Lessico

sf. [sec. XIV; latino tardo gumma].

1) Prodotto caratterizzato da elevatissima elasticità per stiro e compressione (donde il nome di gomma elastica), di origine naturale (gomma naturale o caucciù) e sintetica (gomma sintetica), appartenente al gruppo degli elastomeri. In particolare, nel linguaggio comune, pezzo di gomma elastica per cancellare: gomma da matita, da penna; assoluto, i pneumatici dei veicoli: avere una gomma a terra, un pneumatico bucato, sgonfio.

2) Nome di prodotti secreti dalla parte legnosa di varie piante, detti genericamente gomme vegetali e costituiti da composti macromolecolari del gruppo dei carboidrati. Nel linguaggio comune, adesivo, colla; per la gomma da masticare. In particolare, in filatelia, la gomma apposta al verso del francobollo per renderlo adesivo ha grande importanza ai fini collezionistici sia per la sua composizione sia per la sua presenza e integrità. La composizione è in molti casi elemento importante per la distinzione di tirature diverse di un francobollo; l'integrità per la valutazione commerciale (i francobolli nuovi che conservano integra la gomma originale hanno infatti valore filatelico assai maggiore degli altri).

3) Termine talora usato per gommoresina.

4) Nome dato ai depositi peciosi costituiti per polimerizzazione e ossidazione di idrocarburi olefinici e diolefinici presenti nelle benzine. La formazione di gomma è dannosa per i motori, per cui la si impedisce addizionando le benzine con opportuni inibitori quali fenoli, ammine ecc.

5) Stampa alla gomma, antico procedimento per la realizzazione di stampe fotografiche che si fonda sulla proprietà della gomma arabica sensibilizzata con bicromato per divenire insolubile in acqua dopo esposizione alla luce.

6) In medicina, formazione di tessuto connettivo giovane, molto ricco di vasi sanguigni e diffusamente infiltrato da linfociti e plasmacellule con qualche cellula epitelioide e rare cellule giganti, caratterizzata da una consistenza e da un contenuto duro-elastico simili alla gomma. Di solito nell'evoluzione della lesione si riscontrano 4 fasi: di formazione, ulcerazione, evacuazione e riparazione. In dermatologia il termine gomma è esteso a qualsiasi lesione con tali caratteristiche, ma le forme più tipiche sono le gomme sifilitiche, nella fase ormai molto avanzata della lue. La gomma sifilitica o luetica (detta anche sifiloma gommoso) si presenta come un rilievo circoscritto, di forma varia, duro all'inizio con tendenza al rammollimento fino alla necrosi centrale, con fuoruscita di liquame filante simile a soluzione gommosa; la localizzazione può essere ipodermica, periostea, ossea, viscerale. Di solito la lesione gommosa sifilitica è localizzata, ma a volte si può avere una infiltrazione gommosa diffusa di un organo o di un tessuto. Le gomme luetiche aumentano gradualmente di dimensioni per poi guarire lentamente e lasciare una cicatrice retraente con deformazione dell'organo o della struttura in cui si sono sviluppate. Non sono dolenti. Particolarmente grave, anche se rara, è la localizzazione miocardica che interessa in particolare il setto interventricolare e il ventricolo sinistro. Gli esiti cicatriziali sono responsabili di turbe del ritmo cardiaco e di possibili formazioni di aneurismi della parete cardiaca con possibilità di rottura e morte improvvisa. La terapia è sintomatica o correttiva chirurgica.

Gomme vive naturali: generalità

La gomma naturale si può ottenere da numerose piante: se ne contano più di 300, tutte viventi nei territori tropicali situati fra il 15º parallelo N e il 15º parallelo S . Quelle di effettivo interesse industriale, tuttavia, sono solo alcune Euforbiacee (Hevea brasiliensis, Hevea guyanensis, Manihot glaziovii, originarie dell'America Centro-Meridionale), Apocinacee (Funtumia elastica e diverse Landolphia dell'Africa occidentale), Moracee (Ficus elastica, dell'Asia, e Castilloa elastica, del Messico) e Composite (Parthenium argenteum, o guaiule, oriunda del Messico e del Texas). Quella di gran lunga più importante è Hevea brasiliensis, originaria del bacino del Rio delle Amazzoni (Pará), attualmente coltivata in tutte le regioni tropicali e subtropicali adatte, che da sola fornisce ca. il 90% della produzione mondiale di gomma naturale . Insieme a varie specie congeneri, essa era nota già in epoca precolombiana alle popolazioni indigene d'America, che ne utilizzavano il latice in vario modo, in particolare per fare recipienti. In Europa, nonostante che l'albero della gomma fosse stato descritto già da Colombo e da altri esploratori spagnoli e portoghesi, le proprietà della pianta e soprattutto quelle del suo latice rimasero praticamente sconosciute fino a quando Ch.-M. de La Condamine non interessò il mondo scientifico con la sua relazione (1736) all'Accademia delle Scienze di Francia sull'uso che ne facevano gli Indiani d'America. Trascorsero, tuttavia, ancora diversi anni prima che la gomma trovasse impiego pratico, sembra per fabbricare gomma da cancellare (1770). Seguirono vari tentativi per utilizzarla nella fabbricazione di suole, calzature, tubi, tele impermeabili ecc.; tali manufatti, tuttavia, presentavano seri inconvenienti in quanto, allo stato grezzo, la gomma è un materiale con caratteristiche meccaniche ed elastiche scadenti, alquanto plastico, morbido, viscoso, che risente fortemente delle condizioni termiche per cui al freddo si presenta duro e rigido mentre con l'aumento della temperatura acquista potere adesivo. Si cercò allora, mediante trattamenti meccanici e miscele di opportuni additivi, di rendere stabili le proprietà della gomma. Un primo successo si ottenne con il masticatore a cilindri concentrici di Th. Hancock che, snervando il materiale, lo rendeva plastico e idoneo ad assorbire gli additivi (1820); ci si rivolse quindi alla ricerca di metodi di lavorazione chimico-fisici delle mescole e, con solventi idonei (etere, trementina, petrolio), si giunse a ottenere soluzioni gommose relativamente stabili adatte a impermeabilizzare tessuti (Ch. Macintosh, 1823) e a ottenere fili elastici (Th. Hancock, 1837). La completa stabilità delle proprietà della gomma fu ottenuta però solo nel 1839, quando C. Goodyear scoprì un processo basato sul riscaldamento fino a una certa temperatura di una miscela di gomma e zolfo (vulcanizzazione) rimasto alla base della lavorazione della gomma.

Gomme vive naturali: il latice

Il latice è costituito da una dispersione colloidale di particelle dell'idrocarburo che rappresenta il costituente fondamentale della gomma naturale (in media fasi al 35-38%) e da piccole quantità di grassi, resine, zuccheri e proteine che stabilizzano la soluzione colloidale nel veicolo acquoso del latice. Il caucciù può considerarsi come formato da un alto polimero di un idrocarburo a due doppi legami, e cioè di un diene, l'isoprene o 2-metilbutadiene:

In effetti, riscaldando la gomma a temperature tanto elevate da provocarne la completa decomposizione si libera, accanto a numerosi altri prodotti, dell'isoprene; viceversa, trattando l'isoprene per esempio con piccole quantità di perossidi, esso polimerizza formando una massa di proprietà simili anche se non identiche a quelle della gomma. Nelle lunghissime catene di atomi di carbonio che costituiscono lo scheletro delle macromolecole del caucciù, le singole unità di isoprene sono concatenate tra loro per i due estremi più lontani; nella polimerizzazione il sistema di due doppi legami coniugati delle singole molecole di isoprene si trasforma in un unico doppio legame centrale, lasciando libere ai due estremi due valenze che legano altre unità di isoprene: il doppio legame centrale che così si forma in ogni unità presenta la configurazione cis, come risulta dalla formula seguente che mostra un tratto della catena costituito da tre unità di isoprene:

In realtà, questa derivazione è soltanto formale perché nelle piante il caucciù non si forma da una polimerizzazione dell'isoprene ma dalla policondensazione del pirofosfato di dimetilallile. Le catene che costituiscono le singole macromolecole di caucciù presentano lunghezze diverse dall'una all'altra, corrispondenti a pesi molecolari che vanno da 130 mila a 400.000 ca. e contengono quindi da 1700 a 7000 unità isopreniche.

Gomme vive sintetiche: le gomme dieniche

Le gomme sintetiche sono sostanze macromolecolari ottenute attraverso processi di polimerizzazione o di copolimerizzazione di adatti monomeri e che, pur presentando una struttura differente da quella della gomma naturale, hanno comportamento elastico analogo a questa. La categoria più importante di gomme sintetiche è quella in cui almeno uno dei monomeri di partenza è un diene, cioè un composto contenente due doppi legami alternati. La prima gomma sintetica fu prodotta industrialmente in Germania durante la prima guerra mondiale. Si trattava di un polimero del 2,3-dimetilbutadiene o metilisoprene, da cui il nome di gomma metile dato a questi prodotti; le qualità meccaniche di queste gomme erano però tanto scadenti da poterle considerare solo un cattivo surrogato della gomma naturale. Dopo il 1930 l'industria chimica tedesca mise a punto la produzione industriale di un nuovo gruppo di gomme sintetiche indicate con il nome di Buna, polimeri ottenuti dal butadiene provocandone la polimerizzazione mediante sodio metallico in presenza di piccole quantità di anidride carbonica. Un decisivo progresso si ebbe con la scoperta che gomme sintetiche assai migliori si potevano ottenere, anziché polimerizzando il butadiene da solo, copolimerizzandolo con stirene. Si ebbero così le gomme sintetiche indicate in Germania con il nome di Buna S e negli Stati Uniti con la sigla GRS (Government Rubber Styrene) o SBR (Styrene Butadien Rubber). Gradualmente perfezionata attraverso gli anni fino a ottenere prodotti per vari aspetti superiori alla gomma naturale, la gomma di questo tipo è attualmente quella di gran lunga più importante e il suo consumo ha largamente superato quello della gomma naturale (nei primi anni del 2000 si stima un consumo superiore ai 3 milioni di tonnellate all'anno). La polimerizzazione del butadiene e dello stirene può essere realizzata in emulsione (E-SBR) oppure in soluzione (S-SBR). Nel primo caso, i due monomeri vengono dispersi in acqua sotto forma di minute goccioline con l'aiuto di adatti tensioattivi e aggiungendo poi il catalizzatore di polimerizzazione. Quest'ultimo, costituito un tempo da una miscela di perossidi, è realizzato mediante un sistema ossidoriduttivo a base di p-mentano idroperossido (l'ossidante) e un addotto tra formaldeide e bisolfito di sodio (il riducente), ai quali vengono aggiunti sali di ferro, ditionito di sodio e, come agente complessante, l'EDTA. La polimerizzazione in emulsione può essere condotta a freddo (circa 10°C) o a caldo (50°C). Il processo a freddo, sviluppato successivamente al primo, è preferito per le applicazioni pneumaticistiche, perché fornisce gomme caratterizzate da migliore resistenza all'abrasione e con migliori proprietà dinamiche. La polimerizzazione in soluzione avviene a temperature più elevate (circa 70 °C) in solventi idrocarburici, in presenza di adatte sostanze polari (modificatori). Sebbene si sia gradualmente diffusa accanto alla tradizionale polimerizzazione in emulsione, rimane una metodica di importanza minore (non inferiore comunque, in termini di quote di mercato, al 15% circa del totale delle gomme SBR). Le catene del copolimero SBR presentano un'alternanza abbastanza regolare di unità di butadiene e di stirene. La formula data rappresenta un tratto della catena del copolimero butadienestirolo costituito dai residui di due unità di butadiene e una di stirolo che, nella formula, sono separate da linee punteggiate per meglio evidenziarle:

Una caratteristica importante delle gomme SBR è il contenuto in stirene, che può essere alquanto variabile. All'aumentare di questo, la gomma acquisisce migliori caratteristiche di aderenza, ma anche maggiore resistenza al rotolamente. Una gomma SBR tipica per applicazioni nel campo dei pneumatici ne contiene circa il 23%, ma per quelli con elevata aderenza tale valore può aumentare fino al 40%. Le gomme SBR (ne esistono quasi 100 tipi diversi) sono in assoluto le più diffuse. Oltre il 70% del loro consumo è assorbito dal settore degli pneumatici. La seconda gomma sintetica per ordine di importanza è costituita dai polibutadieni (oltre 2 milioni di tonnellate/anno) o BR. Il progresso fondamentale per questo tipo di gomme è legato alla scoperta dei catalizzatori organometallici di Ziegler (avvenuta negli anni Cinquanta) che consentirono di ottenere il polimero in forma stereochimicamente controllata, in particolare derivante dalla addizione di tipo 1,4 (cioè tra il primo e l'ultimo atomo di carbonio del monomero) anziché 1,2, e con il doppio legame in geometria cis (polimeri 1,4-cis). Oltre ai classici catalizzatori a base di titanio (tipicamente, una miscela contenente tetracloruro di titanio, un trialchilalluminio e uno ioduro di dialchilalluminio), sono stati sviluppati catalizzatori a base di cobalto, nichel e elementi delle terre rare. Il polibutadiene è largamente impiegato come componente di pneumatici (sempre in mescola con SBR o gomma naturale), nella produzione del polistirene antiurto, di cui è un componente fondamentale, e nella produzione delle resine ABS. Un altro copolimero del butadiene, e cioè quello con l'acrilonitrile, costituisce la gomma indicata in passato con il nome di Buna N o con la sigla GRA, oggi indicata spesso con l'acronimo generico NBR. La copolimerizzazione decorre secondo uno schema del tutto analogo a quello delle gomme butadiene-stirene e porta a catene del tipo:

Alcune varianti recenti della gomma butadiene-acrilonitrile prevedono l'aggiunta di un terzo monomero (acido acrilico o metacrilico: gomma XNBR) o l'idrogenazione del prodotto finito (HNBR). Pur avendo un volume di mercato minore di quelle SBR e BR (circa 350.000 tonnellate/anno), le gomme NBR hanno proprietà peculiari (resistenza ai grassi e ai solventi e, per la HNBR; mantenimento delle proprietà a caldo e buona resistenza all'abrasione) che le rendono utili in applicazioni quali guarnizioni, guanti, cinghie di trasmissione ecc. Un altro tipo di gomma sintetica, noto in commercio come Neoprene, venne studiato intorno al 1930 negli Stati Uniti e successivamente perfezionato; è costituito dai polimeri del 2-clorobutadiene. La polimerizzazione del 2-clorobutadiene con il metodo in emulsione fornisce una gomma di ottime proprietà, più resistente agli agenti chimici, meno permeabile ai gas e meno penetrabile dall'acqua della gomma naturale e della gomma butadiene-stirolo. Poiché il 2-clorobutadiene rappresenta un monomero assai più costoso del butadiene e dello stirene, ne deriva un costo del Neoprene più elevato di quello delle altre gomme sintetiche, che ne limita l'impiego ad applicazioni particolari (per esempio, nel settore degli adesivi). Per la produzione dei manufatti le gomme sintetiche dieniche vengono vulcanizzate con zolfo e acceleranti e addizionate di cariche e di altri additivi in modo in linea di massima simile alla gomma naturale.

Gomme vive sintetiche: gomme poliolefiniche

Una seconda, ampia categoria di gomme sintetiche è quella delle gomme poliolefiniche, che vengono prodotte, anziché da monomeri a due doppi legami come il butadiene, da monomeri a un solo doppio legame (olefine). Quella indicata con il nome di gomma butile (o gomma butilica) si ottiene per polimerizzazione dell'isobutilene. Ne deriva un polimero del tipo:

Buone proprietà elastiche possono presentare anche i copolimeri tra l'etilene e il propilene. La struttura dei copolimeri etilene-propilene presenta un'alternanza di unità dei due monomeri; la formula che segue rappresenta un tratto della loro catena:

Le gomme poliolefiniche presentano il vantaggio di essere prodotti da monomeri che l'industria petrolchimica rende disponibili a un prezzo molto basso e hanno proprietà molto interessanti per svariate applicazioni. Tuttavia le macromolecole poliolefiniche sono praticamente prive di doppi legami (da qui il nome di gomme sature con cui sono anche indicate), e quindi la loro vulcanizzazione non può effettuarsi mediante la tradizionale vulcanizzazione con zolfo (questa si basa infatti sulla presenza nella macromolecola della gomma naturale e delle altre gomme sintetiche di doppi legami sui quali si addiziona lo zolfo dando luogo alla formazione di ponti costituiti da atomi di zolfo che collegano tra loro le singole macromolecole). Per questo motivo, le gomme a base di isobutene vengono ottenute per copolimerizzazione con isoprene (si parla infatti di gomme isobutene-isoprene), il quale fornisce i siti attivi per la vulcanizzazione. Per rendere l'operazione più agevole, a partire dagli anni Sessanta sono state introdotte le gomme alobutiliche (clorobutiliche e bromobutiliche), ottenute trattando la gomma con l'alogeno in soluzione: gli atomi di alogeno così prodotti costituiscono i nuovi siti di vulcanizzazione. Queste gomme hanno trovato ampia applicazione, per esempio, nella fabbricazione di camere d'aria (in mescola con gomma naturale). Per quanto riguarda le gomme etilene-propilene, il processo di vulcanizzazione può essere realizzato mediante perossidi organici; in questo modo è possibile creare legami diretti tra atomi di carbonio di macromolecole diverse con una operazione però assai più costosa della normale vulcanizzazione. Un'altra soluzione è quella di introdurre nella polimerizzazione, analogamente a quanto accade per le gomme isobutiliche, una limitata quantità, per esempio il 5%, di un diene, in modo da ottenere una gomma che contenga un numero di doppi legami sufficiente ad assicurare la vulcanizzazione con zolfo (con acceleranti di elevata efficienza). Molte moderne gomme etilene-propilene contengono come terzo monomero il 5-etiliden-2-norbornene. Le gomme etilene-propilene (consumo intorno alle 800.000 tonnellate/anno) trovano largo impiego in molti settori (componenti per automobili, edilizia, rivestimenti isolanti), grazie soprattutto alla loro resistenza al calore, all'invecchiamento e agli agenti chimici. Non sono invece impiegate nel settore degli pneumatici.

Gomme vive sintetiche: altri tipi

Applicazioni particolari trovano altri tipi di gomma sintetica. Tra questi, le gomme del tipo Thiokol sono composti macromolecolari che si ottengono per reazione dell'1,2-dicloroetano o anche di altri analoghi dialogenoderivati con il polisolfuro di sodio. La loro struttura è costituita da gruppi organici legati in catena da ponti di atomi di zolfo, secondo schemi del tipo:

Le gomme Thiokol presentano un'alta impermeabilità ai gas, per cui si usano per esempio come rivestimento nei palloni aerostatici, e sono molto resistenti all'azione solvente degli idrocarburi liquidi, per cui vengono tra l'altro usate per fabbricare i giunti e le guarnizioni delle tubazioni che devono restare immerse negli oli minerali. § Di origine diversa sono le gomme siliconiche appartenenti al gruppo dei siliconi, che presentano strutture del tipo:

nelle quali i gruppi R sono due radicali organici, per esempio due gruppi CH3. Le gomme siliconiche vengono vulcanizzate con perossidi organici, analogamente alle gomme poliolefiniche prima descritte; presentano ottime proprietà come isolanti elettrici e un'elevata resistenza chimica, per cui vengono, per esempio, utilizzate per rivestire cavi elettrici per le altissime tensioni. Il loro costo relativamente elevato ne limita le applicazioni. § Limitato a impieghi particolari è l'uso di altre gomme sintetiche, come quelle ottenute per clorurazione o solfoclorurazione del politene, le gomme poliacriliche ottenute dalla polimerizzazione in condizioni opportune di acrilati, e cioè di esteri dell'acido acrilico, le gomme poliuretaniche, le gomme polietere ecc.

Produzione e lavorazione della gomma

L'organizzazione di una piantagione di per la produzione di Hevea richiede notevoli capitali, sia per la vastità dei terreni necessari sia per la preparazione di questi, la semina, il trapianto delle piantine; così pure la raccolta del latice è assai complessa e richiede l'impiego di personale specializzato. Ciascuna pianta produce quasi 3 kg di gomma essiccata all'anno e di norma viene sfruttata a partire dal 7º e fino al 34º anno di età, alternando periodi di produzione a periodi di riposo. In media su 1 ha si piantano da 250 a 300 alberi e la relativa produzione quindi si aggira sui 500-600 kg annui di caucciù; in taluni casi, con colture particolarmente selezionate, si possono raggiungere i 2000 kg/ha. L'estrazione del latice si ottiene incidendo un sottile e stretto strato di corteccia (excisione) con un apposito coltello lungo un tracciato per lo più a lisca di pesce, ossia con una linea centrale longitudinale e varie altre oblique a essa convergenti da ambo i lati; il latice che cola dai diversi tagli si raccoglierà alla base del tratto verticale in un apposito recipiente fissato al fusto. Di norma tali incisioni interessano da 1/3 a 1/2 della circonferenza del tronco, per un'altezza modesta; l'operazione viene ripetuta periodicamente su ciascuna pianta, ma sempre in zone diverse, avendo cura di non ritornare su un tracciato già eseguito prima di 6-7 anni. Appena raccolto, il latice è additivato con acido formico o acido acetico o ammoniaca o solfito di sodio per impedirne la coagulazione e inviato allo stabilimento di lavorazione. Sul mercato è immesso sia il concentrato di latice sia la gomma essiccata. Il concentrato, al 60% in caucciù, è ottenuto per semplice centrifugazione e ulteriore addizione di ammoniaca, acido borico, dietilditiocarbammato di zinco ai fini della preservazione. La gomma essiccata si ricava per diluizione del latice al 15% e acidificazione con acido formico o acetico con conseguente coagulazione e precipitazione al fondo; un successivo passaggio attraverso una calandra a cilindri rotanti (a velocità uguali o differenti) le impartisce la forma di fogli lisci oppure crespati (rispettivamente sheet e crêpe). Il prodotto è poi inviato all'essiccamento in stufe in presenza di fumo di legna (ribbed-smoked-sheet) o di aria (air-dried-sheet). Negli ultimi tempi la gomma è stata immessa sul mercato anche sotto forma di balle ricavate per granulazione del coagulo, essiccamento e compressione in stampi. La trasformazione in prodotti finiti avviene con due distinti cicli per la gomma essiccata e il latice. La gomma essiccata, in balle, crêpe, fogli, se ha subito un lungo processo di immagazzinamento che può aver indotto cristallinità, viene tagliata e riscaldata a 30 ºC e quindi inviata a un masticatore, tipo di mulino a cilindri o di mescolatore, dove viene sminuzzata sia per poterla mescolare ad altre qualità di gomma sia per ridurne la viscosità che durante l'immagazzinamento può essersi eccessivamente innalzata a causa dei processi di reticolazione. È questa la fase di masticazione. Segue una fase di miscelazione (mescola) che permette l'addizione di tutti quei componenti atti a impartire la resilienza e la resistenza meccanica proprie della gomma: riempitivi per diminuire il costo e impartire resistenza meccanica (carbon black, silicato d'alluminio); antiossidanti e antiozonizzanti (arilammine, fenoli, diarilammine) per ridurre l'effetto d'invecchiamento; plastificanti (acido stearico); oli per diminuire la viscosità; composti di zolfo e acceleranti necessari per la vulcanizzazione. È questa l'ultima e la più importante delle fasi di lavorazione. È ottenuta per riscaldamento a 140-180 ºC, operando con una percentuale variabile di zolfo secondo il prodotto finale che si vuole ottenere. Lo zolfo si “aggancia” alle catene polimeriche della gomma diminuendone la flessibilità e trasformando il prodotto da plastico a elastico ad alta velocità di recupero dell'allungamento. La trasformazione in prodotti finiti si effettua per stampaggio (la vulcanizzazione avviene direttamente nello stampo) oppure per estrusione e calandratura e successiva vulcanizzazione dei pezzi in stufe. Il latice è anch'esso additivato di vulcanizzanti, acceleranti, saponi, stabilizzanti per impedire il coagulo, riempitivi, rinforzanti (in misura minore che per la gomma essiccata); miscelato viene impiegato come bagno per immersione della matrice dell'oggetto da rivestire, poi passato all'essiccamento, vulcanizzazione a caldo, lavaggio; oppure viene usato per la produzione di gomme espanse per colatura nello stampo insieme con una sostanza decomponibile a caldo con formazione di gas (espandente), poi vulcanizzato e contemporaneamente espanso. Per quanto riguarda le gomme sintetiche , una volta ottenuto il polimero si procede analogamente a quanto avviene per la gomma naturale: si sottopone cioè il polimero alle fasi di masticazione, mescola e vulcanizzazione le quali ovviamente saranno svolte con modalità diverse specifiche per ciascun polimero. La gomma è utilizzata per la fabbricazione di pneumatici (oltre i 3/5 del prodotto globale), molle e cinghie, guarnizioni, espansi, tubi, suole per scarpe, rivestimenti elettrici, supporti antivibranti; in particolare il latice si usa per rivestimento di oggetti, film e quale componente di adesivi e legante per fibre.

Industria della gomma

L'industria della gomma comprende tutte le attività volte alla produzione e alla lavorazione della gomma . Come si è già detto, la gomma è ottenibile in natura da un centinaio di tipi di piante tropicali (gomma naturale), originarie dell'America Meridionale (Brasile) e trapiantate dagli Inglesi nelle coltivazioni di Srī Lanka, della Penisola di Malacca, di alcuni Paesi africani. Alternativamente essa è ottenibile attraverso procedimenti chimici di sintesi (gomma sintetica). A entrambi i prodotti si fa riferimento con il termine elastomeri. Fino alla seconda guerra mondiale la gomma naturale era la materia prima per eccellenza per questa industria, poiché la gomma sintetica (prodotta esclusivamente in Germania, Stati Uniti, Polonia) non presentava ancora caratteristiche di ampio sfruttamento industriale (4% del consumo mondiale di elastomeri). Le difficoltà e il venir meno degli approvvigionamenti di gomma naturale durante il periodo bellico diedero impulso allo sviluppo della produzione di gomma sintetica. Lo sforzo maggiore fu compiuto dagli Stati Uniti, che alla fine della guerra disponevano di 87 stabilimenti. Oltre che per alimentare una domanda crescente di elastomeri da parte delle industrie trasformatrici, la gomma sintetica si impose nell'utilizzo industriale poiché a una minore elasticità rispetto al prodotto naturale accompagna alcune caratteristiche (resistenza ai solventi, agli oli ecc.) che la rendono preferibile in molti tipi di produzioni. Accanto a questi fattori vanno anche considerati il prezzo inferiore e la maggiore sicurezza e regolarità di approvvigionamento. Poiché la principale materia prima per la produzione della gomma sintetica è il petrolio, a seguito delle due crisi petrolifere (1973, 1979) la concorrenza tra gomma naturale e sintetica si è stabilizzata senza un'ulteriore accentuazione del processo di sostituzione della seconda alla prima. Mentre la produzione di gomma naturale (ca. 5 milioni di t all'anno) è appannaggio dei Paesi in via di sviluppo, in prevalenza asiatici, ed è al 90% esportata, la produzione di gomma sintetica (ca. 10 milioni di t all'anno) è localizzata nei Paesi industrializzati e come la maggior parte dei manufatti viene consumata nel Paese che la produce. I principali Paesi produttori di gomma naturale sono: la Malaysia, l'Indonesia, la Thailandia, lo Srī Lanka, l'India, la Liberia, la Nigeria. Dal 1969, prima con una denominazione diversa, l'INRO tutela gli interessi dei produttori di gomma naturale. Per la gomma sintetica i principali Paesi produttori sono: Stati Uniti, Giappone, Francia, Germania, Italia. La gomma naturale è il primo prodotto per il quale si è raggiunto un accordo di stabilizzazione di prezzo nell'ambito del programma integrato per le materie prime dell'UNCTAD (la Conferenza delle Nazioni Unite per il commercio e lo sviluppo), accordo entrato definitivamente in vigore nel 1982. Il crescente utilizzo dei prodotti della lavorazione della gomma rende il panorama delle industrie di trasformazione assai ampio. Storicamente le basi per tale industria vennero gettate nel 1888 a opera di Dunlop con l'invenzione del pneumatico. In precedenza scoperte scientifiche implicanti l'uso della gomma erano state le soluzioni gommose per impermeabilizzare i tessuti di Macintosh e soprattutto il processo di vulcanizzazione di Goodyear e Hancock. Oggi la produzione di articoli di gomma riguarda: pneumatici, materiali per ricostruzioni e riparazioni, articoli tecnici, articoli sanitari, calzature, suole, tacchi. La maggiore incidenza sui consumi di elastomeri spetta ai pneumatici, che assorbono il 60% della produzione mondiale di gomma naturale e sintetica, e per questo motivo le vicende della produzione di elastomeri sono state strettamente connesse con il processo di motorizzazione. Le industrie della lavorazione della gomma hanno via via assunto dimensioni sempre maggiori, ma, soprattutto quelle operanti nel campo dei pneumatici, dagli inizi degli anni Novanta attraversano una profonda crisi strutturale. Date le enormi possibilità di applicazione degli elastomeri, la produzione delle imprese del settore risulta spesso molto diversificata, con una forte integrazione verticale che coinvolge le fasi della produzione della gomma sintetica (negli Stati Uniti i primi cinque produttori di pneumatici controllano il 55% della produzione di gomma sintetica). Le maggiori società sono la Goodyear, la Michelin, la Dunlop, l'Union, la Firestone, la Bridgestone Tire e, per l'Italia, la Pirelli.

Gomme vegetali

Le gomme vegetali sono costituite da composti macromolecolari del gruppo dei carboidrati e si disciolgono in acqua formando soluzioni colloidali più o meno dense secondo la concentrazione e la natura della gomma, mentre sono insolubili in alcol e negli altri solventi organici. La più nota è la gomma arabica, ottenuta da alcune specie del genere Acacia, in particolare da Acacia Senegal. Si presenta in granuli gialli o appena giallognoli e semitrasparenti nei tipi più pregiati. Le zone di maggior produzione sono il Senegal e la zona sudanese della valle del Nilo. Per ottenerla dalle piante si asportano dal tronco delle strisce di corteccia avendo cura di non intaccare il legno sottostante: dopo qualche decina di giorni la zona scortecciata appare coperta da uno strato di gomma; il raccolto si ripete di tempo in tempo. Oltre che per preparare la soluzione al 20% circa usata come adesivo, ma in buona parte oggi sostituita dalle gomme artificiali a base di destrina e di amido, la gomma arabica trova largo impiego nella preparazione di pasticche gommose in campo dolciario e nell'industria farmaceutica, nella quale viene inoltre usata per dare compattezza alle compresse e alle pastiglie. La gomma adragante, ricavata da alcune specie del genereAstragalus, si presenta in piastrine bianche o giallognole; in acqua si rigonfia e forma poi una soluzione fortemente mucillaginosa. Viene usata nella tecnica farmaceutica analogamente alla gomma arabica e inoltre come addensante nella preparazione di salse e sciroppi, nella finitura e nella tintura a stampa dei tessuti ecc. Di qualità meno pregiata sono le gomme ricavate da alcune specie del genere Sterculia, note in commercio con il nome di gomma karaya, e quelle ricavate da Anogeissus latifolia, note come gomme ghati ecc.

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