Lessico

sm. (f. -a) [sec. XVIII; pp. di impiegare]. Chi presta la sua opera in modo continuativo e subordinato presso un'azienda pubblica o privata, ricevendo in cambio una determinata retribuzione. Per la natura del loro lavoro gli impiegati si dividono in: amministrativi, se addetti alla contabilità, alle vendite, al personale; tecnici, se addetti alla produzione (capireparto, analisti, progettatori, ecc.); d'ordine, se svolgono solo mansioni di carattere esecutivo; di concetto, se esplicano un'attività di maggior responsabilità.

Impiegati dello Stato

Detti anche statali o pubblici impiegati, sono generalmente gli impiegati civili (in contrapposto ai dipendenti delle Forze Armate e di Polizia) alle dipendenze di pubbliche amministrazioni. Comprendono anche gli addetti agli Enti locali, agli Enti pubblici non economici, mentre restano esclusi, tra gli altri, i magistrati, il personale della carriera diplomatica, i professori universitari. La riforma del pubblico impiego, completata con l'emanazione del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, ha sostanzialmente mutato gli elementi indicativi dell'esistenza del rapporto di pubblico impiego che sono: la natura pubblica del datore di lavoro; la costituzione del rapporto mediante contratto (e non più con nomina dell'impiegato da parte dell'Ente pubblico con un atto unilaterale); la prestazione di lavoro rientrante nell'ambito dei fini istituzionali dell'Ente; la disciplina del rapporto di lavoro sulla base di un contratto collettivo nazionale; la dipendenza gerarchica e funzionale; la retribuzione predeterminata dalle norme del contratto e agganciata, almeno in parte, all'efficienza e al raggiungimento di obiettivi prefissati; l'attribuzione della giurisdizione delle controversie relative al rapporto di lavoro (con esclusione delle controversie relative alle procedure concorsuali) al giudice ordinario (e non più al giudice amministrativo). La legge quadro del pubblico impiego del 29 marzo 1983, n. 93, stabiliva che il regime retributivo e l'identificazione delle qualifiche fossero disciplinati con accordi sindacali per ogni singola area della Pubblica Amministrazione (comparti) di durata triennale o con accordi sindacali intercompartimentali per le qualifiche funzionali uguali o assimilate. La riforma del pubblico impiego, avviata con la prima legge “Bassanini” (legge 15 marzo 1997, n. 59), proseguita con l'emanazione dei decreti legislativi 4 novembre 1997, n. 396, 31 marzo 1998, n. 80 e 29 ottobre 1998, n. 387 e completata con il “testo unico” n. 165 del 2001, ha potenziato il ruolo dell'ARAN (l'agenzia per la rappresentanza negoziale delle pubbliche amministrazioni), prevedendo inoltre contratti collettivi nazionali, comparti riguardanti settori omogenei o affini. La contrattazione collettiva disciplina la durata dei contratti collettivi, la struttura contrattuale e i rapporti tra diversi livelli.L'accesso all'impiego per gli impiegati civili dello Stato avviene generalmente per pubblico concorso al fine di garantire l'imparzialità della Pubblica Amministrazione e di esercitare in concreto l'uguaglianza di tutti i cittadini e il loro diritto ad accedere agli uffici pubblici. In questo senso la legge 9 febbraio 1963, n. 66, ha fatto cadere anche la pregiudiziale per le donne, la legge 29 ottobre 1984, n. 732 ha fatto venir meno il requisito della “buona condotta” mentre la legge “Bassanini-bis” (legge 15 maggio 1997, n. 127) ha abolito il limite di età (già compreso tra 18 e 40 anni), salvo deroghe dovute alla particolare natura del servizio da svolgere (si pensi, per esempio, al personale delle Forze di Polizia; in tal caso le singole amministrazioni possono, con proprio regolamento, stabilire un limite di età). Requisiti necessari sono: la cittadinanza italiana (tale requisito non è però richiesto per i soggetti appartenenti all'Unione europea ai sensi del D.P.R. 9 maggio 1994, n. 487), l'idoneità fisica, il titolo di studio. Non possono accedere agli impieghi coloro che siano esclusi dall'elettorato politico attivo e coloro che siano stati destituiti o dispensati dall'impiego presso una pubblica amministrazione per persistente insufficiente rendimento o siano stati dichiarati decaduti da un impiego statale. Il periodo di prova dura generalmente 6 mesi, ma può avere una durata diversa (da definirsi in sede di contrattazione collettiva) in ragione della complessità delle prestazioni professionali richieste. I dipendenti delle amministrazioni dello Stato prestano giuramento di fedeltà alla Repubblica al momento della assunzione in servizio, davanti al capo dell'ufficio, o ad un suo delegato, pronunciando una formula rituale. Il rifiuto di prestare il giuramento provoca la decadenza dall'impiego (Decreto del Presidente della Repubblica 19 aprile 2001, n. 253). Contro il dovere di fedeltà sembra porsi il diritto di sciopero: al proposito i pubblici dipendenti fruiscono di tale diritto purché non vengano compromessi i servizi pubblici essenziali. Limitazioni al diritto d'iscriversi a partiti politici sono prescritte per i magistrati, i militari di carriera, i funzionari e agenti di polizia, i rappresentanti diplomatici e consolari all'estero. In merito al dovere di obbedienza o di subordinazione, l'impiegato, di fronte a un ordine palesemente illegittimo, deve farne rimostranza al proprio superiore ed è obbligato all'esecuzione solo se l'ordine è rinnovato per iscritto; deve sempre rifiutarsi se l'ordine consiste in un atto vietato dalla legge penale. Gli impiegati di grado inferiore a direttore generale sono sottoposti al controllo del loro superiore, che ogni anno è tenuto a formulare su ognuno di essi un giudizio, sintetizzato nei qualificativi: ottimo, distinto, buono, mediocre, insufficiente. Altri doveri dell'impiegato sono: la residenza (salvo esenzione per gravi ragioni), l'orario di servizio, il segreto d'ufficio. Ogni inosservanza dà luogo a un procedimento disciplinare, che comporta sanzioni quali: la censura, la riduzione di stipendio, la sospensione dalla qualifica, la destituzione. I diritti dell'impiegato sono: lo stipendio, le prestazioni previdenziali e assistenziali, l'uso del titolo inerente alla qualifica, il diritto all'ufficio e alle sue funzioni, il diritto alla carriera. Modificazioni al rapporto di lavoro sono: l'aspettativa e il collocamento a disponibilità; la prima si configura come una sospensione temporanea della prestazione di lavoro (per servizio militare, per infermità, per motivi familiari): vi hanno diritto gli impiegati statali e quelli pubblici, gli impiegati di ditte private in pianta stabile (a norma dei regolamenti interni); in alcuni casi è contemplata anche la corresponsione di tutto lo stipendio o di una sua parte. Il collocamento a disponibilità avviene invece nel rapporto di pubblico impiego per soppressione dell'ufficio o riduzione degli organici. La disponibilità può durare due anni al massimo e durante questo periodo l'impiegato percepisce lo stipendio al completo e gli assegni familiari. Dopo questa data, qualora non vi siano nell'amministrazione posti vacanti del suo grado, l'impiegato viene dispensato dal servizio. Il rapporto d'impiego si estingue per: dimissioni, collocamento a riposo (65 anni, 70 per i magistrati e i docenti) o destituzione.

Impiegati degli Enti locali

Chi svolge un'attività stabile alle dipendenze di una Regione, di una Provincia, di un Comune. Per gli impiegati della Regione esiste la disposizione che, nella formazione degli uffici regionali, siano tratti dal personale dello Stato e degli Enti locali. Gli impiegati delle Province e dei Comuni sono disciplinati da un proprio regolamento, che contempla in particolare la possibilità di rescissione del rapporto d'impiego per soppressione del posto o riduzione dell'organico. Essi possono essere dispensati per: inabilità fisica, incapacità professionale e scarso rendimento. Il loro collocamento a riposo avviene di norma a 60 anni. Una posizione particolare compete ai segretari comunali e provinciali: essi sono impiegati e funzionari dello Stato a tutti gli effetti e dipendono dal Ministero dell'Interno. Dipendono invece dal Comune i sanitari condotti (medici e ostetriche); gli ufficiali sanitari a loro volta dipendono dallo Stato. Per quanto concerne lo Statuto dei Lavoratori, esso non viene applicato agli impiegati pubblici essendo la materia già diversamente regolata da norme speciali. Per la riorganizzazione della Pubblica Amministrazione, ormai inadeguata alle moderne esigenze, è stato istituito il Dipartimento per la Funzione Pubblica.

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