Definizione

sf. [sec. XIX; fisio-+-crazia]. Corrente di pensiero economico sorta e sviluppatasi in Francia all'inizio della seconda metà del sec. XVIII, in opposizione al sistema del mercantilismo, allora dominante. Suo capo indiscusso fu François Quesnay, che ebbe quali discepoli il marchese Mirabeau, Mercier de la Rivière, Baudeau, Du Pont de Nemours, Le Trosne.

Caratteri fondamentali

Carattere fondamentale della fisiocrazia era la fede nell'ordine naturale, cioè nell'esistenza di leggi create dalla natura (l'importanza attribuita alla natura fu all'origine della denominazione “fisiocrazia”, dovuta a Du Pont de Nemours) per il governo della società umana. Il compito di convertire l'ordine naturale, come categoria astratta, in ordine positivo, cioè in un insieme d'istituzioni atte a garantire la prosperità delle società, spettava al principe, illuminato e consigliato dagli economisti. Per i fisiocratici la realizzazione dell'ordine naturale implicava necessariamente la proprietà privata e la libertà. L'individuo doveva essere libero di perseguire i propri interessi, cioè le proprie tendenze naturali pur nel rispetto degli interessi altrui: solo così si sarebbe conseguito l'interesse della collettività. Da qui l'adozione del motto, divenuto il simbolo del liberismo economico: laissez-faire, laissez-passer. Fra i primi pensatori a tentare di sistemare scientificamente e organicamente i fenomeni economici, i seguaci della fisiocrazia trasferirono il potere di creare ricchezza dal commercio (come avevano teorizzato i mercantilisti) alla produzione, intendendo però per produzione solo quella agricola. Solo la terra, infatti, per i fisiocratici era in grado di creare nuova ricchezza superiore a quella consumata. Questa eccedenza del prodotto sul consumato fu chiamata “prodotto netto”: l'analisi della sua circolazione fra le diverse classi sociali è stata descritta da Quesnay nel Tableau économique (1758). Industria e commercio furono pertanto considerati dai fisiocratici settori sterili, benché ciò non abbia loro impedito di difendere strenuamente la libertà di commercio all'interno e all'estero in reazione all'allora dominante sistema protezionista voluto dai mercantilisti. Essendo poi l'agricoltura il solo settore produttivo, solo su essa dovevano gravare le imposte.

Bibliografia

J. A. Schumpeter, Storia dell'analisi economica, Torino, 1958-60; E. Roll, Storia del pensiero economico, Torino, 1966; E. Zagari, Mercantilismo e fisiocrazia, Napoli, 1984.

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