Lessico

sm. (pl. -ghi) [sec. XIII; latino fungus].

1) Pianta a tallo eterotrofa; nel linguaggio comune il termine designa l'apparato riproduttore (corpo fruttifero) delle specie fungine superiori (Ascomiceti e Basidiomiceti): funghi mangerecci, funghi velenosi; andare in cerca di funghi; fig., venir su come i funghi, rapidamente e in gran numero; quindi, città-fungo, sorta e ampliatasi rapidamente.

2) Per estensione, tutto ciò che ricorda nella forma un fungo: nell'uso toscano, ingrossamento nero che si forma all'estremità del lucignolo della candela. In particolare: A) nelle ferrovie, forma caratteristica della sezione della rotaia: è delimitato superiormente da una superficie cilindrica sulla quale poggiano i cerchioni delle ruote dei veicoli; i fianchi del fungo costituiscono la guida dei bordini dei cerchioni. B) Viene detto fungo atomico la caratteristica colonna di gas e vapori ad altissima temperatura che si forma in seguito all'esplosione di una bomba atomica. C) In geomorfologia, fungo di ghiaccio o del ghiacciaio, caratteristica forma che si incontra sulla superficie di un ghiacciaio per la presenza sulla stessa di un blocco roccioso che offre riparo al ghiaccio sottostante, mentre tutt'attorno il disgelo, provocando la fusione del ghiaccio, ne abbassa il livello. Il complesso blocco roccioso-colonna di ghiaccio assume un aspetto che evoca quello di un fungo. Se la roccia protettrice è prevalentemente tabulare, il complesso viene anche denominato tavola di ghiaccio o del ghiacciaio. In genere si formano per dilavamento, da parte di acque selvagge, di sedimenti teneri cui sono sovrapposti strati rocciosi a resistenza maggiore. Fungo roccioso, fungo del deserto, ecc.: forme caratteristiche dovute all'erosione selettiva su masse rocciose eterogenee. I Funghi (Mycetae o Fungi Mycophyta o Eumycetophyta) sono oggi considerati, dagli studiosi di sistematica, un regno a sé stante.

Botanica: morfologia

Completamente privi di clorofilla e di altri pigmenti fotosintetici, i Funghi vivono in maggioranza come saprotrofi, su sostanze organiche in decomposizione; molti anche sono parassiti di altre piante o di animali, e diversi infine vivono in simbiosi con piante autotrofe. Nelle forme più semplici (Myxomycota), unicellulari, il tallo vegetativo è costituito da un protoplasma nudo, che solo negli stadi riproduttivi risulta avvolto nella parete, mentre in tutti gli altri tipi di Funghi, sia uni- sia pluricellulari, le cellule sono dotate di membrana per lo più di natura cellulosica (micocellulosa) oppure costituita da una sostanza azotata (micosina). I tipici Funghi hanno il corpo vegetativo (micelio) costituito da filamenti di lunghezza variabile, più o meno ramificati, rivestiti di membrana, settati oppure indivisi, chiamati individualmente con il nome di ifa. Per lo più le ife sono incolori, soprattutto se si trovano immerse nel substrato; tuttavia, quando vivono in superficie, possono assumere una colorazione scura, determinata dalla presenza di pigmenti affini alla melanina. In relazione al fatto che nei Funghi non esiste una divisione di funzioni sufficientemente sviluppata, nel micelio fungino è scarsa la presenza di organi specializzati: la sua forma accompagna quella del substrato sul quale vive, e al quale si fissa mediante brevi ramificazioni delle ife (appressori); di norma l'intera superficie del micelio è in grado di assorbire gli alimenti, anche se non mancano casi di ife, o di prolungamenti di ife, particolarmente adatti a tale scopo, i quali, nelle forme saprotrofe, si chiamano rizoidi, mentre in quelle parassite vengono detti austori. Talvolta, pur senza dare mai luogo a veri tessuti, le ife si addensano e si intrecciano in formazioni feltrose, dette ifenchimi o plectenchimi, che costituiscono un esempio di pseudotessuti: è il caso degli sclerozi (organi di conservazione e di riserva), delle rizomorfe (cordoni micelici dall'aspetto di radici, anch'essi con funzioni scleroziali) e degli stromi. Il massimo di differenziazione dei plectenchimi, peraltro, si ha nella formazione dei corpi fruttiferi dei Funghi superiori (Ascomiceti e Basidiomiceti), che, nelle specie eduli, rappresentano la parte che viene consumata come alimento.

Botanica: riproduzione

La riproduzione asessuale nei Funghi si compie con modalità quanto mai varie: la propagazione, o moltiplicazione vegetativa, può realizzarsi semplicemente mediante frammentazione del micelio, mentre la conservazione è possibile grazie alla realizzazione di uno stato quiescente che perdura finché non si siano ristabilite condizioni ambientali favorevoli; corpi specializzati, capaci di volta in volta di svolgere funzioni di conservazione o di moltiplicazione, o anche entrambe, possono essere costituiti da artrospore, gemme, blastospore, clamidospore, zigospore, teleutospore e altri propagoli. La vera riproduzione agamica si compie tramite la produzione di endospore e conidiospore (conidi), che costituiscono anche un efficace mezzo di diffusione. È importante notare che i Funghi sono organismi tipicamente pleomorfi, vale a dire che essi possono avere più tipi di riproduzione agamica, per cui il medesimo individuo può produrre di volta in volta parecchi tipi di propagoli, in relazione alle diverse condizioni ambientali: questo spiega l'uso di espressioni come forma oidica, forma conidica, ecc., con le quali si indicano i diversi aspetti con cui la medesima specie si può presentare riproducendosi agamicamente. Per quanto riguarda la riproduzione sessuale, si può ritenere che tutti i Funghi ne siano dotati, anche se in un certo numero di specie essa non è stata riscontrata: si tratta dei Deuteromiceti o Funghi imperfetti, così detti appunto perché mancanti della forma perfetta o sessuata. La riproduzione sessuata si attua con modalità diverse nei vari gruppi: si può avere la copulazione di gameti uguali (isogamia) o disuguali (anisogamia), mobili e immobili, oppure di gametangi (gametangiogamia), o ancora di due cellule del tallo non differenziate, almeno apparentemente, in cellule sessuali specifiche (somatogamia). La gamia è seguita dalla meiosi con la formazione di spore aploidi che, con la germinazione, danno luogo a miceli aploidi; molte volte, peraltro, alla plasmogamia non segue immediatamente la cariogamia, e si ha una generazione diploide con cellule a dicarion (generazione dicariofitica). Le ife fertili possono essere isolate o riunite in corpi fruttiferi detti carpofori o meiocarpi, talvolta eduli. I prodotti dell'assimilazione dei Funghi sono costituiti principalmente da alcoli polivalenti, glicidi e lipidi; molti Funghi aggrediscono protidi e derivati proteici del substrato e cooperano assieme ai Batteri allo svolgersi di processi biochimici di fondamentale importanza, quali l'umificazione, l'ammonizzazione, ecc. Spesso sono utilizzati in procedimenti industriali (produzione dei formaggi, del vino, della birra, di acido lattico, di vitamine del gruppo B, panificazione, ecc.). Varie specie sono responsabili di stati patologici in animali e piante, del deterioramento di cibi, tessuti, legnami ecc.

Botanica: aspetto tipico (ovolo)

Volendo fornire una descrizione sommaria di ciò che nel linguaggio popolare si designa con il nome di fungo, si può prendere come esempio il corpo fruttifero di Amanita caesarea, nota comunemente con il nome di fungo reale od ovolo buono, che a maturità assume la caratteristica forma a ombrello, con il gambo sormontato dal cappello. In tale specie il primordio del corpo fruttifero, costituito da una masserella compatta e globosa di ife, si accresce molto rapidamente e in poco tempo raggiunge le dimensioni di un piccolo uovo avvolto da una membrana bianca, detta velo generale, al cui interno si trovano già differenziati gambo (stipite) e cappell (pileo), quest'ultimo aderente al gambo tramite una seconda membrana, detta velo parziale. In un secondo tempo, stirato dal corpo fruttifero di cui non è in grado di seguire l'ingrandimento, il velo generale si lacera e viene a formare alla base del gambo una specie di coppa (volva), mentre quando il cappello, a maturità, finisce di raddrizzarsi, anche il velo parziale si stacca tutto in giro al margine del cappello, ricadendo lungo il gambo e costituendo quello che viene chiamato l'anello. In altri generi il velo generale non è così consistente, ha carattere fugace e si nota soltanto nel primordio del corpo fruttifero; altre volte ancora, infine, esso ha consistenza filamentosa e con lo sviluppo del fungo viene a formare la cosiddetta cortina (Cortinarius). Nella parte inferiore del cappello, dalla caratteristica struttura a lamelle o a tubuli, che costituisce l'imenoforo, nel corso della maturazione si sviluppa infine uno strato superficiale fertile (imenio) che produce le spore. I funghi con corpo fruttifero edule (funghi commestibili) alimentano un fiorente commercio. Di un certo rilievo è anche la coltivazione artificiale, che prospera in diversi Paesi (vedi funghicoltura).

Ecologia

I funghi hanno grande interesse come bioindicatori, cioè strumenti per la valutazione del livello di inquinamento di un ambiente. In un habitat naturale, infatti, il numero di specie simbionti è superiore a quello di specie sia parassite sia saprofite, mentre in un ambiente modificato dall'uomo, e inquinato, le proporzioni si invertono: la maggiore o minore presenza di funghi risulta pertanto un indice, seppur grossolano, del grado di inquinamento. Per una valutazione più precisa del grado di inquinamento, viene sfruttata la capacità dei funghi di concentrare nel proprio organismo sostanze quali metalli pesanti (mercurio, piombo, argento) e isotopi radioattivi. La presenza di almeno alcune di queste sostanze è chiaramente legata alla crescita in ambienti contaminati e può essere utilizzata per la valutazione dell'entità e della qualità del loro inquinamento. L'importanza di selezionare le specie di funghi che sono in grado di concentrare vari elementi chimici e sostanze radioattive è legata non solo alla necessità di non considerarli più commestibili (i funghi e le sostanze da loro immesse nell'ambiente sono il nutrimento di molte specie animali, comprese quelle che entrano nella catena alimentare che giunge fino all'uomo), ma anche alla possibilità di sfruttare tale capacità per la depurazione di ambienti inquinati o per modificare in modo naturale sostanze potenzialmente inquinanti che devono essere liberate nell'ambiente. Un'interessante applicazione della capacità dei funghi di concentrare inquinanti sta infatti nella bioremediation, una tecnica che prevede l'utilizzo di agenti biologici per il risanamento di ambienti contaminati: sono già stati installati impianti modello che prevedono il trattamento dei residui della produzione primaria con funghi, ottenendo mangime per animali. Parallelamente alcune ricerche si propongono di individuare i geni che determinano la presenza di proteine in grado di conferire ai funghi la tolleranza ai metalli pesanti: le biotecnologie potrebbero consentire di trasferire questa caratteristica ad altri organismi, quali i Batteri, che possono essere facilmente utilizzati negli impianti di depurazione. Per i funghi si aprono prospettive anche in campo farmaceutico: è ormai dimostrato, infatti, che in questi organismi vengono prodotte molecole farmacologicamente attive, con azione citostatica e citotossica. Anche il fungo velenoso per eccellenza, Amanita phalloides, sembra contenere proteine con capacità antitumorali, mentre in altre specie sono state evidenziate molecole con proprietà immuno-stimolanti, analgesiche, antinfiammatorie, ipotensive e ipocolesterolemiche, con minori effetti collaterali di quelle già in commercio. I paesi da sempre all'avanguardia in questo campo sono la Cina e il Giappone, dove la conoscenza delle virtù non solo alimentari, ma soprattutto terapeutiche dei funghi ha origini antichissime, al punto che diversi trattamenti anticancro sono basati sull'uso di alcune specie fungine. Tra di esse, quelle a cui vengono unanimemente riconosciute proprietà medicinali sono soprattutto cinque: Lentinus edodes (noto in Giappone come Shiitake), Tremella fuciformis (detto in Cina Bai Mu Erh “orecchio d'argento”), Grifola frondosa (in giapponese Maitake), Ganoderma lucidum (in giapponese Reishi) e Cordyceps sinensis. Si sta anche cercando di sensibilizzare i raccoglitori di funghi sul fondamentale ruolo di questi organismi, in particolare per le specie vegetali: la loro funzione di riciclatori di sostanza organica e di concentratori di sostanze nocive li rende essenziali per il mantenimento degli equilibri naturali e per l'arricchimento di terreni poveri, e quindi sarebbe importante considerarne non solo il valore di mercato, ma anche, e soprattutto, quello ecologico.

Tossicologia

Non tutte le specie di funghi sono commestibili, anzi, a parte quelli non adatti all'alimentazione perché duri, insipidi o di cattivo gusto, esistono non pochi funghi (funghi tossici) che possono dar luogo a intossicazioni anche letali. A tale proposito è bene precisare che non esiste alcun mezzo che consenta di stabilire se un fungo è tossico oppure no, salvo il fatto di essere in grado di identificare con sicurezza la specie botanica alla quale esso appartiene. Dal punto di vista clinico-tossicologico, l'avvelenamento da funghi può presentarsi con differenti sintomatologie. Si distinguono a tale proposito: una sindrome di tipo nervoso (sindrome muscarinica), una sindrome degenerativa (sindrome fallinica), una sindrome gastrointestinale. La sindrome di tipo nervoso è provocata in genere dai funghi delle specie Amanita muscaria (l'ovolo malefico) e Amanita pantherina (la tignosa bruna). Si instaura rapidamente (2-3 ore dopo l'introduzione del tossico) ed è caratterizzata da cefalea, intensa sudorazione, obnubilamento della coscienza, miosi, riduzione della frequenza cardiaca e collasso circolatorio. Tale sindrome dura generalmente tre o quattro giorni e raramente ha conseguenze mortali. La sindrome degenerativa, prodotta dall'Amanita phalloides (la tignosa verdognola) e dalle specie affini Amanita verna e Amanita virosa, ha un periodo di incubazione di 10-12 ore: insorge con disturbi cardiaci, oliguria, manifestazioni gastrointestinali; dopo un intervallo di relativo benessere interviene la fase più grave, spesso mortale, caratterizzata da ittero, grave insufficienza epatica, ipoglicemia e morte in collasso cardiocircolatorio o per insufficienza renale. La sindrome gastrointestinale è dovuta a numerose specie di funghi (lattari, russule, boleti velenosi, ecc.). Inizia entro un'ora dall'introduzione del tossico e si manifesta con malessere, nausea, vomito, diarrea e intensi dolori addominali. La sintomatologia si attenua dopo due-tre giorni. Solo in qualche caso (per ingestione di funghi vecchi, già in via di putrefazione) si hanno complicanze febbrili e sintomi generali di tossinfezione. La sindrome gastrointestinale è da attribuire all'effetto irritativo sulla mucosa gastrointestinale di sostanze di natura resinoide. La terapia si basa sull'attenuazione dei disturbi gastrointestinali mediante somministrazione di laudano, di idrossichinolina, ecc. e sul mantenimento dell'equilibrio idrico-salino con fleboclisi destinate a compensare la perdita di elettroliti da parte dello stomaco e dell'intestino. La terapia della sindrome nervosa, dovuta alla presenza nei funghi velenosi di muscarina o di alcaloidi atropino-simili (muscimolo, muscazone, acido ibotenico), è essenzialmente sintomatica, attuata mediante somministrazione di atropina, in presenza di manifestazioni di natura muscarinica, oppure di barbiturici e tranquillanti. I principi attivi responsabili dell'avvelenamento di tipo degenerativo si distinguono in due categorie: le amatossine, comprendenti l'alfa- beta- e la gamma-amanitina, l'amanina e l'amanullina, e le fallotossine, che comprendono la falloidina, la falloina, la fallisina, la fallacidina e la fallina B. Ambedue i tipi di tossine sono peptidi ciclizzati, termostabili e quindi resistenti alla cottura e, inoltre, all'essiccamento. Il tentativo di curare l'intossicazione di tipo degenerativo con antisieri specifici è stato quasi del tutto abbandonato per i suoi modesti risultati. La sieroterapia talora può persino aggravare il decorso dell'avvelenamento, inducendo una malattia da siero. Pure irrilevanti sono i risultati della somministrazione di cervello e stomaco di coniglio, trattamento che è stato proposto alla luce dell'elevata resistenza del coniglio all'avvelenamento da Amanita phalloides. La terapia più in uso consiste nella somministrazione di soluzioni salino-glucosate, di farmaci ipertensivi, di epatoprotettori, glicocorticoidi, acido tioctico e penicilline a dosi elevate.

Gastronomia

I funghi commestibili costituiscono un alimento assai pregiato, anche se le preferenze variano molto da Paese a Paese: in Italia, dove il consumo di funghi coltivati ha conosciuto un notevole incremento nel corso degli ultimi venti anni, si fa grande uso di ovoli e di porcini e si scartano altre specie eccellenti; in Svizzera, Austria, Germania sono apprezzatissimi le spugnole e i gallinacci, in Francia sono molto diffusi gli champignons, divenuti comuni anche in Italia. Ogni specie di funghi esige una particolare cottura. Tra le preparazioni più note e saporite, i porcini trifolati o alla griglia, gli ovoli in insalata o cotti al burro con la foglia di vite, le spugnole alla crema, i gallinacci con le uova o al burro, ecc. Nei piatti di alta cucina si preferisce usare invece gli champignons che, avendo un sapore meno spiccato, non coprono quello degli altri ingredienti. Vari tipi di funghi (in particolare i porcini) si conservano sott'olio o essiccati, altri come i chiodini e i lattari anche sott'aceto. I funghi si possono inoltre ridurre in polvere (per esempio, la trombetta dei morti, Craterellus cornucopioides) o in pasta aromatizzante e se ne può ricavare un'essenza (soprattutto i tartufi).

Bibliografia

Per la botanica

R. Heim, Les Champignons toxiques et hallucinogènes, Parigi, 1963; L. Vignoli, Sistematica delle piante inferiori (Tallofite), Bologna, 1964; G. C. Ainsworth, A. S. Sussman, The Fungi, an Advanced Treatise, New York, 1965-69; S. Buczack, Funghi d'Italia e d'Europa, Novara, 1990.

Per la tossicologia

M. Gaultier, Les hépatites phalloidiennes, in “La Presse Médicale”, n. 76, pag. 575, 1968; P. F. Mannaioni, Elementi di tossicologia medica, Roma, 1972; G. D'Antuono, R. Tomasi, Funghi velenosi, Bologna, 1988.

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