Descrizione generale

Particolare tipo di giunto che permette di ottenere un collegamento graduale tra due alberi che ruotano a velocità diverse, in modo da evitare accoppiamenti bruschi, e quindi sollecitazioni dinamiche eccessivamente gravose, oppure di svincolare completamente due alberi che precedentemente ruotavano solidali. In particolare, con frizione si indica il dispositivo che, collocato tra motore e cambio di un veicolo, permette di accoppiare o disaccoppiare il motore dagli organi di trasmissione e, quindi, di cambiare le marce. È indispensabile in quanto il motore non può erogare coppia motrice a numero di giri inferiore a un determinato valore. Per tale motivo, è più esatto definire quest'organo innesto a frizione, così come alcuni tipi, detti frizioni automatiche, sono praticamente dei cambi automatici che sfruttano le proprietà dell'innesto a frizione. Le esperienze maturate per la costruzione o la preparazione delle autovetture da competizione, soprattutto di quelle per la Formula 1 e per i rally, hanno permesso di introdurre sostanziali miglioramenti alla frizione , considerato uno degli organi più “stabili” dell'automobile. Innanzitutto sono stati utilizzati nuovi materiali per la guarnizione del disco, contenenti fibre di vetro e carbonio, che ne assicurano una lunga durata; per migliorare la progressività d'innesto, le guarnizioni sono state montate su di un supporto metallico elastico, mentre nel disco condotto è stato inserito un parastrappi e, su alcuni modelli, anche un secondo parastrappi attorno al mozzo, con la funzione di limitare la rumorosità del cambio in “folle”. Nelle vetture turbodiesel di maggior potenza, invece, è stato utilizzato un doppio volanoammortizzatore, molto più efficace dei comuni parastrappi; per facilitare lo scorrimento del disco lungo le scanalature dell'albero primario del cambio. Quest'ultimo, il mozzo del disco e il cuscinetto reggispinta sono stati, inoltre, sottoposti a un particolare trattamento anticorrosione. Dal 1993, infine, in quasi tutte le vetture, il reggispinta resta a contatto con la molla a diaframma, per cui rimane sempre in rotazione anche quando è sottoposto al carico per il disinnesto della marcia inserita: in questo modo non è indispensabile mettere il motore “in folle” durante le soste ai semafori. Per evitare che la frizione rimanga “a secco” quando il calore del vano motore è molto alto (per esempio, a seguito di lunghi tragitti), viene adottata la lubrificazione forzata e di guarnizioni di tenuta realizzate con materiali resistenti alle alte temperature, che ne limitano molto l'usura. Le frizioni possono essere meccaniche, elettromagnetiche, idrauliche ed elettroniche.

Frizioni meccaniche: a disco

Le frizioni di questo tipo possono essere a dischi (monodisco, dischi multipli), a cono (diritto, rovescio), centrifughe, a ceppi, a molla e anche a comando elettromagnetico. Le frizioni a disco "Per gli schemi di frizione monodisco e a dischi multipli vedi il lemma del 9° volume." "Per gli schemi di frizione monodisco e a dischi multipli vedi pg. 183 del 10° volume." sono di impiego generale sulle autovetture e tra di esse più diffuso è il tipo monodisco a secco, costituito da una scatola (detta campana o cestello) collegata rigidamente con l'albero conduttore che è solidale al motore; da un disco metallico solidale con l'albero condotto che a sua volta è collegato con il resto della trasmissione (albero della presa diretta del cambio); da un anello di pressione che agisce da spingidisco (controdisco) alloggiato con accoppiamento libero prismatico all'interno della campana e che viene spinto a contatto del disco da molle opportune quando si aziona il pedale per effettuare l'innesto. Il gruppo frizione, inoltre, comprende altri elementi di completamento del dispositivo, quali un cuscinetto reggispinta, delle molle parastrappi che assorbono le brusche variazioni di coppia, un manicotto di disinnesto per facilitare il distacco del disco. Il gruppo frizione è posto sull'estremo scanalato dell'albero primario del cambio; il mozzo del disco, anch'esso scanalato, è libero di scorrere; lo spingidisco è a contatto col cuscinetto reggispinta esterno alla campana. Azionando il pedale della frizione, una leva spinge avanti l'anello che, sotto l'azione delle molle di pressione, comprime il disco contro la superficie del volano; per attrito, disco, spingidisco e campana divengono un tutto solidale per cui, tramite il mozzo del disco, l'albero primario viene trascinato in rotazione e il moto dell'albero motore può essere trasmesso all'albero secondario attraverso gli ingranaggi del cambio. Per disinnestare la frizione basta premere sul pedale: la leva, spingendo sullo spingidisco, fa ruotare un manicotto che provoca il disinnesto dell'anello per effetto della forza assiale applicata, per cui lo spingidisco torna nella propria sede, rendendo così indipendente la rotazione del motore da quella della trasmissione. Il mozzo del disco di frizione è collegato all'anello spingidisco da molle elicoidali tangenziali o da un elemento in gomma-tela che, conferendo al disco opportune caratteristiche elastiche torsionali, fungono da parastrappi, evitano lo strisciamento che si crea all'innesto, assorbono modeste pulsazioni della coppia motrice. Le molle che azionano lo spingidisco possono essere elicoidali, distribuite sulla periferia, oppure costituite da un'unica molla a spirale o a diaframma detta anche molla a tazza. La frizione monodisco ha scarsa progressività ma offre completa sicurezza, rapidità d'innesto, equilibratura durante l'accoppiamento, piccola inerzia, limitato ingombro, basso costo. Derivata dalla frizione monodisco è la frizione bidisco, molto usata nelle vetture da competizione per la maggior variazione di coppia trasmissibile che consente di ottenere. Essa è costituita da una frizione monodisco del tipo descritto, nella quale il disco di frizione, anziché poggiare sul volano, agisce su un secondo anello spingidisco e questo su un altro disco di frizione che finalmente impegna il volano. La frizione a dischi multipli, invece, consente di aumentare progressività e coppia motrice trasmissibile avendo una maggior superficie di attrito, per cui viene spesso usata nei cambi automatici. Il principio di funzionamento è identico a quello della frizione monodisco; in questo caso si ha però una serie di dischi di attrito e, intercalati tra essi, una serie di molle ad anelli d'acciaio scorrevoli in apposite scanalature della campana; delle leve agiscono su un manicotto mobile che comprime i dischi, i quali vengono alternativamente collegati alla campana o all'albero condotto; una ghiera, a comando avvenuto, blocca il pacco dei dischi e permette di regolare la pressione di contatto necessaria per un corretto innesto; le molle di pressione possono essere sostituite da uno stantuffo idraulico con molla antagonista per il disinnesto. Questo tipo di frizione è impiegato anche sui motocicli.

Frizioni meccaniche: a cono

Non molto usate per la scarsa progressività e per la notevole inerzia della massa condotta, le frizioni a cono presentano innegabili vantaggi (come il recupero automatico delle usure, la capacità di autocentraggio) e, avendo superficie di attrito maggiore della frizione monodisco di pari diametro, offrono la possibilità di ridurre la pressione di attrito a parità di momento da trasmettere, o, a parità di pressione, consentono la riduzione di dimensioni o l'aumento della coppia trasmissibile. Per queste ragioni trovano impiego nel campo delle miniaturizzazioni, nei tachimetri meccanici, nei gruppi overdrive a innesto elettrico e in alcune macchine operatrici.

Frizioni meccaniche: a masse centrifughe

"Per lo schema della frizione centrifuga a ruota libera vedi il lemma del 9° volume." Possono essere di vari tipi e vengono impiegate nei ciclomotori, nelle biciclette, nei motorini elettrici di avviamento, nelle frizioni elettropneumatiche e soprattutto nei cambi automatici. In queste frizioni , alcune masse centrifughe, che mediante molle vengono mantenute prossime all'asse della trasmissione, all'aumentare della velocità angolare vincono progressivamente la tensione delle molle, si espandono e portano gli elementi di attrito a contatto con il disco conduttore. Tali frizioni hanno innesto graduale e automatico non appena il motore supera un certo numero di giri, la loro pressione di attrito aumenta all'aumentare della velocità e si disinnestano automaticamente diminuendo la velocità. Spesso esse fanno parte di gruppi di frizione più complessi e fungono da frizione di avviamento. Particolari tipi di frizioni centrifughe sono gli innesti a ruota libera "Per lo schema della frizione centrifuga a ruota libera vedi pg. 183 del 10° volume." , detti anche innesti unidirezionali: sono costituiti da due anelli concentrici di cui quello interno è il conduttore e reca in appositi vani delle sfere o dei cilindri o altri corpi opportunamente sagomati; appositi pistoncini a molle mantengono tali elementi a contatto con l'anello esterno. Quando la coppia motrice è maggiore di quella resistente, cioè la velocità dell'anello conduttore tende a superare quella dell'anello condotto, le sfere, o i cilindretti, tendono a incunearsi tra i due anelli rendendoli solidali. Se la situazione si inverte, l'anello esterno respinge le sfere che, non essendo più incuneate tra i due anelli, si liberano e consentono lo scorrimento dell'anello esterno su quello interno.

Frizioni meccaniche: a ceppi

"Per lo schema della frizione a ceppi vedi il lemma del 9° volume." Sono di uso assai limitato (per esempio nelle frizioni automatiche centrifughe) "Per lo schema della frizione a ceppi vedi pg. 183 del 10° volume." e costruttivamente ricordano i freni a tamburo. La superficie di contatto è cilindrica e il meccanismo di spinta è bidirezionale per consentire l'innesto e, vincendo l'azione centrifuga, il disinnesto. Queste frizioni hanno i vantaggi di quelle a cono ma notevoli complicazioni costruttive.

Frizioni meccaniche: a molla

Hanno impiego molto limitato. I due alberi sono legati da una molla elicoidale d'acciaio a sezione rettangolare, con asse coincidente con quello della trasmissione: quando l'albero conduttore si mette in moto trascina la molla che, mantenuta ferma all'altro capo, tende a torcersi ulteriormente; in questo modo si stringe attorno a un manicotto solidale con uno dei due alberi e lo trascina con sé.

Frizioni elettromagnetiche: generalità

"Per lo schema della frizione elettromagnetica vedi il lemma del 9° volume." Sfruttano il campo magnetico che si stabilisce tra piatto conduttore e piatto condotto per effetto della corrente che circola in un apposito avvolgimento "Per lo schema della frizione elettromagnetica vedi pg. 183 del 10° volume." . Per il notevole attrito che si genera vengono utilizzate quali freni nelle macchine utensili. Possono essere a disco, a polvere, elettropneumatiche.

Frizioni elettromagnetiche: a disco

Nella frizione elettromagnetica a disco sul volano è annegata una bobina anulare nella quale passa corrente nel momento in cui si inserisce la marcia. Il campo magnetico attira un anello spingidisco che serra contro il volano un disco di attrito in tutto simile a quello delle frizioni meccaniche. La corrente elettrica viene inviata nella bobina mediante contatti striscianti e l'interruttore del circuito è collegato alla leva del cambio che inoltre può inserire nel circuito diversi gruppi di resistenze.

Frizioni elettromagnetiche: a polvere

Sistema di accoppiamento/disaccoppiamento di organi rotanti di un motore a scoppio. È composta da due elementi, uno collegato al motore e l'altro al cambio, separati da una polvere metallica e liberi di ruotare uno rispetto all'altro fino a quando non sono alimentati elettricamente. Il passaggio di corrente genera un campo magnetico che, tramite le polveri metalliche, rende solidali le due parti permettendo un innesto progressivo, la cui gradualità è determinata dal modo in cui varia la tensione di alimentazione. Non essendo soggette a usura e avendo grande facilità di regolazione e modulabilità, vengono utilizzate su molte vetture con variatore continuo dei rapporti di trasmissione.

Frizioni elettromagnetiche: tipo elettropneumatico

Fungono praticamente da cambio automatico; sono costituite da una combinazione di frizioni: la prima, detta frizione di avviamento, è una frizione monodisco in cui il disco viene premuto contro il volano attraverso un anello spingidisco da rulli che portandosi alla periferia, per azione centrifuga, scorrono su piani inclinati del cestello e quindi avanzano assialmente. Questa prima frizione, che trova impiego anche da sola, si innesta quando il motore supera il regime minimo di rotazione e trascina un secondo volano, tramite lamine elastiche, sul quale fa battuta la frizione principale. Il disinserimento della frizione principale avviene al cambio di marcia ed è azionato automaticamente da un servomeccanismo a depressione collegato al collettore di aspirazione del motore con valvola elettromagnetica. Montata tra volano e disco della frizione di avviamento c'è una ruota libera, che rende solidale motore e cambio quando occorre frenare con il motore.

Frizioni idrauliche

Sono giunti idraulici in cui i due elementi principali sono costituiti dalla pompa, che è collegata al motore, e dalla turbina, collegata invece all'albero condotto. Queste frizioni, di impiego generale sui cambi automatici idraulici, assicurano elasticità e progressività di innesto anche con partenza da fermo, con qualsiasi marcia.

Frizioni a controllo elettronico

Le possibilità offerte dall'elettronica hanno permesso di modificare, in alcuni casi notevolmente, le prestazioni della frizione: in alcune automobili di classe alta sono largamente utilizzate frizioni del tipo ad autoregolazione, quasi del tutto automatiche. Si tratta di un sistema costituito da una centralina elettronica che valuta di continuo tutti i parametri necessari per attuare, in ogni momento, qualsiasi variazione dei rapporti del cambio; questi valori gli sono forniti da sensori che tengono sotto controllo la velocità del veicolo, il numero di giri del motore, la posizione del disco della frizione e la pressione esercitata dal conducente sui pedali dell'acceleratore e del freno; in pratica “sorveglia” la condotta di guida del pilota; inoltre, un potenziometro, posto entro il carter del cambio, segnala di continuo alla centralina quale è il rapporto inserito, grazie alla posizione delle camme di cui è dotata l'asta di comando di questo; un secondo potenziometro, che è collegato al pedale dell'acceleratore, fornisce alla centralina anche tutte le informazioni sul carico del motore. Quando il guidatore impugna la leva del cambio e contemporaneamente rilascia il pedale dell'acceleratore, un contatto tipopush-pull avvisa la centralina che sta per iniziare una manovra; in una frazione di secondo questa valuta tutti i parametri che tiene sotto controllo e, a seconda che il pilota passi da una marcia superiore a una inferiore o viceversa, essa invia il comando di cambio marcia a un attuatore idraulico che esegue la manovra dello stacco e attacco automatico della frizione. L'inserimento del nuovo rapporto avviene, però, solo quando il regime del propulsore è quello corretto; infatti la centralina, prima di “autorizzare” l'operazione, comanda all'elettronica di controllo del motore di ridurre o aumentare il numero di giri di questo in funzione della marcia da innestare; si evitano pertanto sia pericolosi fuorigiri sia imballamenti che potrebbero danneggiare gli apparati più delicati della vettura, soprattutto l'iniezione elettronica e la marmitta catalitica; la potenza necessaria all'attuatore viene fornita da una elettropompa dotata di accumulatore di pressione e di elettrovalvole di modulazione, entrambi alimentati da un motorino elettrico indipendente. Questo sistema, che abolisce il pedale della frizione, offre varie garanzie al conducente: innanzitutto è impossibile mettere in moto il veicolo se le portiere non sono chiuse; se è già innestata una marcia il motore non si accende, per cui diventa obbligatorio mettere la leva del cambio in posizione di “folle”; impugnando la leva del cambio la centralina controlla immediatamente che non vi siano anomalie di funzionamento; un segnale acustico avverte il conducente di eventuali disattenzioni o errori di manovra, per esempio l'apertura di una portiera con motore acceso e un rapporto inserito; se viene rilasciato il pedale dell'acceleratore, arrestando il veicolo senza spegnere il motore e con una marcia innestata, la vettura non si muove, dato che la centralina “stacca” automaticamente i collegamenti del motore con il cambio, mentre gli ingranaggi di questo tengono bloccate le ruote; ciò rende molto comode e facili le partenze, soprattutto in salita, perché basta impugnare la leva del cambio e inserire la prima premendo progressivamente il pedale dell'acceleratore; inoltre, questa “capacità” evita l'arresto del motore in caso di brusche frenate, ma nel contempo non ne riduce l'azione frenante; infine consente anche il traino di altre vetture e la partenza a spinta senza eccessivi sforzi.

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