immunotecnologìa

branca della tecnologia molecolare che basa i suoi presupposti sulla considerazione che gli anticorpi sono in grado di interferire con l'attività biologica di altre proteine. Tali caratteristiche funzionali sono state sfruttate per lo studio delle funzioni di alcune proteine: se un anticorpo è in grado di inibire in maniera controllata la loro azione (knock-out) è possibile evidenziare il ruolo da loro normalmente svolto. Per lo sviluppo di queste tecnologie ha avuto una notevole importanza la procedura per la sintesi di anticorpi monoclonali, messa a punto da Koehler e Milstein; tale procedimento consiste nella fusione fra linfociti di varia origine ( murina, umana, ecc.) con cellule tumorali per la costruzione di una linea cellulare immortale; da tali ibridi vengono progressivamente eliminati cromosomi in modo casuale, ma è possibile evidenziare ed isolare quelli in cui rimane e si esprime il cromosoma portante il gene per l'anticorpo di interesse; con tale procedura è stato quindi possibile produrre anticorpi specifici contro una singola proteina. In seguito le immunotecnologie sono state fortemente facilitate dalle tecniche messe a punto dall'ingegneria genetica, attraverso le quali è stato possibile isolare i geni responsabili per la sintesi di anticorpi, clonarli, ed ottenere il prodotto proteico corrispondente in notevole quantità. Con l'avvento della tecnica della PCR (Polymerase Chain reaction, reazione a catena della polimerasi), inoltre, è stato possibile amplificare intere famiglie di geni che portano l'informazione per le regioni variabili degli anticorpi e costruire delle “librerie” biologiche. Per ottenere una grande varietà di anticorpi specifici è stata sfruttata con notevole successo anche la loro organizzazione strutturale: i domini proteici funzionali separati ed indipendenti, suddivisi in zone variabili che legano l'antigene ed in regioni costanti con funzione effettrice, possono essere assemblati artificialmente per dar luogo ad un gran numero di combinazioni differenti. Utilizzando la tecnica del clonaggio è stato inoltre possibile far esprimere i geni per la sintesi di anticorpi in cellule di tessuti diversi da quelli ghiandolari linfatici, se non addirittura in organismi diversi, in modo che gli anticorpi prodotti possano svolgere dall'interno e nel modo più efficiente possibile la loro azione inibitoria nei confronti della proteina di cui si vuole studiare la funzione. Per ottenere la produzione di anticorpi in cellule che non appartengono al sistema immunitario bisogna in primo luogo modificare i geni responsabili della loro sintesi, affinché le loro sequenze regolatrici vengano riconosciute anche nella cellula ricevente; un gene così modificato deve poi essere inserito nel genoma della cellula ospite. Risultati significativi sono stati ottenuti in topi transgenici, dove geni per anticorpi specifici contro una proteina del sistema nervoso vengono espressi nelle cellule di tale sistema, all'interno delle quali riconoscono la proteina corrispondente e ne inibiscono, e quindi ne evidenziano, la funzione; gli anticorpi così ottenuti vengono definiti neuroanticorpi, ed il loro effetto inibitorio è detto knock-out fenotipico. La conoscenza sempre più approfondita delle caratteristiche delle proteine intracellulari e di ciò che ne determina la maturazione e la localizzazione ha reso possibile modificare degli anticorpi, normalmente estranei, in modo da poter mimare il comportamento della proteina di interesse. Ad esempio, è ormai noto che una qualsiasi proteina viene secreta all'esterno della cellula quando è provvista di una sequenza segnale all'estremità N-terminale, che la fa convogliare nell'apparato del Golgi; in assenza di questa sequenza la proteina non può uscire dalla cellula e resta nel citoplasma, dove raggiunge altri compartimenti all'interno della cellula: tali segnali sono utilizzati per indirizzare gli anticorpi verso zone specifiche della cellula o verso ciascuno dei suoi organuli. La distribuzione differenziale e specifica di tali anticorpi modificati viene rilevata con la tecnica dell'immunofluorescenza, mentre il ruolo sulla fisiologia e sul metabolismo cellulare viene evidenziato in diversi modi, dipendenti dai diversi meccanismi d'azione dell'anticorpo stesso. Questo, ad esempio, può legarsi al sito attivo della proteina d'interesse, comportandosi da competitore: l'inefficacia della proteina sarà pertanto dovuta alla sostituzione di questa da parte dell'anticorpo modificato, e sarà evidenziata, caso per caso, dall'effetto fenotipico causato dal suo non funzionamento nella cellula. Un'altra strategia utilizzata è quella di alterare la via di maturazione del prodotto proteico a funzione ignota: ad esempio alcuni recettori di membrana possono non venire esposti sulla superficie perché trattenuti all'interno del reticolo endoplasmatico da anticorpi provvisti di un segnale di ritenzione opportuno. Si ipotizza inoltre la possibilità di aggiungere agli anticorpi dei segnali per la degradazione proteolitica, in modo che il complesso con l'antigene, cioè con la proteina di interesse, venga eliminato dalla cellula stessa. L'uso di anticorpi trova la sua attuale migliore applicazione nella capacità di riconoscere e inattivare proteine intracellulari potenzialmente patogene. Il primo esperimento significativo è stato indirizzato verso l'inattivazione della proteina proto-oncogenica p21Ras, che si distribuisce sulla faccia interna della membrana citoplasmatica e che traduce i segnali volti alla crescita ed alla proliferazione cellulare; questa proteina risulta presente in una forma oncogenica in molte specie tumorali, dove si assiste alla crescita ed alla divisione cellulare incontrollata; anticorpi specifici intracellulari sono in grado di inibire p21Ras, e con essa anche la proliferazione cellulare. Oltre che per le patologie tumorali, le immunotecnologie trovano il loro campo di applicazione in molti altri settori: contro le malattie virali, ad esempio, un percorso utilizzato è quello di inserire il gene per un anticorpo specifico all'interno di cellule che normalmente ne sono prive, così da conferire loro una immunizzazione passiva; il maggior successo si è ottenuto attraverso la realizzazione di cellule umane resistenti all'infezione e alla replicazione del virus HIV, responsabile dell'insorgenza dell'A.I.D.S., inserendo al loro interno geni che producono anticorpi contro proteine specifiche del virus, quali la trascrittasi inversa. Nel campo delle biotecnologie vegetali questa tecnologia viene utilizzata soprattutto perché le cellule vegetali, pur non essendo provviste di un sistema immunitario, mostrano una notevole tolleranza nei confronti degli anticorpi provenienti da specie animali: consuete tecniche di trasformazione hanno permesso di inserire in piante di Nicotiniana nenthamiana la resistenza immunitaria all'infezione del virus dell'arricciamento maculato del carciofo. Anche la genomica funzionale, ossia quell'insieme di metodi utilizzati per identificare e comprendere la funzione delle proteine, trae vantaggio dalle immunotecnologie, che consentono di ottenere il knock-out fenotipico della funzione proteica d'interesse, soprattutto grazie al Progetto Genoma che ha fornito la sequenza di moltissimi geni di cui non si conosceva la funzione.

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