fobìa

sf. [sec. XIX; dal greco phóbos, paura]. Paura immotivata di carattere patologico per oggetti o situazioni che di norma non sono fonte di pericolo, né suscitano reazioni di paura: fobia degli ambienti chiusi. Per estensione, familiarmente, avversione, antipatia profonda, intolleranza: un ragazzo con la fobia della scuola. § Le fobie possono costituire il sintomo centrale di una forma nevrotica specifica (nevrosi fobica) o possono accompagnarsi ad altri sintomi (ossessioni, compulsioni ecc.) in affezioni nevrotiche o psicotiche diverse. A volte le reazioni fobiche sono accompagnate, oltre che dalla reazione d'ansia caratteristica, anche da disturbi neurovegetativi (sudorazione profusa,tachicardia, vomito ecc.). Gli oggetti che possono provocare la fobia sono diversi e danno il nome alla specifica fobia che suscitano. Si ha così l'acrofobia (paura delle altezze), l'agorafobia (paura degli spazi aperti), la claustrofobia (paura degli spazi chiusi), e così via. Freud raggruppò le fobie in due grandi gruppi: le fobie comuni, consistenti in una paura esagerata per cose che sono oggetto di timori condivisi, come la morte, le malattie ecc., e le fobie specifiche per cose che generalmente non sono causa di paure, come l'agorafobia.

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