Generalità

sm. ebraico (propr. gruppo, riunione; pl. kibbutzim, usato in italiano come sm. inv.). Termine con il quale si designano indifferentemente sia le comunità agricole di limitate proporzioni (più propriamente kevuẓah, pl. kevuẓot) sia quelle agricolo-industriali sorte in Palestina agli inizi del secolo per realizzare su base volontaria gli ideali strettamente collettivistici e di rigenerazione nazionale predicati dal movimento sionista di sinistra. § Caratteristiche economiche e sociali del kibbutz sono: abolizione della proprietà privata individuale e rotazione del lavoro tra i membri all'interno della comunità; eliminazione di ogni forma di salario (secondo il principio “da ciascuno secondo le sue capacità, a ognuno secondo le sue necessità”); responsabilità solidale e collettiva di tutti i haverim (compagni), organizzati su base assolutamente egualitaria in assemblea che settimanalmente si riunisce, discute e approva l'operato dei vari comitati elettivi; accettazione collettiva da parte dell'assemblea della domanda di associazione al kibbutz di ogni candidato dopo un periodo di prova di un anno; valorizzazione del lavoro fisico manuale su quello esclusivamente intellettuale; rifiuto di ogni privacy anche nel momento familiare dell'educazione dei figli.

Cenni storici

Dopo la fondazione della prima kevuẓah (ora la distinzione kevuẓah-kibbutz ha perso molto valore) a Deganyah nel 1909, il movimento kibbutz, alimentato dalle varie aliyot (immigrazioni), si è progressivamente sviluppato crescendo a 11 comunità nel 1914, 29 nel 1918, ma il momento di massima espansione si è avuto nel secondo dopoguerra e nel periodo della lotta per l'indipendenza d'Israele, così che alla fine del 1949 i kibbutz avevano raggiunto il numero di 149. Un ulteriore sviluppo si è avuto dopo la guerra dei “sei giorni” anche per il ruolo di difesa militare dei confini assunto dai kibbutz nei conflitti arabo-israeliani. Queste strutture produttive hanno avuto poi un'interessante evoluzione, riconvertendosi in attività industriali organizzate in alcune centinaia di fabbriche dalle quali escono manufatti sia per l'agricoltura sia per la vita civile. Pur impegnando una modestissima percentuale della popolazione israeliana, i kibbutz recano un notevole contributo al complesso dell'economia del Paese.

Bibliografia

G. Douart, Du kolkhoze au kibboutz, Parigi, 1961; B. Bettelheim, I figli del sogno, Milano, 1970; Yonina Talmon, Family and Community in the Kibbutz, Cambridge (Massachusetts), 1972; D. Meghnagi, Il kibbuz. Aspetti socio-psicologici, Roma, 1974.

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