grana (industria alimentare)

sm. inv. [sec. XX; abbreviazione di (formaggio di) grana]. Nome comune e generico del più noto, diffuso ed esportato formaggio italiano. A pasta dura, compatta, pesante, di colore giallo chiaro o chiarissimo, ha tipico aspetto granuloso, sapore e odore penetranti e caratteristici. Oggi si tende a distinguere con marchi rigorosi alcune varietà di grana : il parmigiano-reggiano, il lodigiano, il grana padano (prodotto essenzialmente in Lombardia alla sinistra del Po). Il latte destinato alla caseificazione viene fatto sostare in apposite vasche per consentire l'affioramento del grasso, quindi immerso in caldaie di rame, agitato continuamente e addizionato del siero-innesto ricco di lattobacilli. Viene aggiunto il caglio e si ottiene quindi la coagulazione: si esegue la “spinatura”, la rottura, cioè, con lo spino del coagulo, fino a ottenere dei grumi della grossezza di un chicco di frumento, aumentando la temperatura fino ai 40 ºC ca. per facilitare il prosciugamento. Si effettua quindi la cottura, mantenendo la massa caseosa in agitazione; questa successivamente viene estratta e avvolta in una tela, immersa nel siero, quindi estratta nuovamente e sottoposta a pressione con dei dischi legnosi per facilitare lo spurgo. Le forme di ca. 35 kg vengono sottoposte a salatura (per ca. 20 giorni) e avviate in appositi locali per la stagionatura che si prolunga da 1 a 3 anni. La resa in formaggio è del 6% ca., il tenore in grasso e proteine è, rispettivamente, del 25-28% e del 35%. Il grana , che migliora con l'invecchiamento (grana vecchio, di un anno, stravecchio, di due anni, stravecchione, di tre anni e oltre), si consuma al naturale, all'inizio o alla fine del pasto, oppure viene grattugiato, per condire pastasciutte, risotti, minestre, ecc. Sempre grattugiato o in lamelle entra nella composizione di molte preparazioni della cucina italiana.

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