fonendoscòpio

sm. [sec. XX; da fono-+endo-+-scopio]. Strumento atto ad amplificare i suoni, usato per l'ascoltazione del battito cardiaco e del respiro attraverso lo spessore della gabbia toracica. Fu inventato nel 1819 da R. T. Laënnec: aveva allora la forma di un cilindro (per lo più di legno), di cui si sfruttava la capacità di trasmettere i suoni dall'estremità posata sulla regione da esaminare all'altra, su cui il medico poneva l'orecchio. I moderni fonendoscopi sono formati da una struttura metallica imbutiforme, delle dimensioni di pochi centimetri quadrati, chiusa da una membrana vibratile (che il medico posiziona sulla superficie corporea in corrispondenza dell'area da esaminare), collegata a due tubi flessibili in gomma, o a un singolo tubo a y, che trasmettono le onde sonore. Le estremità dei tubi opposte alla campana sono dotate di piccoli auricolari, anch'essi di gomma, che il medico introduce in ciascun orecchio per ascoltare e interpretare i suoni, opportunamente amplificati dal fonendoscopio, provenienti dai visceri, dal cuore, dai polmoni (ascoltazione).

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