infinito

Indice

Lessico

Agg. e sm. [sec. XIII; dal latino infinītus].

1) Agg., che non ha principio, né fine: Dio è infinito; siamo circondati dallo spazio infinito. Per estensione, che non ha limiti, immenso, grandissimo: la distesa infinita del mare; provare una gioia infinita. Iperb., innumerevole: chiedere infinite scuse.

2) Sm., ciò che non ha confini di tempo, di spazio, di numero: la mente umana non riesce a concepire l'infinito. In particolare: A) lo spazio senza limiti dell'universo: meteoriti che vagano nell'infinito.B) In matematica, concetto contrapposto a quello di finito. Nella loc. avv. all'infinito, in modo infinito, senza fine; fig., il discorso va all'infinito, non finisce più; ripetere qualche cosa all'infinito, molte volte; la sua fama cresce all'infinito, cresce senza fine. § In fisica, la locuzione all'infinito indica una posizione nello spazio relativamente lontana dall'ente in studio; per esempio, in ottica, una sorgente luminosa è considerata all'infinito quando i raggi luminosi da essa provenienti sono praticamente paralleli; in elettrologia, spostare una carica all'infinito significa portarla a una distanza tale dalla distribuzione di cariche che genera il campo che quest'ultimo non abbia praticamente più influenza sulla carica stessa. § In geometria proiettiva, punto, retta, piano all'infinito sinonimo di punto, retta, piano improprio.

3) In grammatica, modo indefinito del sistema verbale.

Filosofia

Ciò che, essendo senza limiti, assomma in sé ogni perfezione oppure ciò che, proprio perché privo di limiti, è impreciso e quindi indefinito. Quest'ultima concezione è tipica della filosofia greca, e a questa limitata. Per essa infatti la perfezione è sinonimo di ordine e misurabilità finita. L'infinito come perfezione è invece proprio delle filosofie che, assimilandolo all'assoluto, lo concepiscono come essere necessario in cui sono comprese tutte le possibilità: sono tali il neoplatonismo, la filosofia di Cusano, il pensiero cristiano in generale, concezioni nelle quali è mantenuto un rapporto di trascendenza tra finito e infinito; il finito però non viene annullato, ma mantenuto nella sua realtà, pur limitata e imperfetta nei confronti della perfezione dell'assoluto. Ogni forma d'idealismo, invece, facendo dell'infinito l'unica realtà, risolve in essa il finito, che cessa di avere una sua autonomia (dottrine di Spinoza, di Hegel e del neoidealismo italiano).

Grammatica

Il modo infinito (o infinito, sm.) ha in comune col verbo la distinzione dei tempi e della diatesi e col nome la mancanza della persona. In italiano le terminazioni della forma attiva sono: -àre (amare), -ére (vedere), -ere (leggere), -ìre (udire); i tempi sono due: presente attivo (amare), passivo (essere amato), passato attivo (aver amato), passivo (essere stato amato). In latino c'è anche il tempo futuro, che nella forma attiva è amaturum (-am, -os, -as, -a) esse (essere per amare), nella forma passiva amatum iri (essere per essere amato). Può essere usato, in latino come in italiano, in funzione di soggetto o di oggetto in luogo di un verbo di modo finito (infinito storico o descrittivo); nelle esclamazioni (infinito esclamativo). Comune a più lingue è l'assunzione di un infinito, preceduto dall'articolo, in funzione di sostantivo (infinito sostantivato). Tipica del latino, e di altre lingue indeuropee, è la costruzione sintattica dell'infinito con l'accusativo, per la quale una proposizione dipendente viene espressa col verbo all'infinito e il soggetto all'accusativo.

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