fortézza

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sf. [sec. XIII; da forte1].

1) L'essere forte; forza, robustezza fisica; di cose, solidità, resistenza. In particolare, forza d'animo, capacità di non lasciarsi abbattere dalle avversità, di sopportare il dolore fisico e morale: “Padre... / penso la fortezza con la quale / hai vissuto” (Sbarbaro).

2) Nella teologia cattolica, una delle quattro virtù cardinali, capace di rendere l'uomo saldo di fronte alle avversità e alle tentazioni e di dargli la forza di compiere atti meritevoli della vita eterna.

3) In filosofia, per Platone è la virtù tipica dell'anima irascibile e della classe dei guerrieri; per Aristotele il giusto mezzo tra la codardia e la temerarietà; per gli stoici la fortezza serve al controllo della ragione; in San Tommaso diventa virtù, “che sottomette l'appetito alla ragione”.

4) Serie di opere di difesa militare inglobate in un'unica costruzione, così da costituire un sistema difensivo difficilmente espugnabile. § L'uso di fortezze risale a tempi remoti; se ne trovano resti in Egitto (Semneh) dove erano costruite con argilla rinforzata da assi, per sostenere l'urto delle macchine da guerra. Sono presenti, come derivazioni dei castella romani, presso i bizantini. Il tipo più conosciuto di fortezza nacque nel sec. XVI in Italia, caratterizzato da forme quadrate, stellari, poligonali, spesso con altre opere difensive e di fortificazione, quali fossati e baluardi. § Nella seconda guerra mondiale, fortezza volante fu il nome dato dagli Inglesi al bombardiere pesante americano Boeing B 17 e, per estensione, viene genericamente usato per indicare tutti i velivoli similari.

5) Striscia di tela o altro tessuto resistente, che viene cucita tra la stoffa e la fodera, come rinforzo, nei punti di più facile usura. § Nel linguaggio marinaro, ciascuno dei pezzi (detto anche gherone) di tela che vengono cuciti per rinforzo nei punti delle vele sottoposti a maggiore sforzo e più rapida usura.