filiazióne o figliazióne

Indice

Lessico

sf. [sec. XIV; da figliare].

1) Generazione di una persona fisica sotto il profilo dei rapporti giuridici che sorgono tra genitori e generato. Fig., rapporto di derivazione di un'idea, di un'istituzione, di una lingua, da un'altra.

2) In fisica nucleare, filiazione radioattiva, fenomeno per cui un elemento radioattivo (genitore) si disintegra trasformandosi in altro elemento (figlio).

Diritto romano

Nel diritto romano i filii erano detti anche liberi con riferimento alle sole persone libere; essi costituivano i discendenti di qualsiasi grado ed erano iusti o legitimi, se concepiti in costanza di giuste nozze. La legittimità produceva varie conseguenze giuridiche: il figlio acquistava la cittadinanza del padre; se questi era cittadino romano, il figlio era soggetto alla sua potestas o a quella del pater, a cui era soggetto il genitore; per lesioni o ingiurie ai genitori il filius incorreva in gravi sanzioni; tra i genitori e il filius si creavano diritti successori reciproci; diritti reciproci agli alimenti sorgevano per causa di povertà o d'inabilità al lavoro. I figli illegittimi all'atto della nascita acquistavano la condizione giuridica della madre; più tardi diveniva possibile la loro legittimazione se nati da un uomo libero e da una concubina.

Diritto medievale

Nel Medioevo i figli illegittimi trovavano riconoscimento nella famiglia, anche se venivano dopo i legittimi, né vi erano precise distinzioni tra figli di una concubina o adulterini. Il diritto longobardo tuttavia contemplava la legittimazione come azione da esplicarsi in tribunale e con il consenso dei legittimi. Più difficile fu la condizione degli illegittimi nei Paesi cattolici, dove la Chiesa esigeva le unioni legittime. E solo faticosamente la loro posizione migliorò, dapprima con la possibilità di succedere nei beni della madre, poi di far parte della famiglia paterna e finalmente di poter avere il diritto agli alimenti, riconosciuto dallo stesso diritto canonico.

Diritto privato

Nel diritto contemporaneo italiano, l'art. 30 della Costituzione stabilisce il diritto-dovere dei genitori di mantenere, istruire ed educare i figli, anche se nati fuori del matrimonio; inoltre, stabilisce che "la legge assicura ai figli nati fuori del matrimonio ogni tutela giuridica e sociale compatibile con i diritti dei membri della famiglia legittima". Solo nel 1975, con la riforma del diritto di famiglia, principi costituzionali sono stati recepiti dal diritto positivo italiano (legge 19 maggio 1975, n. 151). Sono stati superati i principi che contrapponevano la famiglia e la filiazione legittima alla famiglia e alla filiazione naturale, e che avevano lo scopo di salvaguardare al massimo l'unità economica della famiglia legittima. In materia di filiazione al regime precedente è stato sostituito il principio che il genitore può sempre riconoscere il figlio da lui generato e che il figlio può chiedere l'accertamento giudiziale della paternità naturale, senza limite per i mezzi di prova. Ormai i dati giuridici si adeguano a quelli naturali. Il figlio naturale può essere riconosciuto dal padre e dalla madre, sia separatamente sia congiuntamente, anche se adulterino. Solo per i figli incestuosi la riconoscibilità è subordinata all'ignoranza da parte dei genitori del legame preesistente. Il matrimonio, anche se poi dichiarato nullo, è sempre valido nei confronti dei figli. È scomparsa ogni discriminazione patrimoniale nel regime successorio dei figli naturali, i quali concorrono con i figli legittimi sul patrimonio dei genitori e con pari diritti. Anche gli unici figli naturali non riconoscibili, cioè gli incestuosi, hanno diritto a un assegno vitalizio pari alla quota di ciascuno degli altri figli (art. 580). Un limite sussiste ancora, però, in materia di parentela collaterale: il figlio naturale può entrare nella famiglia del genitore che lo ha riconosciuto solo se c'è il consenso del coniuge di quest'ultimo. Nella filiazione l'obbligo di contribuire, in relazione alle proprie sostanze e reddito, ai bisogni della famiglia è di entrambi i genitori, al pari del mantenimento, dell'educazione e istruzione dei figli, legittimi o naturali che siano. E anche la prole deve partecipare al mantenimento della famiglia e non può allontanarsi da essa prima del raggiungimento dei diciotto anni. La legittimazione del figlio naturale, che attribuisce al figlio nato fuori del matrimonio la qualità di figlio legittimo, avviene o per successivo matrimonio dei genitori del figlio naturale o in seguito a provvedimento del giudice.

Bibliografia

A. Cicu, La filiazione, Torino, 1951; A. Trabucchi, Istituzioni di diritto civile, Padova, 1957; C. Campiglio, Il rapporto di filiazione nel diritto internazionale privato italiano, Padova, 1990.

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