fasti

sm. pl. Nell'antica religione romana, i giorni nei quali era “lecito” o fas (donde fasti) amministrare la giustizia. Si contrapponevano ai giorni nefasti, in cui era religiosamente proibito al pretore di pronunciare sentenze. Tra i giorni nefasti erano comprese le feste pubbliche. Questa qualificazione dei giorni dell'anno in favorevoli e sfavorevoli alle attività umane, assieme alle parentesi festive nello scorrere del tempo profano, è rinvenibile in tutte le culture che hanno formulato un calendario. La novità romana consiste nell'intenzione di proteggere e di rilevare una specifica attività, quella giudiziaria, il cui espletamento era considerato basilare e orientativo ai fini di un costrutto cosmologico di tipo calendariale. È per questo che il termine fasti divenne per i Romani sinonimo di calendario (Fasti s'intitola il noto poema di Ovidio). § La qualificazione del tempo in senso cosmologico oltre che cronologico veniva realizzata dai Romani anche con l'eponimato consolare, per cui ogni singolo anno prendeva nome dai consoli in carica e fasti consulares era la lista dei consoli succedutisi nel tempo, aggiornata e pubblicata dai pontefici. A questi si aggiunsero i fasti triumphales, cioè la lista dei comandanti che avevano ottenuto l'onore del trionfo. In tal modo si formava il senso della storia come valore, che distingue la cultura romana da altre culture i cui costrutti calendariali, per la loro ovvia ciclicità, realizzano piuttosto una fuga dalla storia, contrapposta come una non-realtà alle realtà d'ordine sacro.

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