matrimonio, e così pure il legame di consanguineità fra i nubendi, in linea retta e nel primo grado della linea collaterale; è impedimento dirimente suscettibile di dispensa il legame di consanguineità nel secondo o nel terzo grado della linea collaterale, e così pure il legame di affinità in rapporto al nuovo diritto di famiglia; la Chiesa accetta le innovazioni ordinate alla continuità e sicurezza della famiglia; mantiene la sua avversione al divorzio e a ogni permissivismo disgregatore.

Linguistica

Insieme delle lingue di cui si può dimostrare una comune origine genealogica: è il caso dell'italiano, del francese, dello spagnolo, del portoghese, del romeno che formano la famiglia linguistica neolatina o romanza in quanto tutte queste lingue sono la continuazione del latino, o meglio di quel sistema di isoglosse che si chiama latino volgare. A sua volta il latino, il greco, l'ittita, l'armeno, il tocarico, le lingue arie, slave, baltiche, germaniche e celtiche formano la famiglia linguistica indeuropea in quanto hanno comune origine da un sistema di isoglosse che si ricostruisce solo attraverso la comparazione e al quale si dà il nome di indeuropeo. Per dimostrare che due o più lingue appartengono alla stessa famiglia, le affinità morfologiche e fonetiche si rivelano più importanti di quelle lessicali, perché la struttura grammaticale di una lingua è meno esposta agli influssi di altre tradizioni linguistiche che non gli elementi del suo lessico.

Bibliografia

Per l'etnologia

R. Fox, Kinship and Marriage, Londra, 1967; G. Castelli Gattinara, Antropologia della casa, Chieti, 1981.

Per la sociologia

R. C. Angell, The Family Encounters the Depression, Gloucester (Massachusetts), 1965; R. F. Winch, The Modern Family, New York, Chicago, San Francisco, 1966; N. W. Ackerman, Patologia e terapia della vita familiare, Milano, 1970; Th. Lidz, Famiglia e problemi di adattamento, Torino, 1972; M. Horkheimer, Studi sull'autorità e la famiglia, Torino, 1973; E. Barbieri, Famiglia e qualità della vita, Milano, 1990.

Per il diritto

G. B. Funaioli, L'evoluzione giuridica della famiglia e il suo avvenire al lume della Costituzione, Firenze, 1951; G. Bonilini, Nozioni del diritto di famiglia, Torino, 1987.

Per il diritto romano

G. Longo, Diritto romano - III: diritto di famiglia, Roma, 1953; E. Volterra, voce Famiglia (diritto romano), in “Enciclopedia del diritto”, vol. XVI, 1967; P. Ourliac-J. De Malafosse, Histoire du droit privé III: Le droit familial, Parigi, 1968; M. Kaser, Das römische Privatrecht, Monaco, 1971.

Per il diritto canonico

A. Bertola, Il matrimonio religioso, Torino, 1953; L. Chiappetta, Il matrimonio della nuova legislazione canonica e concordataria, Roma, 1990.

Per la linguistica

A. Meillet, Le problème de la parenté des langues, in Linguistique historique et linguistique générale, I vol., Parigi, 1921; V. Pisani, Parenté linguistique, in Saggi di linguistica storica, Torino, 1959.

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