fibròma

sm. (pl. -i) [sec. XIX; da fibro-+-oma]. Neoformazione benigna che ha origine dal tessuto connettivale. Può manifestarsi in sedi svariate ma più frequentemente compare a livello dell'utero o della mammella. La terapia è chirurgica. Quando i fibromi (in realtà, più propriamente, i fibromiomi, così definiti perché hanno anche una componente di tessuto muscolare) si manifestano a livello uterino provocano in genere emorragie abbondanti in corrispondenza col ciclo mestruale. Le terapie ormonali hanno un'efficacia momentanea e presuppongono un lungo periodo di trattamento non scevro da effetti collaterali, ma sono in grado di ritardare l'intervento chirurgico. L'uso di progestinici riduce le perdite di sangue, in quanto stimola una progressiva inattivazione dell'endometrio, la mucosa che riveste l'utero. L'impiego degli analoghi dell'ormone naturale di rilascio della gonadotropina (GnRH) provoca invece una brusca caduta del tasso di estrogeni, che fa scomparire il ciclo mestruale. Se da un lato questi principi attivi diminuiscono del 30% le dimensioni del fibroma, consentendo un approccio chirurgico meno invasivo, dall'altro inducono una menopausa chimica con tutti i disturbi a essa correlati. A questi ultimi rimedi tuttavia si ricorre nei casi di anemizzazione, dovuta alla presenza del fibroma. La loro assunzione per un periodo di 3-4 mesi riesce a ottenere un'adeguata concentrazione di ferro nel sangue, che permette di affrontare l'intervento di asportazione. § Il fibroma di Shope è un tumore fibroso del coniglio localizzato nel sottocute. Il tumore ha forma a palla, di consistenza dura, mobile quindi non aderente al sottocute. È provocato da un virus che, per la sua somiglianza a quello della mixomatosi, è stato classificato nei Poxvirus.

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