gèrgo

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sm. (pl. -ghi) [sec. XV; dal provenzale gergon]. Lingua speciale parlata da determinati gruppi e categorie sociali con lo scopo di non farsi comprendere dagli estranei: il gergo della malavita. Per estensione, linguaggio specialistico: gergo burocratico, medico, teatrale; ogni forma e tipo di linguaggio allusivo e misterioso: parlare in gergo; capire il gergo, capire l'antifona. § L'“incomprensione gergale” si può ottenere o creando nuove parole ed espressioni, o più semplicemente usando parole ed espressioni con un significato diverso da quello abituale. Per la sua stessa natura di linguaggio ermetico, decifrabile soltanto da chi ne conosce il codice, il gergo è usato soprattutto negli ambienti della malavita, ma se ne servono anche associazioni segrete politiche, religiose o di varia ispirazione. In regresso sembrano, invece, i gerghi degli artigiani, che vanno estinguendosi per la stessa scomparsa di tanti mestieri (calderai, ombrellai, seggiolai). Nel gergo della malavita si trova per esempio madama (polizia), soffiata (spiata), ecc.; in quello della mafiamammasantissima, pezzo da novanta (capo mafioso); in quello dei drogati neve (cocaina), bucarsi (iniettarsi la droga); in quello dei contrabbandieri bionde (sigarette). Il gergo ha fatto anche la sua apparizione nella letteratura fin da epoca abbastanza antica: se ne servirono più o meno discretamente nel Cinquecento Antonio Broccardo, Giovanni Francesco Ferrari, lo stesso Ruzante; nel Seicento Bartolomeo Bocchini soprannominato Zan Muzzina; nel Settecento i componenti dell'Accademia del Bossolo; fino alla narrativa contemporanea in cui il gergo assume spesso un forte rilievo. Lo studio dei gerghi su basi scientifiche incominciò nel sec. XIX con Bernardino Biondelli e fu continuato da Graziadio Isaia Ascoli e da numerosi altri studiosi.

Bibliografia

R. Baccetti Poli, Saggio di una bibliografia dei gerghi italiani, Padova, 1953; A. Prati, Voci di gerganti, vagabondi e malviventi studiate nell'origine e nella storia, Pisa, 1978; M. Baldini, Parlar chiaro, parlare oscuro, Roma-Bari, 1989.

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